Provocazione: anche il maestro Yoda di Sunstein voterebbe sì al referendum
Roma. Al referendum Yoda voterebbe sì. La saga di Guerre Stellari non è soltanto un racconto epico sul rapporto padre-figlio o sul libero arbitrio né, più semplicemente, una travolgente storia di sci-fi. E’ naturalmente tutte queste cose, ma su un piano diverso contiene anche una profonda riflessione sull’importanza delle istituzioni: sul perché alcuni assetti istituzionali funzionano e altri no. Questa dimensione emerge con forza dal libro di Cass Sunstein “Il mondo secondo Star Wars”, in uscita per Egea. Il giurista americano mette in rilievo, a più riprese, come lo scontro di Guerre Stellari sia quello – per rubare la terminologia di Daron Acemoglu – tra sistemi politici inclusivi ed estrattivi: sistemi, cioè, che lasciano spazio alla libera espressione dell’individuo (e dunque si fondano sulla divisione dei poteri) e altri che invece riconducono tutto alla volontà del sovrano. L’aspetto singolare sta nell’attenzione che George Lucas prima, J. J. Abrams poi, dedicano alla dinamica attraverso la quale un sistema inclusivo (la Repubblica) diventa estrattivo (l’Impero). Se il punto di svolta è l’assegnazione a Palpatine di poteri dittatoriali, il processo attraverso cui il Cancelliere diventa Imperatore affonda le radici nell’incapacità della Repubblica di offrire risposte efficaci ai problemi reali della galassia, che rischia di sfasciarsi travolta dalle spinte disgregatrici interne (populiste, diremmo oggi). “E’ così che muore la libertà – si lamenta la Principessa Padmé Amidala – Sotto scroscianti applausi” (sotto scroscianti likes, diciamo).
Scrive Sunstein: “L’Imperatore Palpatine riesce a cumulare il potere solo grazie alle incessanti e assurde baruffe tra i membri del potere legislativo repubblicano. Sono quei conflitti a consentire la sua ascesa al potere”. Le ragioni per cui la democrazia cede il passo alla dittatura, nel mondo di Guerre Stellari, sono insomma tutte interne alla democrazia: se questa non riesce a produrre decisioni, se l’input (la discussione politica) non si traduce in un output (le policy), allora i fatti prendono pieghe affrettate e pericolose. La crescente, e conseguente, insoddisfazione si manifesta in vari modi, che vanno dall’apatia al ribellismo fino all’organizzazione della resistenza. L’ordine galattico non viene però ristabilito da un rivoluzionarismo sgarruppato e un po’ grillino che tende a confondere la protesta col rimedio: “Nei film di Star Wars i ribelli chiedono il ritorno alla Repubblica. Sono loro, in un certo senso, gli epigoni di Burke, i veri conservatori”, dice Sunstein. Che c’entra tutto questo con la riforma? C’entra, e molto, perché l’obiettivo della revisione costituzionale è esattamente quello di curare le due patologie che Sunstein individua con chiarezza: l’indecisionismo parlamentare da un lato, l’accentramento del potere dall’altro. Il ripensamento del ruolo del Senato serve appunto per disinnescare gli effetti deresponsabilizzanti della navetta parlamentare e, di converso, i tempi lunghi con cui le riforme trovano attuazione nel nostro paese.
Un Parlamento più efficace riduce l’esigenza di ricorrere sempre più spesso alla decretazione d’urgenza, che anzi trova nuovi e maggiori vincoli, limitando così il potere reale dell’Esecutivo. Parimenti, il riordino delle competenze tra Stato e Regioni serve a scongiurare un clima nel quale tutte le norme sono incerte – in quanto oggetto di contenzioso non solo riguardo al merito, ma anche relativamente a chi abbia diritto a legiferare su una certa questione. Come ha scritto Luciano Violante, “nella nostra Costituzione mancano, per precise ragioni storiche e politiche, norme dirette a garantire la piena capacità di decisione dell'ordinamento”: sono ovvie le determinanti di tale scelta, ma è altrettanto evidente che essa non risponde più alle esigenze del nostro paese, che invece ha bisogno di riportare vitalità e accountability al processo decisionale. Ciò può avvenire solo restituendo centralità ed efficacia al Parlamento e, dunque, facendo cessare “l’abuso dei decreti legge che oggi possono riguardare qualunque materia e possono dettare regole anche per materie tra loro eterogenee”. Guerre Stellari è fiction mentre il referendum è realtà. Sunstein aiuta a ricondurre al nostro “qui-e-ora” le vicende che si sono svolte “in una galassia lontana lontana”. Oggi Yoda twitterebbe: “#bastaunsì, cambiare deve la Costituzione”.