Il sogno dell'eternità politica dell'"Accolita dei rancorosi" alla base del No al referendum
Il referendum costituzionale si continua a caricare di significati che allontanano il confronto sul merito. Il raduno organizzato da D'Alema al Residence Ripetta ha visto assieme tutte le vecchie stelle della prima Repubblica. In troppi si sono sperticati nelle analisi, negli attacchi. Chi ci ha visto una seduta spiritica di un mondo passato, chi ha usato la solita contrapposizione vecchio (e vecchi) col nuovo (e i giovani). Certo, in quell'assise non si sono risparmiati i termini intramontabili della retorica politica italiana, "deriva autoritaria", "attacco alla Costituzione" che hanno unificato come non mai anche persone tra loro distantissime, da Rodotà a Fini.
In Italia, la strada delle riforme è segnata da croci e fallimenti. Siamo un Paese fatto di decisioni unanimi finte che portano a disimpegni. E decisioni vere e impegnative che dividono in un agone in cui le vecchie generazioni, quelle che una volta componevano, oggi sono al centro della pista a gettare benzina sul fuoco. Lo dice uno che pensa che siano meglio i politici di professione che i polli da batteria che l'unica battaglia politica l'hanno fatta guardando Happy days come molti della Fgci.
Io credo che se vincerà il No perderemo un'occasione ma non ci sarà il diluvio universale. Tuttavia, evocare la dittatura 2.0 è ormai ridicolo specie per chi ha sostenuto ipotesi di rafforzamento del potere esecutivo ben più radicali e impegnative di queste e senza allora troppo curarsi dei mitici contrappesi. Purtroppo In un paese smemorato il merito e la coerenza non contano e chi vota una legge e ne chiede l'abrogazione ricorda chi firma accordi sindacali e sciopera contro la loro applicazione (in Italia succede anche questo).
In fondo queste adunate ricordano le parole della canzone di Vinicio Capossela, "L'accolita dei rancorosi". Anche perché, i convenuti, cosa hanno in comune? La fedeltà alla democrazia e alla Costituzione? Non penso. Penso piuttosto che li accomuni quella illusione, che in Italia diventa una pretesa, dell'eternità politica. Sono quelli che, nati spesso in scia ai loro predecessori, non hanno mai disdegnato sgambetti e sgomitate per soppiantare le generazioni precedenti. E ora non ci stanno e alternano il reclutamento di replicanti nelle nuove generazioni ad un'incontenibile ricerca di protagonismo. Senza capire che c'è un tempo per ogni cosa. In Italia in tutti gli ambiti, l'educazione a reinventarsi una vita e a lasciare spazio a chi viene dopo, andrebbe insegnata nelle scuole. C'è un momento in cui tocca ad altri, ed è augurabile che chi viene dopo non replichi niente e nessuno. Certo, potranno aiutare a frenare un paese già fermo, ma nel frattempo un risultato lo ottengono subito: rendono a tutti meno impegnativi i dubbi che si hanno su Matteo Renzi.