Per raccontare i deliri di governo di Raggi, e del partito delle scie chimiche, bastano i fatti
Sapere se Marra era o no un uomo di Di Maio utilizzando le chat di Whatsapp non aggiunge niente a quello che già sappiamo
In un paese normale, lo sappiamo, le conversazioni private di un cittadino non indagato – non sottoposto a un processo – non dovrebbero finire in un fascicolo giudiziario e non dovrebbero essere pubblicate sulle pagine dei giornali per il semplice fatto che i magistrati dovrebbero occuparsi del codice penale e non del codice morale e che una conversazione privata priva di rilievo penale resta solo una conversazione privata.
Se questo succede, e se nessuno dice nulla, lo si deve anche alla presenza sulla scena pubblica di orrendi manettari da quattro soldi come Luigi Di Maio, che da anni campano sullo sputtanamento degli avversari via pizzino giudiziario con la complicità penosa dei professionisti del fango quotidiano, oggi miracolosamente folgorati sulla via del garantismo solo per difendere i loro eroi manettari finiti nei pasticci anche grazie alla gogna giustizialista alimentata da loro stessi.
Quella che segue però non è una lezioncina di garantismo, ma un appunto finalizzato a ricordare una cosa che dovrebbe essere ovvia, e invece non lo è: per misurare il disastro del grillismo di governo non serve perdersi nei dettagli del moralismo e nelle spuntature delle chat di Whatsapp, ma è sufficiente osservare l’esperienza del Movimento 5 stelle a Roma come se fosse un acquario dentro il quale guardare in trasparenza le traiettorie senza senso dei pesciolini grillini.
Sapere se Marra era o no un uomo di Di Maio utilizzando le chat dei quattro amici al bar non aggiunge niente a quello che già sappiamo sul conto di Virginia Raggi, e ci porta anzi a dimenticare ciò che è invece essenziale mettere a fuoco quando si parla del vuoto assoluto mostrato dai grillini a Roma. Per esempio, l’autoritarismo mascherato da democrazia diretta. Per esempio, l’incostituzionalità di un movimento che finge di difendere la Costituzione nel momento stesso in cui la oltraggia. Per esempio, la truffa di un movimento che finge di essere portavoce del popolo ma che mostra ogni giorno di essere il mero esecutore degli interessi politici (solo politici?) di un blog solo al comando e di una misteriosa azienda privata. Per esempio, la trasformazione dell’immobilismo in una virtù all’interno della quale la politica del No viene spacciata come il più grande esempio di riformismo possibile. Per esempio, la politica del moralismo che si sostituisce alla politica dell’efficienza e della concorrenza, e che fa sì che in otto mesi di governo Raggi l’unica rivoluzione attuata dal pesciolino grillino sia stata quella di occupare i vertici delle aziende municipalizzate, aumentare gli stipendi ai dirigenti, ridurre gli orari di lavoro ai dipendenti (a Roma i dipendenti dell’Atac sono arrivati a lavorare 736 ore l’anno, contro le 1.100 dei lavoratori della metropolitana di Milano).
Basterebbe questo, se non fosse che in realtà le peripezie degli ultimi giorni, compresa la sceneggiata del caso Berdini, ci svelano cosa succede quando un partito anti politico arriva al potere. Succede che il vuoto politico, degnamente rappresentato da Virginia Raggi, tende sempre a essere scortato da nani, da ballerine, da dilettanti, da stregoni, da magistrati, da affaristi di terza categoria e da fanatismi di ogni genere. Voltaire diceva che il fanatismo sta alla superstizione come il delirio alla febbre. Con il partito delle scie chimiche arrivato a governare la capitale d’Italia, non serve usare le chat di Whatsapp per mostrare il delirio: basta solo raccontare i fatti, senza post verità.