Luigi Di Maio (foto LaPresse)

M5s, schierarsi? Anche no

Marianna Rizzini
Dico-non dico, contraddico, dico una “verità palindroma”. Parole dal terzismo a Cinque stelle

Roma. Essere il Movimento Cinque stelle, nuovo partito-non partito terzista, questo è il problema. Perché, nel day after della presa di Roma e di Torino, e nell’estate che precede l’ordalia referendaria antirenziana, essere il M5s, creatura ibrida web-non web con mire di governo, può voler dire trovare più semplice il non schierarsi del suo contrario. Tanto più che a un M5s verbalmente ammansito rispetto ai “vaffa” già guardano fette di establishment culturale e salotti in riposizionamento. E dunque, nell’urgenza di non dire troppo (troppo per i nuovi fan altolocati del Luigi Di Maio candidato premier in pectore, ma troppo, per ragioni opposte, anche per la base sopravvissuta agli tsunami), a volte si preferisce non dire quasi nulla. E tre giorni fa, dunque, come notava l’Huffington post dopo l’attentato di Nizza, la posizione ufficiale dei Cinque stelle pareva improntata a un diplomatico svolgimento in generale del tema proposto: “Siamo sgomenti di fronte a quanto accaduto a Nizza”, diceva la nota, “ed esprimiamo il nostro cordoglio ai parenti delle vittime e la vicinanza a tutto il popolo francese… Si impone una seria riflessione sulla sicurezza e il terrorismo”. Ma è la natura stessa del Movimento a rendere faticosa la linea netta: come tenere insieme, infatti, gli ex delusi della sinistra con i reduci della Lega con gli insofferenti da “piove governo ladro a prescindere” con i provocatori a casaccio e con i giustizieri catartici che a Roma hanno votato Virginia Raggi “perché così gli altri imparano”? E come far tornare i conti presso la suddetta base che qualche settimana fa, al momento della Brexit, chiedeva insistentemente conto della virata moderata ai piani alti del M5s: “Ma come?, non eravamo per uscire pure noi?”, era il senso di molti commenti sul blog di Grillo.

 

Intanto, però, le dichiarazioni dei parlamentari andavano in direzione del mantra “il M5s è in Europa e non ha intenzione di abbandonarla”. E alla fine restava il “no” all’euro, ma non molto altro, e gli attivisti che si erano addomentati pro-Farage si risvegliavano dalla parte opposta, complici i viaggi in Europa del Di Maio in tour di accreditamento preventivo. E se Alessandro Di Battista, all’indomani della Brexit, diceva: “Quello che è certo è che non appena a un popolo è permesso di scegliere si vedono i risultati. Quella è la strada, anche per noi”, qualcun altro ai vertici del Movimento doveva metterci la toppa – pena la perdita di credito come futuri referenti istituzionali – e buttarla sulla dichiarazione pro-referendum tout court, in quanto “strumento” irrinunciabile per i teorici della democrazia dal basso.

 

Immigrazione e unioni civili

E’ guaio grosso, a casa Cinque Stelle, anche quando si deve parlare di immigrazione: si era partiti infatti, nel 2013-2014, con la prima apertura del fronte interno sul reato di immigrazione clandestina, con il duo Grillo-Casaleggio di qua e una parte dei parlamentari e soprattutto dei votanti sul web di là. Risultato: sull’immigrazione, nel mondo a Cinque stelle, si spazia dal terzomondismo corretto (“accogliere i profughi” ma con juicio) al pugno di ferro del Grillo 2014 (al leader capitò di esprimersi con espressioni del tipo “rispedire i cosiddetti clandestini a casa loro”). Sull’Isis, poi, anche se nessuno più rispolvera il Di Battista di due anni fa, quello che voleva “elevare a interlocutori” i miliziani provenienti da “villaggi bombardati da aerei telecomandarti a distanza”, l’univocità fatica a imporsi sulle bacheche Facebook dei parlamentari (che ora, con Di Maio, sono orientati a un moderato interventismo via coalizione internazionale).

 

Ma i momenti in cui più si è fatta strada la tentazione di temporeggiare, non dichiarare o dire la classica verità palindroma che possa cioè essere letta da destra e da sinistra allo stesso modo – sono arrivati, nel M5s, circa quattro mesi fa, quando la base si è ribellata al post di Grillo sulla libertà di coscienza in tema di unioni civili (e qualcuno, sul blog, ha lanciato allora l’accusa delle accuse: “Democristiani dell’ultima ora!”). E ora che il movimento del “vaffa” vuol farsi governativo c’è chi, tra i nemici, si diverte a compulsare su Facebook la pagina denominata “aggregatore di contraddizioni” a Cinque stelle.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.