L'incapacità dei grillini sulla monnezza nasce dal rigetto del libero mercato
Prima delle elezioni un’esponente del M5s, Paola Taverna, si lasciò sfuggire una battuta che indusse molti al sorriso: “A Roma c’è un complotto per farci vincere”. Una cospirazione di tal genere era da escludere, ma è vero che governare la Capitale non è facile e infatti la nuova giunta guidata da Virginia Raggi deve ora fare i conti con un’emergenza assai drammatica: quella dei rifiuti. Roma è città carica di storia, bellissima, sospesa tra i Cesari e i Papi, e pure per questo motivo visitata tutti gli anni da milioni di turisti. Ha infrastrutture carenti da vari punti di vista e per di più ha un passato di corruzione diffusa (anche recente) che ha causato tanti danni. Ne deriva che non dispone di una risposta adeguata al problema della spazzatura. I rifiuti generati dai tre milioni di abitanti e dai moltissimi turisti vengono essenzialmente ammassati da qualche parte. In sostanza, la soluzione è quella delle discariche nelle aree circostanti o dell’invio di lunghe file di Tir in qualche regione del Nord o in Europa: con costi piuttosto elevati.
Nel frattempo la Raggi fa quello che può, ma soprattutto svela tutte le fragilità di questa nuova politica, figlia (o nipote) del moralismo di Mani Pulite e nei fatti sinceramente persuasa che i problemi del mondo e quindi anche dell’Urbe discendano dalla cattiva volontà di qualcuno. I grillini che affondano nelle sabbie mobili della monnezza capitolina ci ricordano, ogni volta che aprono bocca, come uno dei tratti più caratteristici del “nuovo che avanza” sia il rigetto della complessità. A ben guardare, larga parte del loro complottismo viene da qui, e cioè dall’idea che se c’è un problema, da qualche parte ci sarà un colpevole.
Questo risponde a un bisogno profondo, perché i grillini non sono marziani: in fondo, i grillini siamo noi. Ai nostri occhi l’universo è difficile da intendere e per molte fondate ragioni spesso non ci piace. Possiamo però trovarci un po’ meglio nel momento in cui individuiamo un qualche capro espiatorio su cui scaricare ogni responsabilità. E’ per questa ragione che è tanto forte la tentazione di pensare che la vita associata sia dominata da taluni “cattivi assoluti”, e che il compito primario del ceto politico consista proprio nell’imbrigliare questi agenti del male.
Di tale atteggiamento volto a riconoscere in ogni fenomeno storico una volontà ben precisa (e dietro a ogni disgrazia un atto doloso o comunque una colpa) abbiamo conferme di continuo. Basta che un terremoto di media entità faccia crollare un palazzo del Seicento nel centro storico di una città e subito ci si chiede chi debba pagare per tale sventura. Chi doveva vegliare affinché questo non avvenisse? È chiaro che in tanti casi dietro alle tragedie della nostra vita vi sono colpevoli ben precisi, ma non sempre è così. La realtà è spesso sfuggente e imprevedibile. Senza dimenticare che la natura (che certo esiste) è un poco matrigna, come già insegnava Giacomo Leopardi.
Il dramma delle montagne di spazzatura a Roma può allora essere utile ai grillini, obbligandoli a prendere atto che le questioni più cruciali non si risolvono mandando via i cattivi, ma comprendendo come la gestione della spazzatura in una metropoli contemporanea esige una serie di analisi: di ordine economico, giuridico, tecnico, e anche culturale. Gridare “Onestà!” davvero non è sufficiente e non elimina la puzza dalle strade. Una volta preso atto che si viene da una squallida storia di mazzette e facili arricchimenti, bisogna anche chiedersi cosa abbia favorito tutto ciò, in che modo si possa aiutare Roma a vivere normalmente e come, insomma, si debba affrontare il problema in quanto tale. Evitando di trovarsi, tra qualche anno, a commentare nuove indagini giudiziarie e nuovi arresti.
Roma e l'emergenza rifiuti (foto LaPresse)
Un punto è chiaro: l’incapacità dei Cinquestelle a capire che la realtà è articolata e che non ci sono bacchette magiche è figlia, innanzi tutto, del loro rigetto del libero mercato, che se rettamente inteso è solo il luogo tipico della complessità: dell'incontro di volontà e preferenze singole e volubili. In questo senso il grillismo è solo uno specchio spietato, che restituisce il nostro volto con tutte le rughe che abbiamo. Quando Karl Marx si diceva inorridito dal fatto che il mercato rappresentasse un modo di produzione anarchica, sottratto a qualunque direzione generale, interpretava un giudizio ricorrente della nostra cultura, che vuole annullare il molteplice in nome del singolare, “razionalizzando” dall’alto ciò che tende ad assumere forme più complicate.
Per affrontare la questione dei rifiuti può essere allora utile guardare Roma da un’altra prospettiva. Ricordandoci, in particolare, che essa vive grazie a un complesso interagire di persone che, sbarcando il lunario, si arrabattano per spostare tonnellate di farina, coltivare pomodori e basilico, rifornire di pesce i mercati rionali, e via dicendo. Se non c’è un’emergenza alimentare, questo si deve al fatto che manca una regia centrale. Per fortuna di tutti noi, i funzionari incaricati di gestire la monnezza non hanno mai avuto specifiche competenze su come i cittadini romani dovessero nutrirsi. Nessuno pianifica la produzione del pane o l’organizzazione dell’insieme dei negozi, ma il risultato è complessivamente soddisfacente.
Uscire da un moralismo in cerca di colpevoli e comprendere la dimensione etica del mercato concorrenziale, del libero incontro tra qualcuno disposto a comprare e qualcuno disposto a vendere, può aiutare ad abbandonare le semplificazioni che impediscono di osservare la realtà per quello che è. Iniziando a capire che non ci sono soluzioni miracolistiche di fronte a problemi complicati (e spesso incancrenitisi nel tempo), ma che è necessario fare i conti una realtà plurale, eterogenea, che non può e non deve essere sempre costretta a subire imposizioni calate dall’alto.
Passata l’emergenza, anche in tema di rifiuti bisognerà ragionare facendo i conti le logiche di mercato, la complessità, il decentramento delle decisioni, la funzione della proprietà e della responsabilità.