Tutti gli uomini (fidati) che sussurrano (ma che cosa, poi?) a Mattarella
“Politici” e “tecnici”. Zampetti, Grasso, Guerrini e Astori. Sinistra dc di lungo e di nuovo corso: Franceschini e Letta
Roma. “Mattarella è il costituzionalista di se stesso”. Alcuni, nel Pd, avevano inizialmente scambiato il garbo e i silenzi di Sergio Mattarella per un segnale di debolezza di cui approfittarsi. Ma negli ultimi mesi tutti, renziani compresi, hanno capito di avere a che fare con un presidente per nulla malleabile e autonomo in tutti i sensi, dalle convizioni solide – lo descrivono i suoi collaboratori – che non partecipa ai salotti, fa pochissimi pranzi e pochissime cene, e non si fa influenzare facilmente, neanche dai suoi (non molti) amici. Mattarella è autenticamente isolato. Questo non significa che il presidente non abbia collaboratori con cui confrontarsi, anzi. Ci sono due gruppi di persone che lavorano al Quirinale. Uno più tecnico, l’altro più politico. La differenza, essenziale, sta nell’uso del “lei” e del “tu” con cui il Capo dello stato si rivolge ai collaboratori. Mattarella dà del lei a tutti i consiglieri “tecnici”, a eccenzione del generale Rolando Mosca Moschini, consigliere per gli Affari del Consiglio supremo di difesa, con il quale si conoscono da tanti anni. Del gruppo più “politico”, quello con cui usa il “tu”, fanno parte le persone di cui Mattarella si fida di più e che regolarmente consulta per le sue decisioni. Con Ugo Zampetti, una vita nei Palazzi, allievo di Leopoldo Elia (uno dei pochi da cui Mattarella si farebbe influenzare, dicono i suoi), oggi segretario generale del Quirinale e prima segretario generale della Camera, hanno scritto insieme l’omonima legge elettorale che porta il nome di Mattarella. Il capo della segreteria è Simone Guerrini, ex dirigente di Finmeccanica.
Guerrini, amico d’infanzia di Enrico Letta e pisano come lui (i due sono molto amici e fu Guerrini, ex capo dei giovani della Dc, a scoprire politicamente Letta tanti anni fa) ha un rapporto molto stretto con Mattarella, essendone già stato il capo della segreteria ai tempi della vicepresidenza del Consiglio (dall’ottobre 1998 al dicembre 1999) e del ministero della Difesa (dal 1999 al 2001). C’è poi Daniele Cabras, consigliere parlamentare e direttore della segreteria generale, figlio di Paolo, ex parlamentare Dc di lungo corso. Gianfranco Astori, suo consigliere per l’informazione, lo conosce da sempre: 68 anni, politico di esperienza pluridecennale, centrale nell’architrave del mattarellismo, è stato sottosegretario negli ultimi governi Andreotti e ha fatto tre legislature nella Dc. Per anni è stato direttore dell’agenzia Asca; per conto di Mattarella si occupa anche degli aspetti giuridici dell’informazione. Il portavoce, di grande esperienza, è Giovanni Grasso, giornalista, viene dal Popolo ed è autore di un omonimo libro su Piersanti Mattarella, fratello del presidente, “da solo contro la mafia” (San Paolo Edizioni). A questo gruppo ristretto di collaboratori “politici” interni si aggiunge anche un esterno, Francesco Saverio Garofani, deputato del Pd franceschiniano, giornalista, molto ascoltato al Colle. Qualche volta partecipa anche lui alle riunioni convocate dal capo dello Stato ed è il suo trait-d’union con la Camera.
Nei meccanismi di consultazione non c’è un metodo prestabilito, non c’è una riunione settimanale fissata, il capo dello Stato parla i suoi collaboratori quando ha bisogno (di solito fa incontri a due o a tre su questioni specifiche), in “anarchia”. Mattarella non fa vita mondana. Preferisce soprattutto stare in famiglia, con i figli e i nipoti. Questo distacco lo aiuta nella caparbietà che i suoi collaboratori gli riconoscono nelle decisioni da prendere. Gli sono attribuite alcune sincere amicizie, una di queste è con Pierluigi Castagnetti. I due hanno un rapporto molto stretto, anche se nel 1999, ai tempi del congresso del Ppi, Mattarella sostenne Dario Franceschini, allora candidato, e non l’amico Castagnetti. Per questa consuetudine con Franceschini alcuni franceschiniani ancora vantano, nei confronti dei renziani, qualche primogenitura nei rapporti con il Colle (ed è motivo, fra gli stessi renziani, di qualche preoccupazione). C’è chi dice che fra i due ci sia lo stesso rapporto, anche se i riti del Pci sono diversi, che intercorre fra Giorgio Napolitano ed Emanuele Macaluso; ogni volta insomma che Castagnetti dice qualcosa, proprio come accadeva con le “note” di Macaluso, c’è chi pensa che stia parlando per conto di Mattarella, anche se non è sempre così (come quando mesi fa propose il rinvio del referendum a causa del terremoto di ottobre; in realtà parlava a titolo personale).
Tra le amicizie politiche c’è anche quella con Gianclaudio Bressa, già sottosegretario al ministero degli Affari regionali nel governo Renzi e poi confermato nell’esecutivo Gentiloni (quest’estate, una cena organizzata sulla terrazza di Bressa con tutta la corrente di Franceschini gettò nel panico i renziani). Tra gli amici c’è anche Nino Rizzo Nervo. Essere amico di Mattarella, però, significa frequentarsi poco. A differenza del suo predecessore, Giorgio Napolitano, che aveva una vita mondana molto intensa, Mattarella è caratterialmente refrattario alla convivialità e alle colazioni con i direttori di giornale. La linea è sempre stata quella della sobrietà e vale anche per i suoi consiglieri più fidati. Nessuno di loro, da Grasso ad Astori, vive negli appartamenti del Quirinale: la sera tornano a casa loro. Chi ha già la pensione, come Zampetti, non percepisce un euro in più. Sono gli uomini che sussurrano al presidente.