Bilancio degli economisti di Grillo
Roma. Un po’ trattenuta, alta nelle inflessioni, intimidita nelle finali, le palpebre leggermente gonfie, Virginia Raggi si rivolge ai suoi collaboratori, agli elettori, e ovviamente a quei gretti dei giornalisti che da circa un mese raccontavano la virgineide, ovvero la ricerca a ostacoli di un assessore al Bilancio per il comune di Roma: “Ho chiesto ad Andrea Mazzillo di ricoprire l’incarico. Non solo per le sue competenze ma anche per affermare che il Movimento mette in campo i suoi più qualificati militanti”. Mazzillo, nominato ieri assieme a Massimo Colomban, il nuovo assessore alle Partecipate, è un commercialista di Ostia, con trascorsi nel Pd, che questa primavera si è occupato di raccogliere fondi per la campagna elettorale del sindaco. “E’ un tecnico esperto di finanza locale”, dicono i ragazzi del Movimento. Eppure questa scelta, un po’ sotto tono, assieme alla lunga, faticosa peregrinazione alla ricerca di un assessore che sostituisse Marcello Minenna, economista e dirigente Consob dimessosi circa un mese fa, forse rivelano non solo un rapporto complicato del M5s con la competenza tecnica in generale, ma in particolare con l’economia. Il Movimento non ha un responsabile economico. E forse non è un caso.
Secondo l’economista inglese Lionel Robbins, “l’economia è la scienza che studia l’uso ottimale delle risorse scarse”. Alla base delle proposte del M5s c’è invece una specie di rifiuto del concetto di economia, cioè di “risorse scarse”. Nel programma di Grillo è previsto, per esempio, il reddito di cittadinanza (arrivato ora a pesare circa 17 miliardi l’anno) accompagnato dal taglio dell’Irap (30 miliardi circa). E insomma se il pensiero economico di destra propone all’incirca la formula “meno spesa pubblica e meno tasse”, e se la sinistra propone “più spesa e più tasse”, il Movimento realizza invece un ossimoro stupefacente: meno tasse e più spesa. E la differenza? Le famose risorse scarse? “Stampiamo la moneta”, ha detto non molto tempo fa Carlo Sibilia, deputato e membro del direttorio Cinque stelle. E già qui si dovrebbe cominciare a intuire come il rapporto tra M5s ed economia sia, per così dire, complicato.
Grillo ha più volte dichiarato che “il piano economico l’ha scritto il Nobel Stiglitz” (ma l’economista americano ha risposto: “Grillo chi?”). Poi Grillo si è abbandonato a spiegare come il programma lo avesse invece scritto un professore di Macerata, uno che “conosce Stiglitz”, e addirittura in collaborazione con Jean-Paul Fitoussi. Ma Fitoussi: “Non conosco Grillo”. Da allora il capo del M5s ha più saggiamente smesso di citare Nobel. Tuttavia sono parecchi gli economisti italiani (alcuni autodefinitisi tali) adottati, e scaricati, con indifferente pendolarità dal Movimento secondo un principio per il quale la questione economica, viene, per così dire “randomizzata”, procede cioè un po’ a caso. In principio fu Alberto Bagnai, che insegna a Pescara in una Università chiamata “Gabriele D’Annunzio”: lui si è occupato di “uscita dall’euro”. Tuttavia quando i giornali lo hanno battezzato “economista di Grillo”, Bagnai è stato rapidamente messo fuori dal blog. La stessa fine l’ha fatta Maurizio Pallante, un professore di scuola autore di libri sulla “decrescita”, così come Mauro Gallegati, professore di Macerata contrario all’uscita dall’euro ma nemico dei princìpi di austerity (poi candidato nella lista Tsipras). Altri due fari dell’economia grillina sono stati la televisivamente nota Loretta Napoleoni e Giacinto Auriti, un professore di “diritto navale”, scomparso nel 2006, i cui scritti sono alla base degli argomenti intorno al “complotto sul signoraggio bancario”. Più di recente, vale la pena di ricordarlo, sul blog ha scritto anche Luigi Zingales, professore a Chicago, molto considerato dai media italiani, liberista che in un suo recente articolo ha spiegato – in una riga – come la stampa italiana sia asservita ai poteri forti (l’articolo, tra parentesi, era sul Sole 24 Ore). Nessuno dei citati è sopravvissuto a Grillo, si diceva. Forse perché, anche se in modo un po’ bislacco, ciascuna di queste persone tendeva a offrire punti di riferimento e contatti – più o meno – con la realtà. E certo tutto questo potrebbe anche non aver niente a che fare con le difficoltà di Virginia Raggi a trovare un assessore al Bilancio a Roma, cioè uno che non sia il suo commercialista. O forse, invece, c’entra moltissimo. E descrive il dramma silenzioso dell’inadeguatezza.