L'edizione del 2014 del Concertone di Capodanno a Roma (foto LaPresse)

Il Capodanno a km zero culturale di Virginia Raggi a Roma

Marianna Rizzini

Chi è Luca Bergamo, passato dem e presente grillino, l'uomo che al Concertone preferisce i concertini

Roma. C’è un “com’era” Roma e un “com’è” Roma. E poi c’è Luca Bergamo, assessore alla Cultura e neovicesindaco della giunta Raggi che, in occasione del Capodanno (senza un concertone ma con molti concerti “diffusi” per 24 ore, spalmati su quattro ponti e dieci chilometri di Lungotevere), ha fatto capire con chiarezza l’idea-chiave che ispira le sue scelte, e non soltanto per San Silvestro: basta con i soliti modelli culturali di evento imponente, “diamo vita a nuova tradizione”, ha detto, spiegando di voler aiutare l’insorgere di nuove abitudini e il fiorire di un nuovo senso “di comunità” e addirittura – da assessore più che mai maieutico – la nascita di “nuove amicizie” durante le diciotto ore consecutive e parcellizzate di performance (“dj set, artisti di strada, letture, proiezioni”, si legge nel comunicato dell’evento).

 


Luca Bergamo con il sindaco di Roma Virginia Raggi (foto LaPresse) 


 

“Riconnettere” il Tevere alla città a cento anni “dalla costruzione degli argini”, è il corollario dell’iniziativa di “festa” prolungata (vigili permettendo). Ed è chiaro che il vicesindaco è liberissimo di riconnettere il Tevere e di riorganizzare il Capodanno in orario “dall’alba al tramonto” (ma del primo gennaio). Tuttavia, nel suo caso, il “basta” alla tradizione culturale può risultare curioso, ché è come se Bergamo dicesse anche un po’ basta a se stesso, o almeno al se stesso del periodo 1995-2008, anni in cui era figura centrale delle giunte rutellian-veltroniane, in qualità di demiurgo del festival “Enzimi”, manifestazione molto frequentata e sulla carta “off”, ma non senza risorse economiche (gentilmente e copiosamente offerte da Veltroni). Ma oggi Bergamo, a dispetto della sua storia e dei suoi rapporti con il Pd vecchio e nuovo, s’è fatto cultore e paladino del “no” a tutto ciò che a Roma, in campo culturale, rimanda agli anni dei sindaci ex Pci-Pds-Ds, e del “no” a una politica di “eventi” cittadini che ora Bergamo rifugge come fosse un Tomaso Montanari, il professore di sinistra-sinistra amato dai Cinque Stelle e dai settori indignati della Rete per via della sua avversione per la politica basata “sull’immagine”.

 

 

E il nuovo Bergamo che avanza sembra non combaciare del tutto con il vecchio Bergamo (non grillino, romano con studi al Mamiani e alla Sapienza, formazione lavorativa all’Olivetti, direttore dell’Agenzia Nazionale per i giovani per volere dell’allora Ministro per le politiche giovanili Giovanna Melandri). Un Bergamo che, sei mesi fa, era stato considerato, da alcuni speranzosi del Pd, una sorta di possibile cavallo di Troia della sinistra sconfitta a Roma: nominato assessore da Raggi, ma “diverso”; benvoluto dal M5s, ma pur sempre uomo di area dem. E ora questo schiaffo di Capodanno, con parole critiche sulle antiche edizioni del veglione di San Silvestro (“…la città non ha avuto alcun profilo internazionale per le precedenti iniziative per la notte di Capodanno”), e le parole spese da Bergamo con il Corriere della Sera in giugno (“…così com’è l’Estate romana tradisce la sua intenzione originale… negli ultimi anni è diventata uno strumento per operazioni più o meno commerciali…”), sembrano portare nella direzione di una nouvelle vague rigorosamente improntata al chilometro zero culturale (parole d’ordine “contagio democratico” e miglioramento della vita degli “eco-cittadini”). Qualche anno fa era andato a lavorare a Bruxelles, Bergamo, un po’ per “disgusto”, ha scritto, un po’ per “recuperare le forze”. E c’era chi, tra i dem, l’avrebbe voluto addirittura candidato sindaco (ma ora non si raccapezza davanti alla quasi inspiegabile svolta del Bergamo frugale da “decrescita felice”).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.