La bambolina e il vertice farsa. Gentilmente chiamate i carabinieri
In un paese serio sarebbe già in campo un'iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario come quello di Grillo. I giornali, nel frattempo, cazzeggiano
L’informazione italiana è andata per anni ormai appresso al vaffanculo di Gribbels, ha registrato senza troppe emozioni l’affermazione di un antipartito fuorilegge che impone penali per contratto al principio costituzionale della libertà di mandato, ha scortato in video e in pagina e on line (non dimentico mai i sottili guasti della badessa Lucia Annunziata) vecchi marpioni come Rodotà-tà-tà e nuovi furbetti come Di Battista-ta-ta e Di Maio-yo-yo, e ora se la cava con quattro fesserie sul garantismo o sui tecnici alla Marra che “Travaglio poteva-non-sapere” e che “ci vorrebbe il napalm sui palazzi per estirpare questa genia estranea alla purezza degli onesti”.
Sono buffoni, ma non viene nemmeno più da ridere. Sono un veterano delle campagne contro i moralizzatori moralizzati, contro quelli che gabbano il popolo bue con il mito nazista della trasparenza razziale antipolitica, fanno pasticci indecenti con le leggi e la Costituzione, poi alimentano i forconi e i loro arresti squadristici, infine si ritrovano in manette o estromessi dalla politica con poca dignità e misteriosamente perché qualcosa di sordido pare non quadri (un Marra braccio destro di una Raggi, un Di Pietro braccio violento della legge e infiniti altri datori di lezioni finiti dietro la lavagna della corruttela). L’anno prossimo fanno vent’anni dalla campagna del Mugello contro il pm della Mercedes e dei cento milioni cash in scatola da scarpe che ha fatto la rivoluzione di mani Pulite, dico di Mani Pulite, e poi come faranno mille altri dopo di lui si è messo in politica con il sostegno corale di D’Alema Prodi Veltroni a fare controllo di legalità tra gli applausi dementi della folla e delle tricoteuses del giornalismo italiano corrivo. Un veterano ormai perfino rauco, che non ha più voglia nemmeno di parlarne, figuriamoci l’impressione del caso Marra-Raggi, l’eterno ritorno dell’identico.
Che c’entra il garantismo? A parte che gli assegni circolari sono assegni circolari, il costruttore Scarpellini è Scarpellini, anche un deficiente dovrebbe capire che la questione saliente non sta lì, dove si farà un processo più serio della fantasmagoria di Mafia Capitale e si vedrà, ma nella bambolina imbambolata fatta sindaco di Roma a furor di popolo bue, spinta avanti, ché a lui gli viene da ridere, dal comico goebbelsiano che vuole distruggere e ha già mezzo distrutta la democrazia italiana a colpi di insulti, minacce squadriste e in alleanza con una società commerciale che in nome di Rousseau pretende cose che solo gli estortori pretendono dagli eletti del popolo, la penale. In un paese serio sarebbe già in campo da mesi un’iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario e fuorilegge che mette una rete opacamente controllata da affaristi al servizio di un progetto politico di eversione delle isituzioni, da aprire come scatole di tonno.
Invece ho visto un compassato e mesto Enrico Mentana che, data la stessa misura alla storiella di Sala e alla fosca vicenda del Campidoglio, nella scaletta furbetta del suo Tg, cazzeggia sulla comparsata del disturbatore Paolini mentre sta fingendo di raccontare il vertice dei 5 stelle nella camera di un albergo di passo occupato da Gribbels e invaso da questuanti vari del nuovo potere, finti leader, amici e nemici di una sindaca che non è compos sui, e che non vuole o non può, forse non può, riconoscere il Marra che è vicino a lei e dietro di lei, “uno dei ventitremila dipendenti comunali di Roma”. Il veterano si sente preso per i fondelli, ovvio, e si domanda: un vertice? Va bene che l’avventura di Berlusconi e un po’ mia è cominciata da quelli che Mentana, passeggiando nel parco di Arcore, derideva con humour “I protocolli dei Savi di Arcore”, va bene che la seconda Repubblica ha dell’informale, e che oggi la Trump Tower decide della Casa Bianca tra marmi pacchiani e ori luccicanti, ma qui si tratta dell’albergo qualunque, del comico che viene a fare il turista politico da Genova di quando in quando, qui è una farsa tragica senza capo né coda, non c’è neanche il tentativo di dare una forma accettabile, decorosa, a un processo politico sedicente rivoluzionario. Un vertice? Una riunione privata fuori controllo, un via vai di non si sa chi, un tentativo primitivo e selvaggio di imporre come classe dirigente la solita accozzaglia di frustrati e portavoce della frustrazione sociale diffusa. Invece di seguire passo passo, deliziata, lo sfarinarsi della democrazia in Italia, una informazione che si voglia libera e responsabile dovrebbe sostituire la critica, l’analisi, la denuncia alla sociologia della crisi dappoco alla quale si è rassegnata, non senza voluttà, dando il calcio d’avvio telegenico alle campagne grilline più sconcertanti. I carabinieri che finora non hanno potuto o voluto denunciare per tentato sequestro di persona i forconi di Osvaldo Napoli, e si sono limitati a interpellarli con un genile “chi è lei?”, dovrebbero entrare in quell’albergo e chiedere ai mandanti dello sfascio italiano risibile, grottesco, magari gentilmente: “ma chi è lei?”.