Le due piste da seguire per capire la fuga dei grillini dalla realtà
Roma. La situazione della giunta Raggi è talmente grave che Alessandro Di Battista ha dovuto sospendere il suo tour in difesa della Costituzione per ritornare nella Capitale, non si sa se in scooter o meno. “Mi dispiace tanto ma ho deciso di annullare la tappa di stasera ad Ischia del #CostituzioneCoastToCoast. Ci sono problemi a Roma ed è meglio tornare. Mi sono impegnato tanto in questo tour”, scrive il componente del direttorio grillino senza aggiungere altro. E’ disperso Luigi Di Maio, il leader in pectore del M5s, che ieri sera doveva essere ospite della prima puntata di Politics, il nuovo programma di Raitre, e invece ha dato buca in extremis (“Doveva essere #DiMaioRisponde, sarà #DiMaioNonRisponde”, ha commentato il conduttore Gianluca Semprini). Tace sul caso Muraro e sul casino romano il Sacro blog, che invece parla dell’euro (“è il problema del’Europa”) e dei problemi degli indiani americani della tribù dei Lakota Hunkpapa. Insomma, anche Beppe Grillo fa l’indiano. Silenzi e imbarazzi, nessuno dice cosa sapeva dell’indagine a carico dell’assessore all’Ambiente tenuta nascosta per oltre un mese. E mentre la base è in rivolta, il direttorio si chiude in una riunione fiume per fare il punto della situazione, senza però la diretta streaming.
La scoperta dell’iscrizione nel registro degli indagati dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro e soprattutto il fatto che sia lei sia il sindaco Virginia Raggi ne fossero al corrente e l’abbiano nascosto ai cittadini ha ancora dei lati oscuri. Ad esempio non si sa chi, ai vertici del M5s, ne fosse al corrente. Di certo era stato avvertito dal sindaco Raggi, come lei stessa ha dichiarato, il mini direttorio romano, composto tra gli altri dai parlamentari Paola Taverna e il compagno Stefano Vignaroli, che sono anche i due sponsor politici della Muraro. Ma i vertici nazionali, la Casaleggio Associati e Grillo, lo sapevano? I membri del direttorio Roberto Fico, Carlo Sibilia e Carla Ruocco dicono di non aver saputo nulla dell’indagine, smentiscono tutti tranne uno, Luigi Di Maio, che probabilmente da responsabile degli enti locali del partito era stato avvisato dal direttorio romano e ha fatto finta di niente come gli altri. Lo psicodramma grillino su una vicenda marginale, l’iscrizione nel registro degli indagati di un assessore, è rilevante per i precedenti che hanno portato all’espulsione del sindaco di Quarto Rosa Capuozzo, colpevole di non aver denunciato le minacce subìte da un altro consigliere, e alla sospensione di Pizzarotti a Parma, reo di non aver comunicato di aver ricevuto un avviso di garanzia.
L’indagine sull’assessore romano all’Ambiente è diventata anche il campo di battaglia per la guerra tra bande sta dilaniando il M5s. Roberta Lombardi, costretta dalla Raggi alle dimissioni dal direttorio romano, se la prende con la sindaca che deve “ammettere gli errori, chiedere scusa, mandare via chi con il M5s non c’entra nulla”. Allo stesso modo cercano la loro vendetta contro il “raggio magico”, chiedendone la testa, l’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna e l’ex capo di gabinetto Carla Raineri, costretti a loro volta alle dimissioni proprio da Salvatore Romeo e Raffaele Marra, i due consiglieri ombra della Raggi. Come se non bastasse, in tutta questa confusione si è inserito il nuovo assessore al Bilancio Raffaele De Dominicis, il magistrato che con le sue cause perse ha spezzato le reni alle agenzie di rating, per dire che “è gravemente dannoso per le sorti della città eterna il clima pettegolo e quacchero-puritano”.
Ma questo caso è diventato la cartina di tornasole delle incoerenze e e delle paranoie grilline su trasparenza e codicilli interni. La Muraro, sapendo di essere indagata da una settimana proprio sul tema dei rifiuti, si è presentata il 25 luglio all’Ama con un blitz per cacciare in streaming il presidente Fortini. Nessuno streaming invece per gli incontri della Muraro e degli altri grillini con il ras dell’immondizia romana Cerroni, né tantomeno si fanno vedere online le riunioni dei vari direttori in cui si decidono le sorti dell’amministrazione della capitale. Lo streaming quindi si è trasformato nel contrario, in un’arma di distrazione, uno strumento per fare teatrino della politica e celare la realtà e i luoghi in cui vengono prese le vere decisioni, l’esatto contrario di ciò che l’ideologia grillina ha propagandato. Il culto degli scontrini e l’idolatria della vetrina erano una sciocchezza sin dall’inizio, da quella umiliante pagina della storia italiana che è stato il contronto tra Bersani e Crimi, ma in tanti e per tanto tempo l’hanno presi maledettamente sul serio.
L’altro mito che crolla è quello delle inflessibile regole interne, dei codicilli che avrebbero dovuto risolvere la “questione morale”. Per il M5s l’iscrizione nel registro degli indagati è talmente rilevante che nel “Codice di comportamento” fatto firmare dalla Casaleggio agli amministratori romani, quello della penale da 150 mila euro, veniva richiesto di dichiarare “di non essere a conoscenza di essere sottoposto a indagini o procedimenti penali”. E lo stesso codice, se applicato, offre anche il metodo per risolvere il caso Muraro: all’art.9, lettera a), comma 2 dice che “il sindaco, ciascun assessore e ciascun consigliere assume l’impegno etico di dimettersi laddove in seguito a fatti penalmente rilevanti venga iscritto nel registro degli indagati e la maggioranza degli iscritti del M5s mediante consultazione in rete ovvero i garanti del M5s decidano per tale soluzione”. In pratica sulla sorte della Muraro dovrebbero votare i militanti grillini e invece sta decidendo a porte chiuse un direttorio non si sa in base a quale criterio. Anche la selva di cavilli e contratti si trasforma così nel contrario della certezza delle regole: l’arbitrio di Grillo e Casaleggio. E anche questo era previsto.