La maggioranza Sì-lenziosa
La striscia, la striscia quotidiana. La striscia come una Striscia di Gaza, resistenza incattivita. La striscia con Michele Santoro, e sembra di tornare indietro di anni, il Telesogno, il mio terzo polo libero. Giratela come volete – che le carriere non sono infinite, che la politica ha ragioni che manco la lottizzazione conosce – ma l’arrivederci sulla striscia lanciato come una scialuppa dalla corazzata che fu TeleKabul, assieme ai saluti a strascico di altri conduttori indicano, come albatros, una direzione sola. Sommateli alla grande amnesia che ha sostituito l’informazione politica Mediaset. Uniteli agli accorpamenti-riallineamenti-siluramenti in corso nella carta stampata. Anche una vedetta cieca noterebbe che la flotta a disposizione del fronte del no per cannoneggiare la riforma Boschi s’è molto ristretta. Resta l’ammiraglia, il Fatto, restano il Giornale a modo suo, Libero a targhe alterne, quando non è di turno Vittorio Feltri, qualche scampolo di La7, poco altro. I posti alla cannoniera sono pochi, però i volti noti che vorrebbero sparare un colpo sono sempre tanti. E si fanno sentire, si faranno sentire, hanno volti e voci riconoscibili, quelli che ammaliano il ceto medio riflessivo. Berlinguer e Santoro, la Mannoia e la Ferilli, Toni Servillo, Tomaso Montanari, don Ciotti, Zagrebelsky, Odifreddi. Dove andranno a combattere, tutti da Travaglio? Tutti sulla striscia?
Ma sono considerazioni persino banali, anche a farle senza credere alla fòla della museruola di regime. Ciò che forse più interessante notare è il paradossale effetto di rinculo determinato dal consolidarsi dei territori del sì nel mondo dell’informazione. Si può dire che oggi nessun grande tg, nessun talk di punta, nessuno dei quotidiani maggiori abbia una posizione contro, né intenzione di averla. Eppure il rumore non è di grancassa, da giustificare le urla contro il regime. Diciamo che un borbottio di fondo, un sì di scorrimento a rullo in direzione di quel che sembra il trend, un silenzio-assenso alla posizione del governo. Le tribune sarebbero tante, il difetto è che mancano i frontman. Che Mario Orfeo sia il Megafono di Dio di un regime peggio che democristiano, non lo direbbe manco Freccero. Il Tg2 non corre in battaglia dai tempi di Craxi. Che gli editoriali balance of power del Corriere indirizzino l’opinione pubblica, è una balla ventennale. E’ pure vero che in quel che si chiama l’establishment, sono tanti ad aver detto sì. Ma non squillano. Volete che un Sergio Marchionne si immoli per la causa da Bruno Vespa? Lo fischierebbero come una Ferrari. Volete che lo faccia Nanni Bazoli? Volete puntare sulla capacità di mobilitare il popolo dei fratelli de Benedetti? Non ci siamo. Archiviata la personalizzazione, il fronte del sì soffre di afonìa, è una maggioranza sì-lenziosa, ha il problema opposto degli avversari. Ma se parlate col barista, col collega, il vicino di spiaggia, vi sentite rispondere sì, meglio che la riforma si faccia. Se c’è una maggioranza in Italia, è sempre stata una maggioranza sì-lenziosa.