Il day after della Grande Contesa Radicale, cercando le parole per dirlo
La querelle tra Radicali Italiani e Partito Radicale viene da lontano e con la morte di Marco Pannella ha fatto da spartiacque. Che succederà ora?
Roma. La quiete dopo la tempesta, ma anche prima della tempesta. La guerra che c’è, però ancora non c’è. Sia come sia, è difficile al momento trovare segni tangibili della Grande Contesa post-pannelliana nelle stanze di via di Torre Argentina, sede radicale storica, dopo i giorni in cui tutto si è detto e tutto si è letto, e cioè che “volano gli stracci” tra Partito Radicale e Radicali Italiani, che “Kramer contro Kramer”, film d’antan sui divorziati, in confronto è nulla, e che nulla potrà mai più essere come prima, da quando l’interminabile mail dal titolo “i mezzi prefigurano i fini”, inviata a ogni iscritto del Partito Radicale Transanazionale da Maurizio Turco, Rita Bernardini e da altri noti dirigenti, ha fatto sintetizzare la questione sui giornali in: “Emma Bonino, Riccardo Magi e Marco Cappato fuori dalla sede e dalla Radio” (fa fede la frase che emerge, a mo’ di bottiglia col messaggio, nel mare magnum di parole della mail suddetta: “ …È legittimo cambiare idea ma non si può pretendere di battere il partito utilizzando i denari e gli strumenti del partito…”).
Eppure il day after è tranquillo, senza ombra di scatolone da trasloco. “Radicalizzate i radicali”, aveva scritto su questo giornale Giuliano Ferrara, invitando i protagonisti a non spegnersi “nel tatto e nel buon gusto, nella riluttanza e nel decoro di una banale lite in famiglia…”. E fuori, sui social network, erano fiorite battute sull’aria da Comitato centrale che – nemesi crudele – si era messa a circolare proprio nel più libertario dei luoghi. Tutto langue, ma c’è la dead-line immobiliaristica indicata nella mail: mese di “marzo”, con “redistribuzione” degli “spazi disponibili”. Il che vuol dire un cambio di affittuario, vagamente surreale per i profani: “Turco affitta a Turco”, sintetizza un militante – ma il nome non ha nulla di personale, e anzi sta simbolicamente per il tutto, essendo Turco il rappresentante legale del Partito radicale trasnazionale e il presidente dell’associazione Lista Pannella, socia di maggioranza nella Torre Argentina Società di Servizi (proprietaria della sede radicale) nonché socia di maggioranza del centro di produzione di Radio Radicale.
La querelle viene da lontano, con la morte di Marco Pannella a fare da spartiacque e le elezioni amministrative, con Magi e Cappato candidati a Roma e Milano (e Bonino nume tutelare), a fare da piano di battaglia. Ma il casus belli, a volerlo trovare, si dipana nei mesi, tra un cambio statutario al Congresso di Rebibbia, l’iscrizione “a pacchetto” (ai vari soggetti radicali) che diventa impossibile e lo scambio di missive tra Radicali Italiani e Partito radicale, nelle persone di Michele Capano, tesoriere di Radicali Italiani, e Turco stesso: e quando Capano scrive per chiedere un incontro a Turco, Turco risponde prima invitando Capano, tra le altre cose, ad “ascoltare gli interventi degli ultimi due anni” del suo predecessore, per poi concludere che “non vi sono nemmeno le condizioni minime di dialogo…”.
E si capisce che oggi, nel day-after, dal lato dei quasi-sfrattati si cerchino le parole per dirlo. Ma per dire cosa? Un “basta” definitivo, un “basta” condizionato? A Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani, sembra che in questo modo si polverizzino “cinquant’anni di storia politica radicale, che è anche storia di un impiego fantasioso e proficuo di risorse, private e pubbliche, per scelta di Pannella”, e che ora invece tratti “come proprietà privata” qualcosa che è frutto di battaglie collettive”.
Che cosa faranno i Radicali italiani? “Lo spazio politico per gli obiettivi usciti dal nostro congresso c’è”, dice Magi. E dall’Associazione Luca Coscioni, il tesoriere Marco Cappato dice che ora non è questione di “fare o non fare il partitino che si presenta alle elezioni” e che “non è neanche detto” che tra esiliati si sia tutti d’accordo: “Lo scontro sarebbe ora vitale com’è sempre stato e “si vorrebbe appunto poter continuare a discutere e magari litigare secondo regole democratiche”. Ma se gli altri non vogliono, “certo non si possono obbligare le persone a lavorare insieme”, dice Cappato. “Prima ci si separa, meglio è per la politica radicale”, dice Marco Perduca, ex senatore radicale, per anni coordinatore delle attività del Pr all’Onu. Sottotraccia strisciano dubbi. Tipo: che cosa vuole fare Turco? Chiudere la baracca e fare davvero una Fondazione? O interagire con “La Marianna”, associazione di Giovanni Negri, che alcuni, in Torre Argentina, non vedevano da quando, dice un militante “Negri paragonava Pannella e Bonino al dittatore Bokassa”?