Il suo vice: "E' stato avvelenato"
L'ultimo caudillo
“Alle 4,25 della sera”, le 21,55 italiane, “è morto il comandante presidente Hugo Rafael Chávez Frías”, ha annunciato alle 23 italiane di martedì 5 marzo 2013 il vicepresidente venezuelano Nicolás Maduro. Dopo aver a lungo minimizzato e negato la situazione, ancora venerdì lo stesso Maduro aveva detto di “smetterla con le speculazioni” e sabato che “stava prendendo il suo tempo per recuperarsi”, dopo che domenica l’opposizione era scesa in piazza a chiedere “la verità su Chávez” il fatto che la situazione fosse alla fine lo si era capito nella mattinata di lunedì.
“Alle 4,25 della sera”, le 21,55 italiane, “è morto il comandante presidente Hugo Rafael Chávez Frías”, ha annunciato alle 23 italiane di martedì 5 marzo 2013 il vicepresidente venezuelano Nicolás Maduro. Dopo aver a lungo minimizzato e negato la situazione, ancora venerdì lo stesso Maduro aveva detto di “smetterla con le speculazioni” e sabato che “stava prendendo il suo tempo per recuperare”, dopo che domenica l’opposizione era scesa in piazza a chiedere “la verità su Chávez”. Nella mattinata di lunedì, però, il ministro della Comunicazione e Informazione Ernesto Villegas ha ammesso che “c’è un peggioramento della funzione respiratoria collegata con lo stato di immunodepressione del presidente. Attualmente presenta una nuova e severa infezione”. La notizia della morte era stata preceduta dall’improvvisa accusa che Chávez fosse stato “avvelenato come Arafat” da un complotto tra Stati Uniti e oppositori, con tanto di richiesta di un’indagine internazionale e espulsione di due funzionari dell’ambasciata statunitense.
E' così di fatto già iniziata la campagna elettorale per il voto che si dovrà ora fare entro trenta giorni, e la mossa serve evidentemente a prevenire le accuse dell’opposizione di aver occultato la verità al popolo e aver forzato la Costituzione pur di far assumere le funzioni a un moribondo. Ma sia l’Amministrazione Obama che il leader della stessa opposizione Henrique Capriles Radonski hanno risposto manifestando il loro cordoglio, e Capriles ha anzi chiamato all’unità nazionale. Ma prima di tirare fuori la storia dell’avvelenamento Maduro aveva raccontato un'altra versione, forse nel tentativo di costruire una nuova leggenda alla Evita Perón: Chávez si è ucciso trascurando la propria salute pur di dedicare tutto sé stesso al popolo.
Il Cid Campeador nella sua ultima battaglia fece lanciare contro i Mori il suo cadavere legato al cavallo. Anche Hugo Rafael Chávez Frías Chávez, l’ultimo caudillo, ormai condannato da un male incurabile, ha vinto la sua ultima campagna elettorale pompandosi di medicine per mostrare che era guarito. Salvo poi non riuscire mai a fare il giuramento. Ma assieme alla tradizione arcaica del caudillo, capo militare e civile a un tempo che in qualche modo si riallaccia ai capipopolo dell’antica Roma, Chávez è stato anche colui che ha lanciato al capitalismo mondiale il guanto di sfida del socialismo del XXI secolo: un tentativo di riaggiornare il socialismo dopo la caduta dell’Unione Sovietica, che in parte teneva conto del movimento no global, in parte saccheggiava un marxismo popolare imbevuto di Teologia della Liberazione, in parte tornava a un giacobinismo ottocentesco mediato dal mito di Simón Bolívar, e in parte era influenzato anche dal fascismo attraverso il richiamo a Perón, altro caudillo a un tempo golpista e autoritario ma sempre vincitore alle urne. Uno straordinario eclettismo ideologico che richiamava d’altronde l’eclettismo geopolitico del mettersi al centro di una complessa ragnatela tra governi di sinistra latino-americani sia moderati che radicali, ultimi residui comunisti, potenze emergenti e regimi dell’Asse del Male: il tutto sostanzialmente reso possibile solo da una straordinaria ricchezza petrolifera, spesa senza risparmio e senza preoccupazione del futuro per lubrificare il consenso interno e esterno.
Un figlio del Venezuela profondo: nato il 28 luglio 1954 a Sabaneta di Barinas, un villaggio di un migliaio di abitanti nel cuore dei Llanos, immensa prateria che è un po’ il Far West venezuelano. La retorica di regime racconterà poi di un’infanzia umile, ma in effetti suo padre era un notabile: maestro di scuola e dirigente del partito democristiano Copei arrivato addirittura all’equivalente di un assessorato regionale dell’Educazione. Da parte di madre Hugo era invece discendente da Pedro Pérez Delgado “Maisanta”: celebre bandito di strada di inizio ‘900. La vita di questo futuro campione dell’anti-americanismo fu segnata da uno sport tipicamente americano come il baseball. Giocando a baseball da ragazzino conobbe infatti i due figli di un vecchio militante comunista, che lo catechizzò al marxismo. E pure col sogno di diventare campione di baseball entrò all’Accademia militare, finendo ufficiale di professione. Nel contempo militò nell’estrema sinistra, e la notte tra il 3 e il 4 febbraio del 1992 tentò un colpo di Stato. Mentre i suoi quattro compagni d’avventura riuscirono tutti nel loro compito, lui prima si fece sfuggire il presidente e poi si arrese, accettando di andare in tv a chiedere ai camerati di deporre le armi. Quel discorso bucò lo schermo e ne fece un divo.
Amnistiato, si buttò in politica, venendo eletto presidente il 6 dicembre 1998 con il 56,20 per cento dei voti. A colpi di referendum e votazioni entro fine ’99 aveva fatto approvare una nuova Costituzione che definiva il Venezuela una “Repubblica Bolivariana”. Per sostenere la sua popolarità iniziò allora vari programmi di assistenza ai poveri, subito rivelatisi un gigantesco apparato clientelare. Un altro suo strumento furono le interminabili comparsate in tv. A rafforzarlo furono i tre duri bracci di ferro con cui tra 2002 e 2004 sconfisse l’opposizione che cercava di rovesciarlo: prima in piazza; poi con uno sciopero generale; infine con un referendum. Impostosi all’attenzione mondiale, divenne l'idolo di un’opinione pubblica di sinistra radicale da tempo orfana di riferimenti, e aiutò altri leader radicali a diventare presidenti, fino a far parlare di “ondata a sinistra latino-americana”. Proprio mentre questa ondata a sinistra si accompagnava anche a un boom economico, però, il Venezuela arrancava, evidenziando i limiti di un modello economico che soffocava l’imprenditoria pur di non dare spazio all’opposizione. Sconfitto infine a un referendum di revisione costituzionale per potersi ricandidare presidente senza limiti, la sua coalizione subì rovesci alle amministrative e alle politiche. Ma lui vinse un altro referendum, tolse poteri e fondi a sindaci e governatori di opposizione, cambiò la legge elettorale per mantenere la maggioranza all’Assemblea Nazionale. Tornò a vincere per l'ultima volta. Il cancro si è rivelato più forte di lui.
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