Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Cosa vorrebbe ma non può dire Berlusconi quando immagina il centrodestra del futuro (auguri!)

Claudio Cerasa
Dal Milan a Mediaset tutto sembra avere una sua traiettoria lineare (più o meno) ma com’è evidente nel mosaico degli ottant’anni del Cav. manca solo un tassello non secondario che ovviamente è la politica. La domanda è semplice: verso che direzione sta spingendo il suo partito?

Giovedì ventinove settembre Silvio Berlusconi compirà ottant’anni (molti molti auguri) e nel corso dei suoi festeggiamenti, mentre sfoglierà la margherita della sua vita, il Cav. non potrà non accorgersi di un dettaglio importante che riguarda un particolare relativo al futuro del suo regno. Negli ultimi tempi, già prima dell’operazione al cuore, Berlusconi ha provato in tutti i modi a mettere in sicurezza alcuni gioielli di famiglia e con fortune alterne ha persino individuato un percorso preciso per mettere al sicuro le sue passioni imprenditoriali. Lo schema presenta ancora qualche punto di fragilità ma la strategia è ormai chiara. Il Milan è destinato a essere rifocillato con i soldi cinesi (anche se alcuni passaggi importanti del contratto con i nuovi acquirenti non sono del tutto chiari). Mediaset è destinata a essere messa al sicuro con i soldi francesi (domani è previsto un cda importante per capire che destino avrà l’accordo con Bolloré). Mondadori, dopo il colpo dell’acquisto dei libri Rizzoli, viaggia in buone acque ed è destinata a diventare un colosso che presto non potrà che ingolosire i grandi player europei (così come ingolosisce alcuni grandi editori italiani il Giornale diretto da Alessandro Sallusti). Tutto sembra avere una sua traiettoria lineare (più o meno) ma com’è evidente nel mosaico degli ottant’anni del Cav. manca solo un tassello non secondario che ovviamente è la politica. La domanda è semplice: verso che direzione sta spingendo il suo partito Silvio Berlusconi?

 

La scelta di individuare Stefano Parisi come uomo a cui affidare la ricostruzione del centrodestra è una scelta che indica un’idea precisa che suona più o meno così. Usiamo la campagna referendaria per tenere unito il centrodestra ma una volta superato il passaggio elettorale, quale che sia il risultato, è necessario trovare una buona chiave per emanciparsi dal grillismo, dal salvinismo, dal renzismo, fondare un nuovo partito (Forza Italia non arriverà alla prossima estate) e creare un contenitore politico che possa permettere di essere quello che oggi il centrodestra non è: un’alternativa di governo. La scommessa del centrodestra, ovviamente, è legata anche all’esito del referendum costituzionale (e il paradosso vuole che un centrodestra di governo abbia possibilità di essere competitivo più con una vittoria del sì, e conseguente semplificazione istituzionale, che con una vittoria del no, e conseguente caos) ma alla base di tutto c’è un nodo che Berlusconi non ha ancora sciolto e chissà se mai lo scioglierà: come si può garantire un futuro al centrodestra senza dimostrare che il centrodestra non ha niente a che fare con la fuffa non governativa salviniana? In altre parole: come si possono riconquistare i voti che il centrodestra ha perso negli ultimi anni (13 milioni nel 2008, 7 milioni nel 2013) senza capire che per essere credibili è necessario sbarazzarsi della compagnia di giro che ha contribuito a rendere non credibili le ultime esperienze di governo del centrodestra (ricordate cosa fece la Lega quando Berlusconi provò a impostare una riforma delle pensioni?).

 


Stefano Parisi (foto LaPresse)


 

Berlusconi lo sa bene, conosce il problema, lo ha vissuto sulla sua pellaccia e come ha spiegato bene Salvatore Merlo sabato scorso sul Foglio non è un caso che proprio in questo momento il Cav. abbia scelto di sussurrare una parola – proporzionale, nel senso di legge elettorale – che negli ultimi vent’anni Berlusconi ha fatto circolare sempre per mandare lo stesso messaggio: mi avete rotto tutti le palle, voglio stare da solo. Ottenere una modifica alla legge elettorale, come la vorrebbe Berlusconi, non sarà semplice (l’Italicum si può archiviare solo se si archivia Renzi) ma dietro quella parola sussurrata – proporzionale – c’è una precisa presa di coscienza da parte di Berlusconi: nel mio mondo ideale, nel mondo che immagino nel centrodestra del futuro, c’è solo un grande partito moderato, formato da politici non usurati, non bolliti, non ricattatori, che si pone sulla scena politica con equidistanza rispetto ai grillismi, i salvinismi e i renzismi; e per raggiungere questo obiettivo non c’è altro modo che correre da soli, con un bel sistema proporzionale.

 

Berlusconi non lo potrà mai ammettere apertamente, specie in una fase politica particolarmente vivace e all’attacco come quella attuale in cui Forza Italia (per la disperazione di Gianni Letta e Fedele Confalonieri, a cui va la nostra amichevole solidarietà) è schierata contro il referendum costituzionale, ma nella sua testa forse è chiara la traiettoria del centrodestra: fare di tutto per arrivare alla fine della legislatura; provare a far appassire il salvinismo, il renzismo e il grillismo; presentarsi nel 2018 con un nuovo partito capace di raccogliere anche i delusi del renzismo. Il tutto con un retropensiero inconfessabile ma chiaro. Se il piano non dovesse andare per il verso giusto la priorità per un centrodestra moderato è non far vincere i populismi straccioni. E dentro di sé, quando dice proporzionale, il Cav. non può che pensare a due cose. A: meglio una grande coalizione con il Pd piuttosto che una vittoria di Grillo. B: tra un patto con gli avversari e un governo risicato ostaggio di Salvini non è detto che il centrodestra dal futuro dia una risposta così scontata (chiedere una legge proporzionale significa anche non voler essere legati a tutti i costi al lepenismo italiano). E quando Berlusconi dice a Renzi dammi la proporzionale dice anche questo.
Tanti auguri caro Cav.

 


 
PS. Da lunedì 3 ottobre il Foglio del lunedì cambia. Arriva un nuovo progetto. Un grande abbraccio e un ringraziamento speciale a Giorgio Dell’Arti e a tutta la magnifica redazione del Foglio rosa per il lavoro unico di questi anni. Grazie.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.