Beppe Grillo (foto LaPresse)

J'accuse contro la truffa grillina

Claudio Cerasa

“Non è un problema costituzionale, è un problema di eversione”. Il 5 stelle vìola la Costituzione? Dopo Berlusconi, anche Cassese (ex Consulta) sta con il Foglio e offre una soluzione politica per non buttare ancora la palla ai giudici

Sabino Cassese lo dice d’un fiato, dando il giusto peso a ciascuna parola. “Non è solo un problema costituzionale, è un problema di democrazia, e l’unica parola che oggi mi viene in mente per sintetizzare la questione, che riguarda il Movimento 5 stelle, è una: qui si parla di eversione, non solo di Costituzione”. A leggere le cronache di questi giorni si potrebbe pensare che il problema principale del Movimento 5 stelle oggi coincida esclusivamente con la negatività delle performance mostrata dagli allievi di Beppe Grillo una volta arrivati alla prova di governo. Da Roma a Gela passando per Quarto, Livorno, Civitavecchia e Parma non c’è una sola città in cui i grillini non siano rimasti intrappolati tra l’incudine della lotta e il martello dell’amministrazione e Dio solo sa cosa potrebbe significare per un movimento cresciuto sulla muffa della retorica giustizialista ritrovarsi a fare i conti con un avviso di garanzia ricevuto dal suo amministratore più importante: Virginia Raggi. Al contrario però di quello che si potrebbe credere il problema principale del 5 stelle non si trova tra i piccoli e grandi guai presenti nelle amministrazioni comunali ma si trova direttamente nel cuore del sistema grillino. Come abbiamo raccontato tre giorni fa su queste colonne il 13 gennaio il tribunale civile di Roma si esprimerà sulla legittimità e la legalità del “codice di comportamento per i candidati ed eletti del MoVimento 5 Stelle”.

 

Ma al di là di quella che sarà la decisione del tribunale di Roma, gli elementi sollevati dal ricorso presentato dall’avvocato Monello (gran cognome) sono diventati un tema di dibattito politico, sul quale si è espresso anche Silvio Berlusconi tre giorni fa durante il ricevimento al Quirinale: “Ho letto sul Foglio un articolo che sosteneva che il Movimento 5 Stelle è incostituzionale. L’ho trovato convincente, non hanno tutti i torti: nessun partito al mondo funziona in questo modo”. Il problema politico è evidente: può essere parte di un sistema democratico un movimento che non rispetta un principio costituzionale chiave come quello contenuto nell’articolo 67 (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) e che spaccia per democrazia diretta una democrazia diretta da una società privata (la Casaleggio Associati) non eletta da nessuno ed eterodiretta da un blog solo al comando (beppegrillo.it)? Detto in estrema sintesi: il movimento 5 stelle è o non è una truffa costituzionale? Ne abbiamo parlato con uno dei più importanti giuristi italiani, Sabino Cassese, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, ex ministro della Funzione pubblica, giudice costituzionale per nove anni dal 2005 al 2014. Anche in qualità di membro emerito della Consulta, il professor Cassese dice di condividere l’analisi del Foglio e la mette così, offrendo un ulteriore e utile elemento di riflessione.

 

“Quando dico che si parla di eversione e non solo di Costituzione intendo dire qualcosa di concreto che riguarda la natura giuridica e politica del Movimento 5 stelle. Qui i problemi sono due. Il primo è culturale. I nostri ordinamenti sono fondati su un principio chiave che riflette il senso della nostra Costituzione: le democrazie sono rappresentative, cioè indirette, e possono avere alcuni innesti di democrazia diretta. Il Movimento 5 stelle vuole rovesciare questo rapporto, che è previsto dalla Costituzione, e vuole mettere in primo piano la democrazia diretta e realizzare così un capovolgimento strutturale: avere la democrazia rappresentativa alle dipendenze della democrazia diretta. Questo può avere un grosso appeal per chi crede di vivere nell’Agorà di Atene e sogna di imporre una concezione rousseauiana del potere, che è l’opposto di ciò che prevede la nostra Carta Costituzionale, secondo la quale, articolo 1, la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, trasferendo cioè il potere a chi viene eletto alle elezioni. E per capire i rischi della deriva rousseauiana del potere è sufficiente vedere cosa sta succedendo in California, dove i referendum sono diventati preda delle lobby organizzate e dove il rovesciamento tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa sta indebolendo un grande sistema democratico”. Il secondo problema culturale del Movimento 5 stelle – che fotografa in modo ancora più evidente le ragioni per cui il partito grillino sarebbe eversivo – secondo Cassese riguarda la fusione all’interno della struttura di due elementi di carattere populistico: tutta la volontà al popolo, tutta la volontà alla rete.

