Perché sul referendum è un errore scambiare l'oggetto (la riforma costituzionale) con il soggetto (Renzi)
Al direttore - Sono un’affezionata lettrice del Foglio dall’inizio anche se faccio sempre più fatica a restarlo. A proposito del referendum, è possibile solo ricordare che il boy scout Renzi ha imposto senza neanche permettere la discussione in Parlamento una legge che tende al matrimonio omosessuale? E’ possibile ricordare che Renzi non perde occasione per vantarsi di questo diritto di civiltà che finalmente è riuscito a far approvare? E’ possibile allora che “la guerra dei due mondi” sia un pochino più complessa di come la si dipinge e che l’opzione a favore del veto non c’entri troppo? Renzi ha ragione: il No ha una fortissima motivazione nell’avviso di sfratto che gli rivolge. Una lettrice stranita.
Angela Pellicciari
Cara Angela, è certamente tutto più complesso, lo è sempre, ma come forse ti sarai accorta stai cambiando discorso, come spesso capita quando ci si occupa di referendum costituzionale, e stai scambiando l’oggetto della riforma con il soggetto della riforma e, in definitiva, stai dicendo che voterai No al referendum costituzionale non per esprimere la tua opinione sulla riforma costituzionale ma per esprimere la tua opinione sul presidente del Consiglio. Scelta legittima e che ha molte motivazioni valide.
Ma vorrei ricordarti un piccolo dettaglio: fino a quando ci sarà una Costituzione come quella che involontariamente stai difendendo, aumenteranno le possibilità che vi siano presidenti del Consiglio che si permetteranno di legiferare su argomenti così delicati senza avere un chiaro mandato popolare, imponendo, come giustamente ricordi, una legge, per di più molto delicata, senza neanche concedere la discussione in Parlamento (le unioni civili, in effetti, sono state votate con la fiducia). Ti sorprenderai, forse, ma alla fine, su questo punto, la pensi esattamente come uno dei massimi sponsor della riforma costituzionale, Giorgio Napolitano. Ricorderai forse cosa disse Napolitano proprio al nostro giornale su questo punto: “E’ dal 1983 che il Parlamento cerca invano di riformare la seconda parte della Costituzione e sarebbe una sciagura farsi sfuggire oggi l’occasione di superare il bicameralismo paritario, non dando ai governi del futuro maggiore stabilità, a partire dal momento della fiducia in un solo ramo del Parlamento, e garantendo maggiore linearità e certezza di tempi al processo legislativo: solo così si può uscire finalmente da quella spirale perversa di esecutivi che mortificano il Parlamento a colpi di decreti, di voti di fiducia e maxi emendamenti”. Grazie e un abbraccio.