Marasma capitale
Grillo, Casaleggio e il dilemma Raggi: mollarla o farsi mollare?
Fino a che punto il M5s potrà continuare a sostenere il sindaco? I malumori e i progetti grillini a Roma: sfiduciarla, ma solo dopo il referendum. Muraro è quasi fuori. Il paragone con Pizzarotti. Dubbi e strategie.
Roma. “La Raggi è un disastro, la dobbiamo mollare”, dice una. E l’altro: “Ma che sei pazza? Se cade, siamo finiti”. E così i parlamentari del Movimento cinque stelle, nei capannelli alla Camera e al Senato, si rimpallano tra loro una carambola di umori e di progetti, di tiepidi sussurri e di violente fantasie che accelerano il metabolismo di ciascuno proprio nel giorno in cui Beppe Grillo e Davide Casaleggio riuniscono i senatori a Roma, all’Hotel Forum, e cercano così di rimettere ordine nel menabò confuso del Movimento che ieri è stato abbandonato, con accompagnamento di frasi taglienti, da Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma che coltiva ambizioni personali nella sua città, che solleva Grillo dal problema di doverlo cacciare, ma che contemporaneamente costruisce un parallelo implicito tra la sua vicenda personale e quella di Virginia Raggi: “A Raggi dico di ragionare con la sua testa, perché alla fine le responsabilità sono e saranno soltanto sue. Lei è seduta in una posizione scomoda, i vertici romani del M5s hanno avuto un ruolo nell’ostacolare la sua azione amministrativa”. E quelli a cui allude Pizzarotti sono i parlamentari romani che pochi giorni fa, in Senato, discutevano apertamente e senza alcuna cautela della sindaca. “La differenza tra Ignazio Marino e la Raggi è che Marino ha distrutto il Pd romano, mentre la Raggi può distruggere tutto il M5s”, diceva uno degli esponenti più noti del Movimento. Umori, certo. Parole in libertà, probabilmente. Fantasie disordinate, ma tuttavia contundenti: “Dovremmo mollarla. Anche se prima di dicembre, prima del referendum, sarebbe un suicidio”. La prima data utile è febbraio, o marzo. Ma nel Movimento preferirebbero che fosse la Raggi a provocare una rottura.
Ma prima ancora del destino di Raggi è il futuro di Paola Muraro, l’assessora all’Ambiente indagata, ad agitare le notti insonni del Movimento, a costringere Grillo e Casaleggio, cui arrivano troppi segnali inquietanti, a tenere una seduta di auto analisi, e disciplina, collettiva. Così all’hotel Forum, nel pomeriggio, fanno il loro ingresso, uno dopo l’altro, i senatori, volti noti e meno noti, alla spicciolata o a grappoli: Luigi Gaetti, Paola Taverna, Barbara Lezzi, Andrea Cioffi, Vincenzo Santangelo, Elisa Bulgarelli, Laura Bottici, Gianluca Castaldi… E quasi tutti ormai dicono – ma non lo dicono – che se la posizione giudiziaria di Muraro dovesse aggravarsi, allora la signora andrebbe spinta verso le dimissioni. Ed è il segno di quanto in realtà l’intricato pasticcio di un’amministrazione capitolina che stenta a partire, e ancora non amministra, un governo che si espone al ridicolo e alla palude, sia pericolosamente avvertito non soltanto a Roma, ma anche a Milano, alla Casaleggio Associati, e insomma dal figlio del guru-fondatore, Davide, e da Grillo, secondo un principio che è sempre lo stesso, come disse Carla Ruocco: “Si dovrebbero ammettere gli errori, chiedere scusa, e ci si dovrebbe concentrare solo sul rilancio di Roma”.
Paola Muraro (foto LaPresse)
E allora la domanda è sempre la stessa: fino a che punto, e fino a quando, il M5s potrà continuare a sostenere il sindaco Raggi? “E’ uno stillicidio, un massacro”, dicono adesso alcuni parlamentari, ripetendo quasi quella famosa frase che a luglio, alla buvette del Senato, secondo l’Unità, Paola Taverna avrebbe consegnato al suo collega leghista Gian Marco Centinaio: “La Raggi? Prima cade e meglio è”. Taverna smentì quelle parole, e minacciò querela contro chi avesse continuato ad attribuirgliele. Ma Centinaio non ha mai smentito. E adesso, tendendo l’orecchio ai malumori sempre meno dissimulati, s’intuisce una speranza, o forse una vaghezza di programma, un’ipotesi di via d’uscita: Raggi come Pizzarotti.
E certo la storia di Pizzarotti è completamente diversa, si tratta di un sindaco ambizioso e troppo autonomo che s’è scontrato con la rigidità verticista del Movimento, eppure alcuni, a Roma, sperano che sia Raggi a rompere con Grillo – proprio come ha fatto Pizzarotti – prima che sia Grillo a essere costretto a mollare Raggi. La sindaca può contare sulla fiducia di quasi tutto il gruppo consiliare, a eccezione dei circa trenta sostenitori della corrente romana di Lombardi-De Vito, che potrebbe tuttavia spaccarsi. Si perderebbero (sono calcoli che si cominciano a fare) una decina di voti. Pochi. Basterebbe allora il sostegno di una minoranza qualsiasi perché Raggi continui a governare sollevando Grillo dall’imbarazzo di averla sotto il suo simbolo. (sm)