Governare, che dolor! Storia della sospensione di Pizzarotti, sospesa da 3 mesi

Luciano Capone
La lentezza del giustizialismo a 5 stelle. La vicenda di Parma rappresenta tutti i problemi che il M5s ha con la democrazia interna, la gestione del dissenso, la trasparenza e un non-statuto che viene scritto progressivamente, in base allo svolgersi degli eventi, e il cui contenuto si scopre ex post.

Roma. E’ lì sospeso dal 13 maggio, ormai quasi tre mesi, senza sapere a che punto sia il suo procedimento di espulsione e chi se ne stia occupando. La vicenda di Federico Pizzarotti rappresenta tutti i problemi che il Movimento 5 stelle ha con la democrazia interna, la gestione del dissenso, la trasparenza e un non-statuto che viene scritto progressivamente, in base allo svolgersi degli eventi, e il cui contenuto si scopre ex post. Pizzarotti è stato sospeso con una email anonima dello “Staff di Beppe Grillo” per la “totale mancanza di trasparenza”, quando è diventata di dominio pubblico la notizia dell’indagine a suo carico per abuso d’ufficio per alcune nomine al teatro Regio, di cui il sindaco era a conoscenza da qualche mese: “Non si attendono le sentenze per dare un giudizio politico”, scriveva lo staff. Nel M5s non c’è una regola su come trattare i propri iscritti coinvolti in indagini, inizialmente erano previste le dimissioni di chiunque fosse indagato secondo il metodo Di Maio (“non sono a favore della presunzione d’innocenza per i politici”), ma poi si è deciso caso per caso, salvando gli amici (come Filippo Nogarin a Livorno) e purgando i dissidenti (come Pizzarotti). Il rapporto tra Pizzarotti e il vertice del M5s – Beppe Grillo, la Casaleggio Associati e il direttorio – era logorato da tempo e l’indagine era l’occasione buona per liberarsi del sindaco ribelle: “Se pensi che questa decisione sia basata su informazioni non corrette puoi inviare le tue controdeduzioni entro dieci giorni”. L’intenzione di chiudere subito e una volta per tutte la questione da parte di Grillo era evidente. Nessuno ha mai pensato che la difesa di Pizzarotti avrebbe potuto ribaltare una sentenza concepita e già scritta da tempo.

 

Eppure da quando Pizzarotti ha inviato, allo scadere dei dieci giorni, le sue controdeduzioni, in cui spiegava l’illegittimità dell’espulsione, non è successo più nulla. Il sindaco di Parma non è riuscito a parlare con nessuno: il direttorio, incluso il responsabile degli enti locali Luigi Di Maio, si nega; lo staff non si è fatto più sentire e neppure il garante Beppe Grillo. Non si sa a che punto sia il processo, chi stia valutando i documenti né quali siano i tempi: “Sono passati sessanta giorni da quando mi è stato chiesto di presentare controdeduzioni a una sospensione che reputo ingiusta e illegittima. Se non c’era fretta di prendere una decisione, mi chiedo il motivo dell’ultimatum di dieci giorni”, scriveva Pizzarotti in una lettera a Beppe Grillo che si chiudeva con l’affermazione perentoria: “Il tempo dell’attesa è finito”. In realtà non è finito per niente, perché sono passate altre due settimane senza risposta. Come mai?

 

Nel frattempo è arrivata una sentenza del tribunale di Napoli che ha accolto il ricorso di 23 attivisti grillini, espulsi sulla base di un regolamento giudicato nullo. In pratica un giudice, in una vicenda analoga, ha dato ragione alle motivazioni sollevate da Pizzarotti e Grillo non può andare avanti con l’espulsione e neppure fare un passo indietro che sarebbe un’evidente sconfitta. E così il primo sindaco del M5s di una  grande città resta sospeso, nella condizione di non-grillino in attesa di giudizio ai sensi del non-regolamento. E’ vero che Pizzarotti secondo Gianroberto Casaleggio si sarebbe già dovuto dimettere per non essere riuscito a chiudere il termovalorizzatore, come aveva promesso in campagna elettorale, ma anche a Roma in questi giorni si sta vedendo come anche Virginia Raggi stia scendendo a compromessi con il “Supremo” Manlio Cerroni, fino a pochi giorni fa indicato come la causa dell’emergenza rifiuti a Roma e ora invece proposto come la soluzione. Il realismo è più forte della coerenza, che infatti nessuno nel M5s richiede alla Raggi. Tra l’altro, proprio sui rifiuti Pizzarotti sta ottenendo ottimi risultati, portando la raccolta differenziata dal 50 al 75 per cento (la quota più alta in Emilia Romagna), “un modo per vincere la battaglia contro l’inceneritore nel lungo termine”, dicono da Parma.

 

Pizzarotti potrebbe essere un modello ma viene trattato come un appestato, tanto che non è stato neppure invitato per il prossimo “Italia 5 Stelle”, la convention nazionale del partito che si terrà a Palermo a settembre. E come lui, pur non essendo oggetto di sospensione, non hanno ricevuto l’invito i consiglieri e gli attivisti parmigiani. Con un’eccezione: il consigliere Fabrizio Savani, che però è passato all’opposizione della giunta grillina prima che Pizzarotti venisse sospeso. Ma secondo le regole del M5s, che ora prevedono addirittura una multa per chi non rispetta il vincolo di mandato, Savani dovrebbe essere stato espulso da un pezzo.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali