“Vogliono liberarsi di Renzi, lo dicano. Sennò hanno la faccia come…”. Parla Giachetti
Il deputato renziano insiste su Speranza, Bersani, D’Alema&Co. “Il Pd non è più un partito se ciascuno fa come gli pare”
Roma. Poiché ha detto a Roberto Speranza e agli altri “compagni” della minoranza del Pd che “avete la faccia come il culo”, da qualche giorno Roberto Giachetti, deputato, renziano, vicepresidente della Camera e già candidato sindaco di Roma, è diventato lo scorrettissimo eroe del parlar chiaro, o del parlar sporco, in un partito in cui i coltelli veri e metaforici scintillano nell’ombra. Domenica scorsa il suo intervento di appena cinque minuti è precipitato sul morbido – lui dice “sull’ipocrita” – dell’assemblea del Pd e si è infranto sulla platea, tra fischi e applausi, con la forza di un fenomeno atmosferico, con l’ineluttabile potenza di un fulmine o di un temporale. “Vengo dal partito radicale”, dice Giachetti, che giura di aver simpatia personale per Speranza (vi siete sentiti? “Ancora no”), ed è proprio per questo – spiega – “che forse non mi sono trattenuto. Sono cresciuto tra i Radicali e lì, com’è noto, non si dissimulava niente. Le cose ce le dicevamo in faccia. Con limpidezza. Anche ruvida. Eccessiva. Per me il parlare chiaro è anche una forma di rispetto, persino etico, se mi è consentito di tirar fuori una parola così densa. Dunque forse mi è scappata la frizione, domenica. Va bene. Forse ho usato un’espressione volgare, anche se non più volgare dei riferimenti al ‘ducetto di Rignano’ che da più di un anno vengono scagliati dalla minoranza contro Renzi o alla ‘puzza delle riforme’ di cui parla Massimo D’Alema. Va bene. L’ho detta forte. Ma ho anche detto quello che pensavo, e quello che pensano e sentono in tanti, in giro per l’Italia, non solo a Roma. Ho violato le regole dell’ipocrisia, ma il problema che ho posto rimane piantato come un chiodo nell’anima di questo Pd: è immaginabile l’esistenza di una comunità politica nella quale c’è qualcuno che, poiché è in minoranza, rifiuta sistematicamente le decisioni prese nelle sedi democratiche del partito e stabilisce di avere il diritto divino di fare quello che vuole?”.
E Giachetti si riferisce alle riforme, alla campagna per il No al referendum, all’opposizione al Jobs Act, “e anche al fatto incredibile, inaudito, che la minoranza abbia dichiarato di voler sostenere il governo Gentiloni valutando provvedimento per provvedimento. Fanno come se il loro fosse un appoggio esterno. Ma che partito è questo? Abbiamo stabilito che non c’è più il partito, evidentemente. Esistono solo una serie di club dove ognuno fa quello che vuole. E come teniamo insieme la baracca? Come lo spieghiamo? Come facciamo a sostenere, magari in provincia, che ci voglia un senso di appartenenza quando da noi, a livello nazionale, centrale, facciamo finta di niente? Mi dispiace che la parola volgare che ho usato abbia oscurato tutto il resto. Ma non ce la faccio a essere ipocrita: davvero il mio ‘faccia di culo’ è più grave degli abbracci e dei brindisi cui si sono abbandonati D’Alema e Speranza per festeggiare la vittoria del No? Cos’è più grave nei confronti dei nostri elettori e dei militanti che hanno votato Sì?”.
E allora forse la minoranza farebbe bene ad andarsene, a lasciare il Pd. “Io non voglio cacciare nessuno. Ma qualcuno deve rispondere alla mia domanda: come lo teniamo insieme un partito fatto in questo modo?”. “Nessuno butta fuori nessuno”, dice Giachetti. “Ma mi devono dire che ci stanno a fare in un partito che bombardano con argomenti più pesanti di quelli di Salvini, di Grillo e di Brunetta messi insieme”. Va bene, ma la democrazia, persino dentro a un partito, è anche fatta di queste cose: dissenso, contrasti, opinioni espresse a contrario. “Ma a loro del merito delle questioni non gliene importa niente. E’ così chiaro. Le regole democratiche per loro vanno bene solo se il timone della ditta lo tengono loro. Se le tiene un altro non esiste la comunità e non c’è il processo democratico. Sento che Speranza dice: ‘Vorrei sapere se c’è ancora spazio in questo partito per la minoranza?’. Ma se la minoranza ha organizzato una campagna contro il referendum su cui la direzione e gli organi del partito, i gruppi, l’assemblea, hanno deliberato decine di volte! Che altro spazio vogliono avere? Vogliono il timone della barca! Questo vogliono. Per loro il problema non è l’uomo solo al comando, ma ‘quell’uomo’ al comando”. Cioè Matteo Renzi. “Io segnalo che in direzione e in assemblea non sento interventi di Bersani da forse un paio d’anni. Non partecipano. Normalmente vengono in direzione, ogni tanto parlano, poi però prendono cappello, se ne vanno e non votano. Domenica mi pare fosse intervenuto Guglielmo Epifani in rappresentanza di tutti loro. La verità è che loro il dibattito lo fanno fuori dal partito, non dentro. Sui giornali. In tivù. Nelle interviste… Adesso possiamo continuare a fischiettare e dire volemose bene. Ma non funziona. Non lo so se funziona, non mi pare. Io voglio sapere – e me lo devono dire loro – come si tiene in piedi una comunità dove chi non è d’accordo fa come gli pare? Come possiamo andare avanti se si comportano come un partito che dà l’appoggio esterno al governo espressione del partito cui loro almeno formalmente appartengono?”.
