Matteo Renzi (foto LaPresse)

Ragioni per augurarsi la scissione del Pd

Claudio Cerasa

Con il mercato o no? Non è più tempo per la sinistra parzialmente incinta

In un mondo che cambia a una velocità mai vista – con i populismi che si fanno strada, il lepenismo che avanza, il commercio internazionale minacciato dal nuovo protezionismo e i nazionalismi che si fanno spazio nel dibattito quotidiano coccolati da un’opinione pubblica che spaccia forme aggiornate di fascismo digitale per nuove e benefiche ondate anti sistemiche – dover mettere a tema la questione della “scissione del Partito democratico” è come occuparsi della comodità o meno di una poltrona di un aereo nel momento in cui il pilota segnala una grave avaria che potrebbe far precipitare tutti i passeggeri in mare. Ma siccome in Italia ci si sta occupando proprio della comodità di una poltrona (il congresso) mentre un aereo (l’occidente liberale) sta per precipitare bisogna tentare di dare un senso a questa storia, che al contrario di quello che direbbe Vasco Rossi un senso ce l’ha.

 

La scissione del Pd oggi viene spacciata per una mera questione procedurale (la data del congresso, non fateci ridere, per favore) ma in realtà nasconde un problema importante che riguarda l’identità stessa della sinistra italiana: da che parte della storia stare. Quando una parte del Pd sostiene che Renzi abbia tradito i valori tradizionali della gauche del nostro paese dice il vero. Il segretario dimissionario ha provato a inscrivere il Pd nel solco della tradizione liberale e ha cercato di muoversi sulla scacchiera della politica con un’idea precisa, seppur a volte non lineare: costruire un partito a vocazione maggioritaria puntando a raccogliere i voti degli elettori non solo progressisti attraverso il superamento di una serie di tabù che per decenni ha immobilizzato la nostra sinistra.

 

Ciò che si può rimproverare a Renzi, dunque, non è averci provato, ma non essere andato fino in fondo nel progetto di riforma radicale della gauche italiana e probabilmente gli elettori del Pd che rivoteranno Renzi alle prossime primarie lo faranno chiedendogli questo: rompere con forza i tabù che fanno dell’Italia uno dei paesi meno in salute d’Europa (occupandosi per esempio del perché il valore del pil per ore lavorate in Italia equivale a 41 euro mentre in Germania a 52 euro) ed evitare che la sinistra torni rapidamente al medioevo della politica.

 

La ragione per cui una scissione potrebbe esserci è che la sinistra del Pd (o almeno una parte) considera la trasformazione renziana non un’evoluzione naturale di un progetto, utile a creare un argine contro i populismi, ma un’apertura alle idee della destra. E per opporsi a questa “deriva” la tesi è la seguente: i populismi non si battono prendendo la tessera numero uno del partito dell’apertura e della produttività, ma si battono in un altro modo – cercando di non farsi rubare dagli stessi populisti gli argomenti di sinistra grazie ai quali hanno attirato sotto il loro mantello molti elettori progressisti. Ci si può girare attorno quanto si vuole ma oggi la sfida è questa: opporsi con tutte le forze al ritorno del protezionismo, del nazionalismo, del trumpismo, del populismo, oppure scegliere un campo diverso, non così differente da quello neoprotezionista, per tentare di conquistare qualche sindacalista e qualche grillino. I due progetti non sono compatibili, come è evidente, e se la scissione aiuterà il Pd del futuro a rompere le sue catene con il medio evo della sinistra, allora sì: forza scissione. Non è più tempo di sinistre parzialmente incinta.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.