Treno dei desideri. Parla il numero uno delle Ferrovie
Roma. “Non ci giriamo attorno. Questo paese ha grandi risorse e grandi capacità ma per poter crescere come dovrebbe e forse come potrebbe ha urgente bisogno di liberare le proprie energie. Lo dico con sincerità: le liberalizzazioni oggi sono una priorità. E lo dico da capo di un’azienda che, come potrete immaginare, avrebbe potuto anche subire il contraccolpo dall’apertura del mercato”. Renato Mazzoncini ha 48 anni, è stato nominato amministratore delegato di Ferrovie dello Stato lo scorso dicembre e in questa conversazione con il Foglio, a pochi giorni dalla presentazione del piano industriale della sua azienda (28 settembre, giorno in cui verrà indicata anche la traiettoria che porterà a una valorizzazione in Borsa di alcune attività di Fs), parte da una premessa cruciale (le virtù della concorrenza) per arrivare a un ragionamento importante che riguarda i due filoni chiave sui quali Fs intende investire nei prossimi mesi. “Non ho problemi a riconoscere – dice Mazzoncini – che anche nel nostro settore la concorrenza con Ntv ha fatto bene non solo ai consumatori ma anche a chi guida le aziende”.
“Più concorrenza – continua Mazzoncini – non vuol dire solo avere prezzi più competitivi, di mercato, ma significa darsi da fare per vivere non sulla base di una rendita ma sulla base di un progetto industriale che guardi a un futuro il più possibile lontano”. L’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato – 9 miliardi di euro di fatturato attesi per fine anno, circa 70 mila dipendenti, una delle prime dieci aziende per fatturato d’Italia – sa che sul tema delle liberalizzazioni l’Italia non gode di grande fama nel mondo (secondo l’ultimo indice delle liberalizzazioni presentato dall’Istituto Bruno Leoni, nel 2015 l’economia più liberalizzata nell’Unione europea è stata quella del Regno Unito, con un punteggio del 95 per cento, mentre l’Italia, col 67 per cento, si colloca solo a metà classifica) e partendo proprio da questa osservazione Mazzoncini sostiene che vi è un settore particolare sul quale Ferrovie dello Stato è intenzionata a investire con forza qualora dovesse manifestarsi una qualche apertura del mercato: il trasporto pubblico locale. Nel 2011 le Ferrovie dello Stato hanno acquisito una società che si chiama “Busitalia”, il cui fatturato in cinque anni è cresciuto del 450 per cento, e attraverso quella società, che si muove nel mondo del Tpl, Mazzoncini è intenzionato ad avvicinarsi il più possibile, tra l’altro, a una famosa e discussa azienda romana: l’Atac, la municipalizzata che gestisce il servizio di trasporto pubblico locale romano controllata al cento per cento dal comune di Roma, nota soprattutto per il suo debito monstre da 1,6 miliardi di euro.
“La nostra azienda è in una fase di espansione e in questa fase di crescita avrà un ruolo importante anche il trasporto su gomma. E lo avrà per una ragione semplice: il nostro mercato è la mobilità, non il trasporto ferroviario, e da ora in poi, anche se può sembrare un paradosso, le Ferrovie dello Stato non si occuperanno più soltanto delle Ferrovie dello stato. In questo quadro l’Atac è un’azienda che noi sapremmo come far rinascere, così come abbiamo fatto nel passato con il trasporto pubblico locale in Umbria, a Padova, a Firenze, a Salerno, e saremmo pronti in qualsiasi momento a occuparci di Atac. Ricordo che i servizi su gomma, secondo quanto previsto dalla Commissione europea, devono andare in gara entro il 31 maggio del 2019. Avvicinarsi troppo a quell’appuntamento, sarebbe un modo come un altro per far perdere valore all’azienda”. Il secondo filone sul quale le Ferrovie dello Stato investiranno tempo e risorse nei prossimi mesi è quello relativo a un altro campo apparentemente distante dal mondo delle ferrovie e che riguarda uno dei progetti più importante portati avanti dal nuovo amministratore delegato di Fs: l’ingresso di Anas in Ferrovie, un’operazione in corso di perfezionamento. Anas, l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, entrerà a far parte del Gruppo FS. A chi si chiede che senso abbia che le Ferrovie si occupino delle strade Mazzoncini risponde. “Il nostro è un progetto ambizioso che vorrei sintetizzare così: se tutto va come deve andare l’Italia potrebbe avere le caratteristiche per diventare il primo paese al mondo con la tecnologia giusta per far viaggiare sulle nostre strade le macchine senza conducente”.
