Il problema del M5s con l'immondizia, da Roma a Livorno fino a Parma
Roma. “Alla fine tornano sempre da me, è nella forza delle cose”, ha dichiarato a Repubblica con un certo compiacimento Manlio Cerroni, padrone di Malagrotta, il signore della monnezza romana per mezzo secolo, sinonimo di male assoluto o giù di lì. Per i grillini era il simbolo del malaffare, dell’inquinamento, delle collusioni tra politica e interessi privati: “A Roma il problema rifiuti ha un nome: Cerroni”, dichiarava in campagna elettorale Virginia Raggi, come ricorda Mattia Feltri su la Stampa. Il vero impiccio è però che Cerroni è sia il problema che la soluzione. Così la nuova giunta grillina, di fronte alla città sommersa dai rifiuti, si è rivolta proprio al Colari di Cerroni per risolvere l’emergenza e il Supremo (così è soprannominato) si è messo a disposizione. A fine giugno il M5s dopo un incontro segreto con il Colari in cui hanno partecipato il deputato Vignaroli e l’assessore in pectore all’Ambiente Paola Muraro, entrambi senza incarichi ufficiali, l’amministrazione Raggi ha stretto un patto con Cerroni per ripulire la città utilizzando i suoi impianti.
La Muraro, dopo essere stata nominata assessore e forte dell’accordo con il padrone di Malagrotta, si è così presentata all’Ama, facendo una strigliata in diretta streaming al presidente della municipalizzata dei rifiuti Daniele Fortini accusato di aver provocato l’emergenza per non aver voluto usare i servizi di Cerroni. La situazione è paradossale perché, se è vero che l’Ama non è il massimo dell’efficienza, c’è da dire che Fortini è relativametne da poco al vertice dell’azienda, mentre proprio la grillina Muraro è stata per 12 anni una potente consulente della municipalizzata, scelta dall’allora dg di Ama Giovanni Fiscon, ora inquisito nell’inchiesta “Mafia Capitale”. Inoltre, come ha ricordato il dimissionario Fortini, l’Ama non può stipulare contratti con chi è in contenzioso, come nel caso di Cerroni. La ciliegina sulla torta è che la stessa Muraro, che controlla l’Ama, è in lite con l’Ama a cui, come ha rivelato Repubblica, ha fatto chiedere dagli avvocati 200mila euro di ricompensa per l’invenzione di un brevetto.
Roma. Nella centralissima Piazza Vidoni, a fianco della Chiesa di S.Andrea della Valle, immondizia e due pale simili a quelle in dotazione all'Ama abbandonate su una macchina in sosta (foto LaPresse)
Naturalmente l’emergenza rifiuti nella Capitale non può essere addebitata alla giunta Raggi, ma anche è il prodotto di scelte condivise dai grillini: la chiusura di Malagrotta insieme all’opposizione alla costruzione di nuove discariche e termovalorizzatori ha reso inevitabile il ricorso all’odiato Mr Wolf della monnezza Cerroni.
La gestione dei rifiuti è proprio una delle “cinque stelle” del movimento (le altre sono acqua, connettività, sviluppo e trasporti), basata sull’idea “Rifiuti zero” di un presunto “modello San Francisco”, senza discariche né termovalorizzatori, che però non esiste neppure a San Francisco. E si sta rivelando un problema costante per le più importanti amministrazioni del M5s.
Il primo ad avere problemi con i rifiuti è stato il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che in campagna elettorale aveva promesso la chiusura dell’inceneritore. Le cose sono poi andate diversamente, l’impianto funziona a pieno regime bruciando anche i rifiuti di Parma e anche per questo Pizzarotti prima è stato invitato a dare le dimissioni da Gianroberto Casaleggio e poi è stato marginalizzato e di fatto epurato.
Sono andate peggio le cose a Livorno, dove il sindaco Filippo Nogarin si è trovato prima i cumuli di rifiuti per strada per lo sciopero degli spazzini e poi indagato insieme all’assessore al bilancio Gianni Lemmetti per bancarotta fraudolenta proprio per la gestione dell’Aamps, l’azienda dei rifiuti partecipata al 100 per cento dal comune. Ma a differenza che nel caso Pizzarotti e in deroga al metodo Di Maio (“ai politici non va applicata la presunzione di innocenza. E’ facendo i garantisti con i politici che abbiamo rovinato lo stato italiano”), al fedelissimo Nogarin non sono state chieste le dimissioni.
La cosa paradossale è che nei giorni scorsi il sindaco di Livorno ha mandato una delegazione dell’Aamps a Parma per studiare il modello Pizzarotti, a lezione dai tecnici di Iren, la multiutility che gestisce anche il termovalorizzatore. A Parma le cose funzionano bene, la differenziata tocca il 74 per cento, ma il problema è che Grillo ha scaricato Pizzarotti tra i rifiuti del M5s. Per Beppe è meglio il modello Cerroni.