A Renzi conviene prendersi il tempo di rilanciare, mentre il governo lavora
L'ex presidente del Consiglio messo al riparo dalle urgenze del governo, può rimettersi in sintonia con le esigenze degli italiani e aggiornare priorità e visione del paese sulla base del messaggio che i popoli di tutte le democrazie stanno consegnando a chi li governa
L’esito del referendum del 4 dicembre non solo ha esaurito politicamente la legislatura, ma ha concluso, bruscamente, una fase politica. La legislatura, come noto, nacque nel 2013 con elezioni che consegnarono al paese un Parlamento di fatto ingovernabile, e trovò la sua ragion d’essere, consolidandosi piano piano, su un grande obiettivo, quello delle riforme istituzionali tanto agognate e perseguite nel trentennio precedente. Ci dicemmo allora, in quella convulsa fase di inizio legislatura, che non potevamo condannare al fallimento la nostra esperienza senza provare a trasformare quella crisi politica in una occasione, senza provare cioè a condividere con i nostri avversari, per lo stato di necessità che ci obbligava a sederci al tavolo insieme, le riforme e i nodi di sistema che la politica non era mai riuscita a sciogliere. Un obiettivo su cui nacque il governo Letta, e che prosegui con Matteo Renzi. Questi tre anni e mezzo di legislatura sono stati possibili perché quello è stato il traguardo al quale tendere. E oggi che il traguardo non è stato raggiunto, la legislatura è politicamente esaurita.
Ma queste considerazioni valgono anche, in qualche modo, per la segreteria e il governo Renzi. Il quale ha speso pressoché tutta intera la sua leadership del Partito democratico dentro una esperienza di governo assorbente e totalizzante, ma pur sempre condotta in una fase politica di emergenza, dopo essere giunto alla guida del paese senza un previo passaggio elettorale, in una condizione di difficoltà che lo ha costretto a una rincorsa continua, ricca di risultati positivi ma anche inevitabilmente affannosa. Questa fase politica si è conclusa, e la prossima si aprirà entro pochi mesi con le elezioni politiche generali che ci obbligheranno a strutturare una proposta politica solida, di lungo respiro, non dettata dall’emergenza, che faccia i conti con la condizione complicata della società italiana. Ma come gireremo la pagina, dipende dalle scelte che faremo oggi.
Non possiamo pensare di arrivare alle prossime elezioni come se fossimo ai supplementari di questa legislatura, come se dovessimo giocare la rivincita di una partita perduta all’andata. Non possiamo attardarci al rimpianto, non possiamo guardare indietro. Occorre essere consapevoli che ora si gioca la nostra capacità di visione del futuro di questo paese, che questo è il momento della costruzione, non più della rottamazione, è il momento dell’edificazione di un progetto per l’Italia dei prossimi dieci, quindici anni. Lo possiamo fare al riparo di un governo che tenterà di portare a termine, ordinatamente, la legislatura, che si occuperà di portare a compimento le tante cose avviate dal governo Renzi e che aspettano solo il loro completamento (penso alla riforma della giustizia, penso alle tante deleghe in gestazione, dal terzo settore alla povertà). E’ questa la vera sfida che riguarda anche il progetto politico e il futuro di Matteo Renzi, che io mi ostino a ritenere abbia le migliori idee per fare uscire l’Italia dal declino, sia l’unica figura oggi in grado di esercitare una leadership che restituisca dignità alla politica.
Renzi, messo finalmente al riparo dalle urgenze del governo, facendo un passo di lato, può rimettersi in sintonia con le esigenze profonde degli italiani, può aggiornare priorità e visione del paese sulla base del messaggio che i popoli di tutte le democrazie stanno consegnando a chi li governa: il messaggio di una società impaurita e incupita, di una società che è passata dai due terzi inclusi ai due terzi che si sentono esclusi e privi di speranza, e che reagiscono dando consenso a chi promette di ribaltare il sistema. Un progetto dunque da costruire con un percorso di ascolto, con un viaggio nei territori, con una riflessione vera e autentica, partecipata e plurale, che faccia tesoro anche degli errori e dei limiti che, come era inevitabile, il renzismo prima maniera si è trascinato. Primo fra tutti la scarsa collegialità, il mancato coinvolgimento delle tante competenze, capacità, e disponibilità che nei mondi di riferimento della cultura riformista sono presenti nel paese, e nel partito democratico. Se vogliamo che la novità rappresentata da Matteo Renzi, il Pd che è nato grazie a lui, non sia una parentesi effimera, occorre dare fondamenta più solide al progetto, avere uno sguardo più lungo, costruire un gruppo dirigente largo, inclusivo, e articolato.
Prendiamoci dunque il tempo che serve per costruire e ricostruire, senza tentennamenti e ritardi, ma anche senza una fretta malconsigliata. E nel frattempo aiutiamo questo governo di transizione a completare le riforme in attesa, a partire dalla legge elettorale. Senza ignorare che sistema proporzionale e sistema maggioritario sono come il giorno e la notte, e che pensare di inaugurare una nuova stagione senza una riflessione minimamente approfondita e condivisa sugli effetti, per il nostro sistema politico, della scelta dell’uno o dell’altro sistema, non sarebbe il miglior modo di ripartire.
Alfredo Bazoli, deputato del Partito democratico