Marco, uno e centomila
Pannella, rivoluzionario nonviolento, declinato al presente
“La lenta continuità che ci attraversa”, è l’espressione che mi trovai in un bigliettino che ricevetti da Marco Pannella nel febbraio del 1993 al mio primo congresso del Partito radicale. Voleva dire a me, felicemente sconvolto dall’incontro con i matti radicali, che il mio entusiasmo non era da vivere in contrapposizione a quello che ero stato e avevo vissuto fino a quel momento, ma ne era il prodotto e la prosecuzione. Oggi, la mia commozione è sopratutto riconoscenza e amore per una persona che mi ha rivoluzionato la vita. E’ stata la “rivoluzione” come la intendeva lui, non quella brutale e violenta della ideologie, ma quella lenta e continua che si descrive in astronomia e che Marco sempre evocava: la rivoluzione di un corpo che gira intorno a se stesso e agli altri. Gliene sarò per sempre grato.
La commozione di tanti è il segno di come Marco sia entrato nel vissuto delle persone, perché si è occupato delle esigenze più intime e importanti, credendo innanzitutto nell’amore per il dialogo. Nel momento in cui è naturale celebrarne il passato, voglio ricordare Marco al presente: diritto umano alla conoscenza all’Onu, droga e eutanasia legali, patria europea invece dell’Europa delle patrie, amnistia legale invece di quella di fatto dei reati che vanno in prescrizione, transizione allo Stato di diritto perché anche il potere rispetti le regole. Marco ha dimostrato che anche senza potere si possono fare grandi cose, basta saper essere speranza per gli altri, senza vivere di rendita su ciò che si è fatto, ma creando nuove libertà, per il futuro. Se potesse, forse chiederebbe di usare questo momento per iscriversi al Partito radicale, con un sorriso di felicità per le cose da fare ancora assieme. E sono tante.