Il comunismo del pensiero unico
Roma. La Polonia era spaccata in due come nessun altro paese dell’Europa comunista. Mai quanto lì la società parallela, clandestina, era sviluppata, potente, ricca di riviste, edizioni clandestine, dissenso. Furono queste ad animare la “solidarietà degli squassati” di cui parlava il filosofo ceco Jan Patocka, morto ostracizzato. Ryszard Legutko fu uno dei principali animatori di questa solidarietà underground, in quanto responsabile culturale di Solidarnosc e direttore del samizdat (rivista del dissenso, ndr) Arka. Legutko sarebbe poi stato protagonista della democrazia dopo la caduta della Cortina di ferro, in quanto ministro dell’Istruzione e docente di Filosofia all’Università Jagellonica di Cracovia.
Ryszard Legutko
Adesso, in un saggio uscito in America col titolo di “Demon in Democracy”, Legutko traccia un parallelo ardito e affascinante fra il regime comunista e le democrazie liberali. E’ quella che il grande poeta polacco Czeslaw Milosz ribattezzò “la mente prigioniera”, in un libro apparso nel 1953 a Parigi, in cui svelò l’espropriazione del pensiero nei paesi del “socialismo reale”, il brutale sradicamento delle coscienze e degli intelletti. Come aveva previsto il suo compatriota Stanislaw Witkiewicz in un romanzo del 1932, una specie di oppio mentale, la “pillola di Murti-Bing”, che consentirà ai conquistatori di ottenere l’assenso dei conquistati, nonostante la miseria, gli alloggi che sono celle, le scarpe sformate, le lunghe code davanti a negozi sprovvisti.
“Numerosi segnali indicano che la civiltà occidentale sta scivolando verso un nuovo dispotismo”, dice Legutko al Foglio. “Questa tendenza in democrazia è stata sottolineata da molti studiosi di politica, da Platone a Tocqueville e Ortega y Gasset, ma una volta che la regola democratica è stata istituita e santificata, gli avvertimenti sono stati respinti. Lasciatemi elencare due di questi segni. Il primo è una profonda politicizzazione: oggi tutto tende a essere politica e quindi tutto tende a essere sottoposto a regolamenti politici, la vita familiare, le scuole, la religione, anche il sesso. Il privato è politico, come le femministe hanno orgogliosamente dichiarato, e tale dichiarazione fa eco a quella dei comunisti che in passato hanno cercato di abolire la barriera che proteggeva la sfera privata dalla pressione politica. L’esistenza privata è arrivata a essere considerata come ‘struttura di potere’, e come tale protagonista di un riarrangiamento aggressivo secondo i criteri politici di equa redistribuzione del potere.
Gli apostoli del nuovo dispotismo professano che i genitori hanno troppo potere sui figli, i mariti sulle mogli, gli insegnanti sugli studenti, gli eterosessuali sugli omosessuali, l’Europa sulla non Europa, e così via. Com’era prevedibile, i tribunali e le legislature passano all’azione cambiando queste presunte strutture di potere, ridefiniscono il matrimonio e la famiglia, regolano i rapporti tra genitori e figli, aboliscono le clausole di coscienza, impongono la nuova morale che legifera su tutto, compreso il clero, e fanno molte altre cose altrettanto oppressive. Tutte queste pratiche di ingegneria sociale rendono quasi impossibile trovare un nascondiglio contro il potere intrusivo delle istituzioni politiche. Le nuove leggi in materia di matrimonio, adozione di bambini, vita e morte, vita sessuale, leggi che cambiano drasticamente le regole che esistevano da tempo immemorabile, sono imposte con tale scrupolosità che farebbero arrossire i comunisti. Nessuna scuola, nessuna regione, nessuna comunità, nessuna persona può sfuggire al lungo braccio del nuovo ordine”.
In secondo luogo, vi è sempre più ideologia nelle società democratiche. “L’ideologia consiste in una serie di direttive e spiegazioni semplicistiche che coprono tutto, dal passato al futuro, dalle norme generali ai casi concreti. Per ogni ideologia, compresa quella attuale, la distinzione di base non è quella tra bene e male, bello e brutto, giusto e ingiusto, ma tra corretto e scorretto, tra ciò che si accorda con le direttive ideologiche e cosa no”. Per fare un esempio: “Oggi l’unico modo accettabile per parlare di donne è quello considerato corretto dall’ideologia femminista. Ogni altro discorso è inammissibile e illegittimo. La legislazione, i programmi scolastici, le opere scientifiche, i media, sono tutti conformi a questo linguaggio. Lo stesso vale per la santa triade dell’ideologia moderna: ‘Classe, razza e genere’. Non si può pubblicare un articolo su una rivista scientifica a meno che non si seguano i criteri di correttezza. Questa pratica orrenda di controllo ideologico è stata quasi universalmente accettata e pochi studiosi la considerano discutibile, e ancora meno hanno il coraggio di resisterle. Il controllo ideologico del linguaggio non è una questione da poco, perché di fatto equivale al controllo di ciò che si pensa e come si pensa. In ogni regime dispotico il controllo del linguaggio è stato il primo obiettivo, mentre la liberazione della lingua dal giogo ideologico è stato il presupposto di una rivolta. La distinzione tra corretto e scorretto si estende al passato, così che ci sono scrittori corretti e non corretti, filosofia corretta e non, domande corrette e non”.
