Toni da Sturm un Drang e lettere al Papa, gli insegnanti non si muovono
Se siete docenti neoassunti trasferiti in sedi disagevoli, affrettatevi! Avete tempo solo fino a fine agosto per dimettervi, altrimenti la decorrenza slitterà a settembre 2017 e dovrete sorbirvi un intero anno scolastico prima di restare senza lavoro a casa vostra. Lo rammenta Tecnica Della Scuola, che grazie al cielo fornisce anche indicazioni meno drastiche: per ovviare “al trasferimento coatto, non voluto e imposto dalle norme” potete sempre chiedere l’assegnazione provvisoria a una sede più comoda per esigenze di famiglia, o ricorrere allo scambio interprovinciale fra docenti che insegnino la stessa materia, o a uno specifico congedo per l’assistenza a un parente stretto infermo; alla peggio, prendete tempo con un’aspettativa non pagata. Queste istruzioni tuttavia non consolano gli utenti, che in lettere di fuoco definiscono l’assunzione “una tragedia”, ritenendo “pazzesco accettare un posto di lavoro a 800 km da casa” e accusando l’algoritmo preposto ai trasferimenti di essere “incostituzionale e sicuramente irrazionale” poiché regolato da non altro criterio che “quello di scassa famiglie e di un vero esilio per gli interessati, bistrattati e trattati come pecore al pascolo”.
Nelle intenzioni dei protestatari, invece, “il trasferimento andava chiesto da coloro che, giustamente, erano da anni che insegnavano fuori dalla propria provincia”, senza mettere in discussione “il diritto del libero cittadino di poter scegliere dove vivere e lavorare”. La situazione avrebbe inoltre potuto essere tranquillamente risolta, ha spiegato il segretario pugliese della Flc Cgil Claudio Menga, aumentando il numero delle classi: circa 1.500 docenti avrebbero potuto evitare il trasferimento, calcola Menga, limando la media di 21,95 alunni per classe in Puglia, ove la media nazionale è 21,25. Sarà; ma i protestatari prediligono toni da Sturm und Drang (“Cambiare vita all’improvviso!!! Vita? Che vita è?”) e soluzioni patafisiche: come quelli che sul web hanno dato risalto alla lettera aperta che un’insegnante madre di una ragazza ammalata ha indirizzato al Papa, traducendola tout court in un appello a che il Pontefice si pronunci contro la Buona Scuola schierandosi in difesa della famiglia così come contro l’aborto e, un po’ meno, il divorzio.
Dove non può il Papa, arriva Antonio Ingroia. Il suo movimento Azione Civile (già Rivoluzione Civile) ha diramato un comunicato contro la chiamata per competenze (già chiamata diretta) degli insegnanti da parte dei presidi, argomentando che questi ultimi “si stanno sbizzarrendo” e selezionano i candidati appurando “se le docenti da assumere sono carine, se sanno muoversi bene e se sono disponibili a trasferirsi lontano da casa”. In realtà i trasferimenti sul territorio precedono la chiamata nel singolo istituto, mentre il presunto giudizio estetico probabilmente si rifà alla possibilità che i presidi visionino i candidati di persona o in video: dovrebbero essere questi i “colloqui intollerabili” cui fa riferimento il comunicato, ancor meno cristallino nel collegare alla “inopportuna chiamata” la crescita del pil, le imprese straniere, la deflazione e il debito pubblico. La politica intanto, in realtà, sta facendo qualcosa per gli insegnanti, anzi per le insegnanti. Alla Camera è allo studio la proposta di legge di quattro deputate dem che propongono di attivare anche in Italia il “congedo mestruale”, ove il ciclo comporti dolori, con indennità totale e senza assimilazione ad altri permessi; è una giusta innovazione, visto che la dismenorrea causa una percentuale di assenteismo sul lavoro del 15 per cento. A scuola, del 51.