La truffa del grillismo
Il caso dell’assessore Paola Muraro è diventato un rimpallo stucchevole sul tema del garantismo e dei due pesi e misure nell’applicarlo agli amici e disapplicarlo ai nemici. La questione non è lì, e ovviamente non è nel decidere, cosa impossibile, per una eventuale colpevolezza finale, accertata in modi acconci, dell’amministratrice della giunta Raggi indagata e “opportunamente” esposta da un coacervo di iniziative tra le quali primeggiano, a parte il merito giudiziario, soffiate alla stampa e intercettazioni intrusive, anche di natura privata. Il Foglio ha già detto la sua. Mafia Capitale è una fanfaluca, attaccare la Muraro perché complice di Mafia Capitale è anch’essa una fanfaluca.
Bisogna astenersi dal convalidare, anche solo per spirito di ritorsione polemica, i teoremi generici, astratti, tortuosi e poco credibili della pubblica accusa e della campagna ridicola imbastita al suo seguito. Marco Travaglio da tempo ha chiesto le dimissioni della Muraro, ma la sua è una preoccupazione politica anche piuttosto strumentale, il puntiglio di uno che del garantismo non sa che farne e che sta sempre e comunque dalla parte dell’azione penale, uno che su robe come Mafia Capitale ci campa da tribuno e da editore.
Il fatto è che l’assessore all’Ambiente, in una città come Roma e in un contesto come quello della gestione dei rifiuti nella capitale del paese, la città più grande, più gonfia e più sporca, non è un dettaglio di secondo livello. La Muraro sarà sicuramente non colpevole, almeno fino a prova contraria, di quanto le si addebita, ma è il perno di un sistema lubrificato di malagestione o di gestione dubbia del settore ambientalmente ed economicamente cruciale delle discariche, del trattamento dei rifiuti eccetera. Lo è da molti anni, nella sua funzione di consulente e di eminenza grigia di strutture comunali e di intermediario con affaristi e imprenditori del settore di varia provenienza e credibilità amministrativa.
Chi ha scelto e perché di mettere la Muraro nel cuore operativo di una giunta amministrativa che perde pezzi e ingrassa ogni giorno di polemiche opache, che si nutre di evidenti rancori di partito, è sotto osservazione della ragioneria municipale per incapacità anche solo a capire i problemi della città, indebitata e sulla via fallimentare, che ha già nell’ex assessore al Bilancio un critico severo, in mezzo a scelte giudicate discutibili di collaboratori dell’ufficio del sindaco, a compensi non in linea con le promesse, e che ha gestito malamente un viavai di assessori, di capi di gabinetto, di vice sindaci senza un elemento di continuità o di discontinuità visibile?
Quando Grillo e Casaleggio, evidentemente preoccupati della circostanza per loro ambigua, e scandalosa agli occhi perfino della maggioranza d’emergenza che ha votato la Raggi sull’onda della montatura in disfacimento di Mafia Capitale e del fallimento dei partiti romani, dicono che “non siamo mai stati così uniti”, è chiaro che ci stanno coglionando come due leaderini qualsiasi e con un linguaggio qualsiasi, un gergo partitocratico che non si sentiva da tempo nella sua impudenza. Ecco. Dovrebbero invece spiegare come mai il movimento del non-statuto, la grancassa webbara che pretende di selezionare la classe dirigente al di fuori di un meccanismo di scelta serio, con tanto di penali e di altri strumenti di controllo paramafioso degli “eletti”, ha prodotto con la Raggi, non solo e non tanto una irredimibile incompetenza, ma anche un groviglio di non detto, di vischiosità, di impenetrabilità politica.
La questione non è un assessore con l’imputazione di falso in bilancio, o con un curriculum che appare ogni giorno di più incompatibile con un ricambio e una spinta riformatrice negli apparati amministrativi, piuttosto si tratta del primo vero esperimento di governo del movimento che si vuole extra-politico, mondo dei difetti della manovra di potere, e che invece si rivela la quintessenza dell’umbratile, dell’indecifrabile, dell’inganno reciproco, della malmostosità e dell’inidoneità al governo della cosa pubblica. Troppo facile dire che si applica alla Muraro lo stesso iniquo metodo che è applicato ai cosiddetti membri della “casta” o, viceversa, imputare a lei di essere quel che è, non il massimo quanto a trasparenza. T
roppo facile sorridere di quel suo sguardo sghembo, di quelle affermazioni rituali e insincere secondo cui lei è lì all’ambiente per fare la rivoluzione e gli interessi si coalizzano per colpirla. Anche lei ci cogliona, quando parla così. Meglio cercare di avvicinarsi alla verità: la giunta Raggi è bacata dal di dentro, il meccanismo della scelta e della promozione di uomini e ruoli ha mostrato di essere una collosa sequela di imposture. Non è in crisi solo una sindaca e un’assessora, è in evidente stato patologico un intero progetto antipolitico fondato sul pressappochismo, sulla demagogia, sull’inettitudine, sull’obliquità e sull’uso sbagliato del congiuntivo. Che i grillini cerchino di tenere botta e di nascondere la realtà è comprensibile, perché lo facciano i loro fiancheggiatori e tifosi nel mondo dei media è meno chiaro.