Quando Camusso si batteva per la riforma costituzionale
Il comitato Basta un Sì scova un articolo del segretario della Cgil del 2014 in cui si auspicava la riforma citando, quasi testualmente, il quesito referendario che voteremo il 4 dicembre
Il referendum confermativo del 4 dicembre nei giorni scorsi ci ha offerto una nuova polemica social fra il fronte del Sì e quello del No. I fatti: il comitato ufficiale per il Sì, Basta un Sì, pubblica un breve articolo sulla posizione della Cgil - risalente a un paio di anni fa - sulle riforme costituzionali necessarie per l’Italia, espressa nella tesi congressuale di Susanna Camusso. L’obiettivo, chiaro, è voler mostrare una palese contraddizione fra tale posizione e quella assunta più recentemente dal più grande sindacato italiano, schierato sul No. Infatti il comitato del Sì scrive che nel 2014 la Cgil avrebbe auspicato “il superamento del bicameralismo paritario perfetto con l’istituzione di una camera rappresentativa delle regioni e autonomie locali”, “il riordino delle competenze di Stato e Regioni disciplinate dall’articolo 117 nell’ambito della riforma del Titolo V, a competenza esclusiva statale alcune materie di legislazione concorrente rafforzando la funzione regolatrice nazionale” ed infine una “legge nazionale (…) sulla riforma dell’istituto referendario che introduca il ‘quorum mobile’ (legato all’influenza registrata nell’ultima elezione dell’organismo che ha legiferato)”. In effetti tutte modifiche contenute nella riforma costituzionale su cui siamo chiamati a esprimerci il 4 dicembre. Al che - il 15 novembre - l’account Twitter della Cgil denuncia una manipolazione del documento, al punto da accusare il comitato del Sì di aver taroccato il testo per farlo apparire più vicino alle proprie posizioni. La convinzione è tale da mettere pubblicamente a confronto le due versioni, come prova provata dell’inganno.
Un’accusa grave, quella di aver falsato le fonti per dimostrare in modo fittizio le proprie tesi, che metterebbe in grave imbarazzo – se verificata – il comitato per il Sì. In quanto tale va quindi analizzata nella sua fondatezza.
Zoomando le due immagini a confronto ci si accorge tuttavia della assoluta uguaglianza tra i due documenti, che si differenziano semplicemente per l’impaginazione e la numerazione. Sono due documenti identici, nessun taroccamento. È possibile controllare in prima persona: ecco il documento caricato dal comitato per il Sì e quello della CGIL. Ciò nonostante, vista la durezza del tweet da cui traspare un elevato grado di certezza, è bene andare a fondo e togliersi ogni dubbio. Qui è scaricabile quindi l’intera documentazione conclusiva del XVII congresso del 2014, in cui risultò vincente Camusso: in realtà questo ulteriore documento – nelle parti relative alle riforme costituzionali - appare effettivamente più prolisso e completo, ma non differente nella sostanza. Anche qui ritroviamo, letterali, le proposte sull’abolizione del bicameralismo paritario, l’accentramento delle competenze concorrenti e l’introduzione del “quorum mobile” per i referendum abrogativi. Identiche alle due precedenti versioni. Non solo, il documento differisce da quelli postati su Twitter: sia da quello che la Cgil indica come originale, sia da quello che sarebbe stato taroccato (che, come già scritto, sono identici), i quali probabilmente sono una sintesi rispetto all’originale.
Probabilmente accortisi della buccia di banana, lo stesso account del sindacato qualche ora più tardi ha pubblicato una nuovo foto. Questa volta più recente: si tratta della presa di posizione per il No al referendum, dell’8 settembre scorso. Sintetizzando, una presa di posizione che si esprime in modo favorevole rispetto agli obiettivi della riforma Renzi-Boschi ma non ne condivide le soluzioni concrete individuate. Legittimo, come è legittimo modificare la propria posizione nel corso di due anni: un lasso di tempo enorme in politica. Meno legittimo invece avanzare accuse gravissime senza alcun fondamento. Qualche social media manager avrà probabilmente passato un brutto quarto d’ora.