Così Renzi ha eliminato le sanzioni alla Russia dall'agenda europea. I documenti inediti
Occhio all’agenda, non è un dettaglio. Renzi è arrivato a Bruxelles subito dopo l’incontro con Barack Obama alla Casa Bianca. Saluti, complimenti, baci, dichiarazioni di amicizia e “collaborazione come mai prima nella storia” e poi… zac! Sanzioni contro il nemico Putin? Signore signori, non è il momento. Le navi della marina russa attraversano la Manica e sono dirette nel Mediterraneo, rotta verso le coste della Siria? Non è un problema che risolvono le sanzioni a Mosca. La Nato s’arrabbia? Ce ne faremo una ragione. In pochi avrebbero scommesso sullo strappo, ma qui sta l’essenza del Renzi più autentico, quello che ha il colpo d’estro in canna e dopo mesi di deludente tran tran diplomatico tira fuori la pallottola d’argento.
Renzi ha fatto i suoi calcoli con grande freddezza e una corretta analisi dello scenario: la Casa Bianca non gradirà la mossa, ma Obama sta facendo le valigie e bye bye mister President, avanti un altro; l’Unione europea è debole, Merkel e Hollande sono nei guai (elettorali, si vota nel 2017) e senza l’Italia, dopo la Brexit dei sudditi di sua maestà la regina, sui dossier che contano non si va da nessuna parte; la Commissione europea conosce un solo schema e gioca al muro contro muro sui conti e la manovra di bilancio e allora il premier va alla guerra di logoramento mettendo il veto sul dossier russo; il no all’Europa è un’ottima arma di propaganda in casa in vista del referendum del 4 dicembre, perché sottrae alla destra un refrain della campagna contro il governo (Renzi sottomesso a Bruxelles); ristabilisce una salutare distanza dopo l’appoggio obamiano al Sì e riafferma l’autonomia da Washington; lancia un segnale ai settori economici (agricoltura e alimentare, in particolare) che negli ultimi due anni hanno avuto massicce perdite di fatturato dopo l’applicazione delle sanzioni a Mosca; si sintonizza con una larga parte dell’elettorato italiano che vede correttamente l’instabilità nel Mediterraneo (leggere alla voce immigrazione) come una conseguenza della politica estera americana, francese e britannica (la Libia brucia); si allinea alle idee per niente minoritarie dell’opinione pubblica che ha un sincero sentimento atlantista ma non capisce la strategia della Nato, non gradisce l’accerchiamento della Russia e in ogni caso riconosce a Vladimir Putin carisma e qualità da comandante in capo. Si chiama realtà, è l’essenza della politica estera, e questa volta Renzi l’ha letta bene.
Si tratta di un esito non previsto, uno stop che Renzi ha dettato con grande abilità. Il copione era già stato scritto, una copia del progetto delle conclusioni (datata 19 ottobre) è in nostro possesso e la sua evoluzione parla da sola. Le conclusioni ufficiali del Consiglio pubblicate non fanno più esplicito riferimento alle sanzioni. Il passaggio previsto era questo: “L'UE sta valutando tutte le opzioni, comprese ulteriori misure restrittive nei confronti di persone ed entità che sostengono il regime, qualora continuassero le atrocità in atto”. Questo è il documento che originariamente doveva essere approvato dal Consiglio:
Dopo una dura discussione, in cui Renzi non ha mai fatto un passo indietro sulla sua posizione, nelle dichiarazioni finali del Consiglio europeo, al capitolo quarto, quello sulle “external relations”, è rimasta solo la frase iniziale: “The EU is considering all available option” (l’Ue sta valutando tutte le opzioni) e sono sparite “le misure restrittive”, cioè le sanzioni.
La diplomazia è fatta di sfumature che poi diventano fatti e conseguenze concrete. Il fatto è che Renzi ha fatto prevalere la sua linea all’Unione europea, la conseguenza è che le sanzioni alla Russia non ci saranno. E’ una posizione che isola l’Italia? No, perché in questo processo Renzi può contare su altri alleati in Europa. E’ in corso un rimescolamento di carte e peso politico dei vari paesi dopo la Brexit, è un altro passaggio che segnala lo sbriciolamento della governance europea. Si viaggia in una terra incognita, ma stavolta l’Italia ha tracciato un sentiero chiaro: le decisioni in Europa non si prendono più solo con le riunioni tra Berlino e Parigi. E’ un passo avanti, vedremo presto se sarà isolato.