Che c’entra questo con la fusione tra Fs e Anas? “C’entra perché l’Italia è uno dei sette paesi al mondo più all’avanguardia sulle infrastrutture che permettono ai treni di viaggiare ad alta velocità. Ci siamo noi poi c’è la Corea, la Spagna, la Francia, la Germania, il Giappone, la Cina. E nessun paese ha in cantiere quello che stiamo per fare noi: trasferire su strada la tecnologia che c’è sulla ferrovia. Se davvero le auto senza conducente saranno le auto del futuro, come credo, non è pensabile che quelle auto ricevano informazioni e input solo via satellite. Serviranno dei segnalatori a terra. Delle boe. Serviranno delle tecnologie non così diverse da quelle che utilizziamo oggi per l’Alta velocità. In Svezia, pochi mesi fa, è partita una sperimentazione affascinante: tir dotati di motore elettrico alimentato da cavi aerei che scorrono sulla carreggiata attraverso un pantografo. Come fossero dei filobus per le merci. Quelle immagini anche in Italia presto potrebbero diventare realtà. Sempre che la burocrazia e i professionisti del cavillo non vogliano far rallentare ancora di più questo paese”.
La riflessione di Mazzoncini si sposta così su un altro fronte molto delicato per l’universo della mobilità italiana e quel fronte non può che coincidere con tre parole importanti: Tav. Mazzoncini dice che negli ultimi anni il grande errore è stato quello di aver fatto un pasticcio comunicativo definendo “alta velocità” di trasporto ciò che in realtà era “la più moderna tecnologia ferroviaria a disposizione” per il trasporto ferroviario, la cosiddetta “alta capacità”. “Questa tecnologia ferroviaria di trasporto continuerà a far crescere il nostro paese, e opporsi a linee ferroviarie caratterizzate da una maggiore capacità di trasporto e dotate delle più innovative tecnologie di cui oggi disponiamo è impensabile. Sarebbe come chiedere ai produttori di biciclette di tornare al biciclo. Al contrario di quanto si sosteneva un tempo nella mia azienda non credo però che i nostri concorrenti oggi siano coloro che offrono alta velocità attraverso il trasporto aereo. La nostra vera concorrenza oggi è rappresentata dall’automobile. In Italia l’85 per cento delle persone che si sposta con un mezzo lo fa in macchina. Ci sono 30 milioni di persone che gestiscono e guidano una vettura. Per noi oggi il tema è questo: farli scendere dalla loro auto e offrirgli qualcosa per viaggiare con noi. E il ragionamento non vale solo per l’Italia: vale anche fuori dai nostri confini. E quando dico che la concorrenza ci ha fatto bene lo dico perché avere un competitor ci ha aiutato a crescere ancora di più e ci ha portato a osservare con maggiore attenzione anche quale può essere il nostro futuro motore di crescita. I dati oggi ci dicono che le Ferrovie italiane fatturano 9 miliardi, quelle francesi 31 e quelle tedesche 43. E i dati ci dicono questo perché le Ferrovie italiane hanno una forte presenza sul mercato interno – il 90 per cento del mercato è nostro – mentre hanno un fatturato che arriva solo per il 13 per cento dal mercato estero. Nel prossimo piano industriale spiegheremo come arrivare nel giro di pochi anni a una quota pari al 25 per cento. E’ una sfida difficile ma è una sfida cruciale: se un giorno vorremmo essere uno dei primi paesi al mondo a far viaggiare le Google Car sulle nostre strade dobbiamo crederci, non perdere tempo e partire anche da qui”.