Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi (foto LaPresse)

Sana e robusta Costituzione

Salvatore Merlo
E’ il simbolo del governo, il suo volto è sulle riforme più significative e anche per questo (non solo) i nemici la ricoprono di lazzi, insulti, allusioni. Chi è Maria Elena Boschi e cosa rappresenta nella grammatica del renzismo.

Attaccano lei per affondare lui, e la cosa ha cominciato a prendere un andamento scontato, meccanico, che per la minoranza del Pd acquista quasi la forma d’una nevrosi privata, riassume cioè la voglia di regolare dei conti interni con il segretario abusivo, mentre per i campioni del turpiloquio, quelli che stanno nella destra politica e giornalistica, ovvero per i gemelli d’Italia Salvini e Travaglio, ma non solo, ha invece i tratti d’una caccia frenetica, umbratile, volgaruccia e un po’ ghignante a Maria Elena Boschi, il volto del governo, l’effigie di Matteo Renzi, il ministro ricoperto di lazzi, insulti, critiche, allusioni, colei alla quale non si perdonano i falli di reazione (con l’Anpi), né la risposta ferma ma sorridente a uno studente universitario contrario alle riforme (il caso di Catania), insomma la giovane donna il cui nome è sempre e comunque una testa di turco, l’immagine interposta del nemico, come nelle giostre medievali, un bersaglio abituale e persino abituato, tutta una forma di sport sanguinario e debilitante, anche per chi lo pratica.

 

E allora scrivono che è bella e sexy, come una povera velina, infatti con la bellezza si può scherzare, e imbruttire una bella è facile, basta spostare un piccolo dettaglio: dunque le cercano amanti e fidanzati, la seguono e la fotografano, e se una volta va in discoteca a Formentera allora diventa per Libero, per il Tempo (e per il Fatto) “la donna delle discoteche”. E malgrado nessuno abbia mai dimostrato un suo intervento a favore del padre, pur in una vicenda, quella delle banche popolari, che contiene elementi d’imbarazzo e qualche goccia di sangue capace d’eccitare il metabolismo dei piranha, lei diventa comunque “Maria Etruria Boschi”, “Mariaele trivellata dai pm di Potenza”, con allusione da terza media, spettacolo di incontinenza verbale reso greve dalle assonanze trasparenti e indecenti, se non stupidissime.

 

Dunque se Boschi reagisce con dispetto, forse sbagliando, contro l’Anpi, contro l’associazione dei partigiani che tuttavia non dovrebbe trasformare le proprie posizioni sul referendum Costituzionale in una lotta antifascista e in una nuova Resistenza, se insomma lei risponde alla propaganda con la propaganda, allora la sinistra democratica, come pure la Cgil, fingono di non capire il gioco comune del teatro politico nel quale pure sguazzano da sempre, e attraverso la giovane ministro si esercitano al lungo e tormentoso cimento contro Renzi, contro quel tipetto un po’ smargiasso che per tutti loro si è installato dentro al Pd minandolo dall’interno, deformandone forse per sempre l’aspetto con atti gratuiti e iconoclasti. E insomma è un bersaglio, perché colpendo lei si colpisce Renzi, che mettendo il suo cognome sui passaggi più rappresentativi del renzismo (Italicum, unioni civili, lo stesso referendum costituzionale) ne ha fatto l’immagine stessa del governo. La donna che attraverso la sua immagine prova a liberare il partito e le istituzioni dalla nomenclatura e dalle facce barbose, dai comunisti anticomunisti, dal sudore e dalla forfora, dalle bandane e dai doppiopetto, dalla puzza di sigaro e dalle felpe con la ruspa, e persino dai sessantenni eternamente finti giovani della sinistra e della destra, insomma la ragazza che nata nel 1981 non ha un passato di cui pentirsi, che non ha il luccicore e l’orgoglio luciferino degli ex contestatori. Così ne fanno oggetto d’ironia. E se è tenace, allora diventa “secchiona”, se è precisa nelle risposte “ha imparato a memoria”, se studia “è soltanto un culo di pietra”.

 

Lo sviluppo logico degli eventi, lo scioglimento finale di tutte le tensioni, dovrebbe forse culminare nella catastrofe improvvisa, con la caduta del governo fiaccato, o con la discesa a patti dell’usurpatore spavaldo. Ma la reiterazione di nomignoli, risolini, malizie, polemiche che rapidamente avvampano e rapidamente si spengono, un po’ rivelano la loro natura strumentale, forse inadeguatezza, persino inefficacia. La riforma Boschi del Senato sarà anche scritta male come dice Zagrebelsky, potrà anche essere confusa o perfettibile, come ha lasciato intendere con eleganza Giorgio Napolitano, che pure la sostiene: ma è qualcosa. E comunque non è forse l’Italia il paese che definiva “saggi costituenti” Roberto Calderoli e Francesco D’Onofrio quando s’arrampicarono in una baita di Lorenzago per scrivere, in compagnia di vacche e polenta, vestiti di pantaloncini alla tirolese, la nuova Costituzione? E chi non ricorda il vecchio Andreotti che a Roma, intanto, esercitava giustamente la sua famosa ironia: “Già li vedo, due Giustiniano in Cadore”?

 

Ecco, l’Italia è stato questo, e anche peggio di questo. E allora ci si chiede da che pulpito, visti i precedenti, e con rispetto parlando, si possa sostenere, senza tema di precipitare un po’ nel comico, che oggi questa giovane ministro sia inadeguata, cioè “un impasto d’ignoranza”, come ha detto, tra gli altri, Renato Brunetta, lui che, per inciso, dei “Giustiniano in Cadore” era un vispo compagno di governo.

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.