Numerose le fonti di questo nuovo conformismo. “E’ stato un processo lungo e ci sono certamente diverse cause. L’ispirazione politica diretta è stata il Sessantotto. Non solo si è spostato lo spettro politico molto più a sinistra, ma si è riusciti a legittimare l’ipotesi generale che ‘non vi è alcuna alternativa’ rispetto a ciò che è stato considerato allora e ciò che è considerato oggi come progresso. Siamo giunti a credere che non ci sono alternative all’uguaglianza, alla proliferazione di ‘diritti umani’ (sotto questa bandiera molta ingegneria sociale è stata effettuata), alla liberazione sessuale, all’aborto e all’eutanasia, agli omosessuali che hanno tutti i diritti degli eterosessuali, al multiculturalismo. Se non c’è alternativa, non vi è alcun punto in discussione. E qualsiasi opposizione va considerata, nel migliore dei casi, come un ostacolo al progresso, e, nel peggiore dei casi, come fascismo o follia”.
Secondo il filosofo polacco Ryszard Legutko, intellettualmente i figli e i nipoti del Sessantotto assomigliano ai loro cugini comunisti: “I quali hanno creduto che non ci fosse alternativa al comunismo. Secondo loro, opporsi era da idioti, fascisti e lacchè dell’imperialismo”, continua Legutko al Foglio nel presentare il suo libro “Demon in Democracy”. “Una causa più generale di quello che vediamo oggi è il ruolo fondamentale che per molti secoli l’Europa ha attribuito all’uguaglianza. La maggior parte delle rivoluzioni più sanguinose è stata realizzata in nome dell’uguaglianza, mettendo da parte altre idee come la giustizia, la virtù, la moderazione e la libertà. Il problema con l’uguaglianza è che non ce ne è mai abbastanza: più egualitaria la società diventa più rivendicazioni di uguaglianza compaiono sulla scena. L’uguaglianza davanti alla legge ha smesso di soddisfare tali affermazioni molto tempo fa. Ora vi è una richiesta per l’uguaglianza di status, il prestigio, la dignità, il rispetto e molte altre ‘uguaglianze’, che sono sempre più impossibili da soddisfare. Il politicamente corretto è l’ultima tappa di questa ricerca, e si vede dalla sua assurdità. In nessun luogo questo processo è più visibile che nel campo dell’istruzione e della cultura, dove le gerarchie sono state abolite o stanno per essere abolite.
Un esempio calzante è l’offensiva contro il canone letterario, la lista delle più grandi opere della letteratura che ogni persona istruita dovrebbe conoscere. Bellezza e arte sono viste come una gerarchia inaccettabile, e ci sono tentativi sia di abolire il canone sia di sostituirlo con uno nuovo, in cui i maschi bianchi del passato sono rimossi e i mediocri politicamente corretti prendono il loro posto. Poiché l’uguaglianza è impossibile in pratica, questa richiede una grande e potente macchina burocratica che si impone sulla società e tutti i suoi segmenti. Il nuovo dispotismo deve molto a questa lunga tradizione della lotta europea per l’uguaglianza, anche se i mezzi usati oggi sono molto più miti rispetto a quelli utilizzati in passato”.
“Ero interessato al consenso comunista”
Ilya Ehrenburg, sulla rivista Novi Mir, negli anni Sessanta diede libero sfogo al suo rimorso sul meccanismo con cui l’intellettuale in clima totalitario si era asservito al tiranno, dopo avere soppresso il libero giudizio con i veleni partoriti dal suo stesso intelletto. Fu così che Stalin trasformò i cittadini in quello che Ehrenburg definì “un popolo di imbecilli”. “In tutta la mia vita sotto il vecchio regime comunista ero interessato a come il sistema funzionava, quali erano le sue radici e che impatto hanno avuto sulla gente”, continua Legutko. “Ero particolarmente curioso di sapere come il comunismo fosse riuscito a coinvolgere così tante persone nel sistema, a renderle complici volontari e involontari. Non c’era solo il terrore e l’intimidazione. Il servilismo è venuto da dentro, per così dire, e la gente, tra gli intellettuali e gli artisti, acconsentì a mentire, o almeno ad astenersi dal dire la verità. Era evidente che il sistema era irrimediabilmente inefficiente eppure per molti decenni si è creduto che questa inefficienza fosse solo transitoria, e che sostanzialmente il sistema funzionasse. Quello che scoprii non era molto rassicurante, cioè che è estremamente difficile vedere le cose come sono se vi è una forte industria ideologica.