 

“Ho studiato a lungo la natura giuridica del Movimento 5 stelle – prosegue Cassese, che al tema ha dedicato una parte del suo prossimo saggio in uscita a gennaio per Mondadori, “La democrazia e i suoi limiti” – Nel mondo grillino sono riscontrabili facilmente elementi di tipo cesaristico. Da una parte si afferma la necessità di dare tutto il potere al popolo, che è il contrario di quello che prevede la Costituzione, ma dall’altra parte si mette in dubbio anche la premessa affermando nero su bianco un altro principio contrario a quello che è lo spirito della Costituzione, ovvero che gli eletti del movimento rispondono non agli ordini degli elettori, ovvero del popolo, ma a quello di un deus ex machina che si chiama Capo Politico o Garante Politico: ovvero Grillo e Casaleggio. In entrambi i casi il modello del M5s rappresenta il contrario di quello che dovrebbe essere la democrazia mite, che è il modello previsto nella nostra Costituzione. Il concetto del recall, previsto esplicitamente nel contratto firmato da Virginia Raggi (e che prevede la possibilità che 500 iscritti al M5s, residenti nella provincia di Roma, possano far dimettere il sindaco per gravi inadempienze, ndr) è la spia del rovesciamento che ho provato a descrivervi: è l’imposizione della democrazia diretta in un sistema costruito sulla base di una democrazia rappresentativa”. L’ultimo elemento sul quale il professor Cassese invita a una riflessione critica riguarda un altro articolo della Costituzione che potrebbe essere stato violato dal Movimento 5 stelle: l’articolo 67, che prevede che ogni membro del Parlamento rappresenti la nazione ed eserciti le sue funzioni senza vincolo di mandato.

 

Continua Cassese: “Intorno a questo articolo c’è tutta la fragilità giuridica, eversiva, del movimento 5 stelle. Da un lato chi è incaricato di una funzione pubblica, come prevede la Costituzione, non ha un vincolo di mandato con i suoi elettori. Dall’altro lato i 5 stelle pensano invece che questo vincolo di mandato non debba essere con gli elettori ma debba essere con i suoi designatori: il Garante Politico e il Capo Politico, ovviamente non eletti. Quelle che abbiamo elencato sono questioni di dubbia costituzionalità e non mi sembra difficile che possa capitare che un qualche tribunale possa girare alla Corte un parere sulla legittimità costituzionale di questi punti. Può capitare, ma sinceramente spero che non accada. Spero piuttosto che la classe politica scelga di dotarsi degli anticorpi di cui ha bisogno senza delegare ai giudici ciò che dovrebbe fare il Parlamento”. Ragionamento conclusivo di Cassese: “Ai tempi dell’Assemblea Costituente, tutti erano d’accordo sul fatto che una volta approvata la Carta sarebbe stato necessario approvare una legge che disciplinasse i partiti. C’è persino un ampio volume in Parlamento che raccoglie tutti i disegni di legge, mai approvati, per regolamentare i partiti politici… Se ci fosse una legge sui partiti tutto sarebbe risolto. Servirebbero tre articoli. Articolo uno: un partito politico è un’associazione. Articolo due: un partito politico, in quanto associazione, si deve dare uno statuto; articolo tre lo statuto deve essere improntato a criteri di trasparenza e imparzialità. Basterebbe questo per non costringere sempre i giudici a fare la scelte che dovrebbe fare la politica. Chissà se qualcuno ci ascolterà…”.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.