Se il grillismo è una malattia infettiva, il Pd si sta ammalando di brutto
Roma. “Chi paga la benzina ad Alessandro Di Battista?”. E adesso è come se il grillismo sia diventato una specie di malattia infettiva a largo raggio epidemico, si sparge persino dentro il Pd, per unzione, entra come gas venefico nei corridoi, nelle stanze della segreteria, modifica la grammatica condivisa, provoca processi degenerativo-imitativi nelle menti evidentemente più predisposte all’assunzione del virus, e realizza un intreccio insieme tragico e parodistico, per cui ci sono deputati e senatori, consiglieri comunali e regionali, dirigenti e propagandisti del Pd che quotidianamente rivolgono contro i Cinque Stelle quello stesso genere d’invettive sguaiate, instupidenti e un po’ insensate con le quali da anni Grillo e i suoi ragazzi vellicano brutalmente la potenza disordinata e plebea della collera popolare. “Le vacanze fai da te di Di Battista in giro per l’Italia le pagano i cittadini? As usual! M5s scrocca”, ha tuìttato lunedì Alessia Rotta, deputata, “responsabile della comunicazione” del Pd, qualsiasi cosa ciò voglia dire. Ma chi se ne importa della benzina che Di Battista mette nel suo motorino per fare propaganda elettorale?
Nel mondo esplodono bombe, c’è Mps da mettere al riparo, c’è la riforma del Senato da difendere, il referendum da votare, la legge elettorale da cambiare, le tasse da abbassare, eppure, proprio come farebbe il pirotecnico Carlo Sibilia, grillino straordinario per l’ammirevole passione con la quale ha contestato lo sbarco degli americani sulla luna (“mai avvenuto”) e l’aeroplano di rappresentanza con il quale Matteo Renzi gira il mondo (“ci dica quanto costa”), ecco che Alessia Morani, renziana tacco dodici, rivela tutta la sua affinità con Paola Taverna e Roberta Lombardi: “Il Dibba Tour sul groppone dei cittadini che pagheranno pure il pedaggio? Chi paga la benzina, il contribuente?”. E basta accendere la televisione, consegnarsi al ring soporifero di un dibattito politico, sintonizzarsi sulla radio, per assistere a questo spettacolare fenomeno mimetico: gli stessi tic puerili, le stesse sgrammaticature, la stessa foga esasperata dei grillini, persino gli stessi musi illividiti, anche nel caso dell’assessora Muraro, a Roma, che in questo comico cortocircuito di senso adesso spinge i cinque stelle, e il loro portavoce Marco Travaglio, a scoprire l’opportunismo garantista, roba da tartufi.
E ci sarebbe infatti da ridere, se non fosse che tutto il peggio del grillismo pare sia stato assorbito, inoculato come un veleno che non produce antidoti ma zombie, cloni, riproduzioni deformate. Abbiamo visto la capogruppo del Pd in Campidoglio, Michela De Biase, urlare e agitare le braccia in Aula, puntare l’indice contro Viginia Raggi con la stessa scomposta dismisura, la stessa gioia dell’insulto con la quale la Raggi si rivolgeva al Pd appena un anno fa, quando era all’opposizione. Ed è uno spettacolo di salti, piegamenti, contorsioni, smorfie, urla, semi convulsioni d’un mondo deformato e caricaturale in cui la credibilità della politica, già sul parzialmente scremato, così si riduce a pura acquetta.