Bersani dice spesso una cosa, cioè che grazie a lui il Pd ha interpretato anche il pensiero e gli umori di migliaia di elettori di sinistra che non si riconoscevano nel Sì al referendum. “Dovreste farvi un giro nelle città, tra la gente del Pd per avere l’idea di quello che i nostri elettori pensano di loro. Fatevi una passeggiata sulla mia pagina Facebook, dove ho fatto un post pubblicando il mio intervento in assemblea, e guardate i commenti. Io durante la campagna elettorale ho girato, se loro non avessero già fatto serenamente un partito nel corpo vivo del nostro partito, forse si renderebbero conto di qual è il clima nei loro confronti. Stanno agendo contro le scelte che sono state prese democraticamente dal Pd. Io mi chiedo, anzi, chiedo a loro: che cosa volete? Renzi se n’è andato! E ora, ancora, anche con Gentiloni, dite che deciderete di volta in volta?”. Speranza ha deciso di candidarsi alla segreteria. Contro Renzi. “Ed è abbastanza singolare il modo in cui lo ha annunciato. Si dice che io ho insultato un compagno di partito. Ma uno può moderare lo scontro tra Davide e Golia, che è l’immagine usata da Speranza? Ma che immagine è?”.
E’ l’immagine di un uomo che combatte contro un gigante, significa che è una battaglia coraggiosa contro un avversario evidentemente più forte. “Ma no. Fa il paio col ducetto di Rignano. Ti segnalo che il gigante contro Davide, Golia, non è una figura carina e per bene: è il nemico mostruoso. E tu il nemico ce l’hai dentro il partito? Ma che cavolo di metafora è? E poi mi fischiano perché dico che hanno la faccia come il culo?”. No basta, non lo dire più. Dai. “Ma io non ce la faccio più. Quando ho sentito che Speranza diceva, testualmente, che il Mattarellum è la loro proposta di riforma elettorale mi si è annebbiata la vista. E’ da più di un anno che sulla legge elettorale hanno un atteggiamento assolutamente scorretto. L’Italicum è stato cambiato sei volte, su richiesta della minoranza: le preferenze, le soglie, l’articolo che inseriva il vaglio preventivo della Consulta… L’ultima volta sono intervenuti sul ballottaggio, e poiché stavamo arrivando a un accordo, hanno sconfessato il loro inviato, cioè Gianni Cuperlo. E’ evidente che il merito in questa faccenda non esiste. Esiste solo l’obiettivo di disarcionare Renzi. E’ tutto un gioco ai miei occhi molto scoperto. Ma lo facessero apertamente, lo dicano che il problema è Renzi. Io non provo nessun odio, né rancore personale. Anzi, l’ho già detto, Speranza mi sta pure simpatico. Però, al netto della parola ‘culo’ riferita alla loro faccia, penso che la politica debba riguadagnare la schiettezza dei rapporti e rispondere apertamente delle scelte che si prendono”.
E infatti Speranza si candida alla segreteria. “Ma si candida per fare cosa? Per vincere non mi pare. Si candida per sfasciare? C’è un fatto che loro negano, ed è anche il motivo per il quale sono costretti a una battaglia ipocrita e tutta obliqua, opaca: loro non sono il Pd. Il Pd sono quei due milioni di cittadini che hanno eletto Renzi segretario”. Ma se gli dici che hanno la faccia come il culo non aiuti. “Il continuo tentativo di ricomporre le differenze descrive una fotografia che è diversa dalla realtà. Qua nessuno vuole ricomporre nulla. Altrimenti gli atteggiamenti sarebbero diversi. La realtà si manifesta nei comportamenti, e i loro comportamenti sono puntualmente diversi da quelli che descrivono a parole”. E quindi? “E quindi mi sono scocciato. Mi sono scocciato degli eufemismi e dei calci scambiati sotto il tavolo. Qualcuno lo doveva pur dire”.