E’ come nella storia di Andersen sui vestiti nuovi dell’imperatore che tutti lodano anche se non c’erano vestiti e l’imperatore era nudo. Il rifiuto del vecchio regime è stato possibile perché, alla fine, le persone hanno imparato a ignorare quei costumi ideologici e a vedere l’imperatore nella sua nudità. E’ stata una straordinaria esperienza osservare milioni di persone che finalmente hanno visto le cose che non erano stati in grado di vedere prima. Quando il nuovo sistema della democrazia liberale è emerso, si sperava che alla fine ci saremmo liberati da tutti quegli intermediari ideologici e che saremmo stati in grado di risolvere le differenze ricorrendo all’evidenza empirica e agli argomenti razionali. Ci è voluto un po’ di tempo prima di capire che, invece di aria fresca, l’atmosfera era diventata soffocante quasi come prima. Anche in questo caso abbiamo creato una ortodossia e stabilito una serie di risposte a tutte le domande. Ci hanno detto di lodare il sistema per la sua ‘pluralità’ e la ‘diversità’, e molti lo hanno lodato fino alla nausea anche se era chiaro a qualsiasi occhio senza pregiudizi che la diversità stava diventando sempre più limitata”.
Secondo Legutko, non c’è migliore esempio di quello fornito dalle istituzioni europee, in particolare il Parlamento Ue a Bruxelles. “Centinaia di deputati dicono esattamente le stesse cose su quasi tutto. Quando la stragrande maggioranza fa rispettare un insieme di idee e lo chiama ‘diversità’ con regolarità assordante, amplificato da tutti i tipi di strumenti di propaganda, molte persone credono che prima o poi essere conformi a questo insieme di idee sia infatti la più alta forma di diversità. Come in passato nella Polonia comunista, questa lingua menzognera nelle istituzioni europee è un riflesso della mente gravemente distorta che è stata contaminata dall’ideologia e che ha cessato di vedere le cose come sono”.
Le accuse al cristianesimo
Quello a cui stiamo assistendo oggi è un esperimento di ingegneria sociale il cui scopo è quello di creare una nuova società. “Se per secoli l’educazione si basava sulla metafisica classica e il patrimonio cristiano, gli ingegneri sociali di oggi rifiutano entrambi”, dice Legutko. “E nuovi programmi educativi non sono più radicati nella metafisica classica e nel cristianesimo. Tutti questi sono considerati sospetti. Il cristianesimo è accusato praticamente di tutti i peccati contro il politicamente corretto: nei confronti delle donne, contro gli omosessuali, contro la libertà di scelta, contro il sesso libero. Mentre la metafisica classica è un male perché considera la verità oggettiva, e i nuovi ideologi dicono che la verità è sempre di genere. La metafisica classica è colpevole di affermare l’esistenza dell’Assoluto, che, ancora una volta, è politicamente dannosa per la politica di emancipazione perché mette restrizioni sull’azione della gente e mette in guardia contro l’arroganza. La tradizione giuridica classica non va bene dal punto di vista del politicamente corretto perché stabilisce regole che sono troppo restrittive.
Il Parlamento europeo approva leggi, per esempio, in materia di molestie sessuali, che rifiutano la massima classica secondo la quale ognuno è innocente fino a prova contraria. E così via. In generale direi che la nuova egemonia è essenzialmente anti europea, cioè, si ispira a idee che si trovano al di fuori del corpo principale della cultura europea, questa cultura che è stata creata da Atene, da Roma e dal cristianesimo. Come il marxismo e i regimi che erano basati su idee marxiste, i nuovi ingegneri sociali desiderano emanciparsi dalla saggezza del patrimonio europeo. Commettono lo stesso errore dei loro predecessori: credono che liberandosi dalle vecchie regole l’umanità ne potrà beneficiare e avere più libertà. Sono consapevoli che le nuove regole impongono sulle persone vincoli perniciosi. Nonostante la propaganda rumorosa, abbiamo meno libertà, meno pluralismo, meno spazio del dibattito pubblico. E, come allora, le nostre menti sono diventate più sensibili alla pressione esterna di cui abbiamo poco controllo – conclude Legutko – L’imperatore è nudo, ma elogiamo la bellezza esuberante e la ricchezza dei suoi vestiti”.