Quel Pd alla ricerca dei popoli perduti
Bersani e la minoranza meditino su questo: non basta dire che la linea politica seguita per tre anni da Renzi è sbagliata, occorre anche dire quale potrebbe essere un’altra politica. Il Pagellone di Lanfranco Pace alla settimana politica
Se non ora quando? Se non è oggi magari sarà domani. Forse dopo domani, tra un mese o tra tre: ma il fatto accadrà, l’evento si produrrà. Il clima putrido, il comportamento piagnucoloso e infantile si contrappongono su cose pretestuose che non hanno senso comune.
Tuttavia chiunque ha militato nella sinistra e ha avuto in sorte di vivere una scissione, non importa se grande o piccola, di lasciare un nobile destriero o una pulce, sa che motivazioni e volontà sono irrilevanti, al di là di una certa soglia il processo si auto-alimenta: i toni montano verso l’assoluto, si smarriscono ragione e sentimento, si va a cena a piccoli gruppi e si sosta nei corridoi per darsi la carica e rinfocolare: l’impulso alla maldicenza è imperioso.
L’odio è come l’amore, è a pelle, non ha spiegazione razionale. Negli anni Ottanta ho seguito per qualche anno la politica francese e in particolare il partito socialista: scoprii un odio, tanto viscerale quanto incomprensibile, tra Lionel Jospin e Laurent Fabius, si facevano sgarberie pazzesche, tipo lasciarsi a piedi di notte sull’autostrada, e la stessa idiosincrasia colpiva tutti i loro seguaci. Il mio direttore si chiese e mi chiese pourquoi autant de haine?, domanda di buon senso e senza risposta che divenne il titolo della lunga inchiesta.
Non era un contenzioso politico però il loro, alla politica, per statura personale e preminenza assoluta della carica, vegliava solitario il monarca, François Mitterrand.
Nel Pd invece oltre l’antropologia, oltre evidenti problemi psicanalitici, c’è anche la politica. Quella bassa: i posti, i seggi a disposizione, il potere. E quella che ambisce a essere alta: recuperare i buoi usciti dalla stalla, ovvero ritrovare i popoli smarriti.
C’E’ POPOLO E POPOLO
Bisogna prenderli alla lettera, i Bersani, gli Speranza, gli Emiliano. E l’Enrico Rossi governatore toscano che si riprometteva di contendere a Renzi la guida del partito in nome della Rivoluzione socialista che detta così sembra un arnese d’altro secolo eppure ha un’impronta millennial, trova consenso anche fra i giovani in linea con Benoit Hamon in Francia, Bernie Sanders in America o Jeremy Corbyn in Gran Bretagna.
La scissione c’è già stata, dicono, infatti abbiamo perso una parte del nostro popolo. Perché il Pd ha fatto una pessima politica: su lavoro, scuola, fisco, povertà, diseguaglianze ecc.
Ora anche per via del grande abuso che se ne fa, il popolo è un termine vago: popolo giallorosso o biancoceleste, bianco nero o delle partite Iva, rosso nero o dei risparmiatori. Occorre dunque specificare a quali popoli ci si riferisce. Dissidenti?
Fra gli insegnanti ex precari assunti in ruolo, i single che potrebbero trasferirsi senza eccessive difficoltà a insegnare dove ci sono gli studenti e i coniugati con tanto di famiglia e prole appartengono a popoli diversi, quanto meno con bisogni contraddittori, divergenti.
Speranza dice di aver trovato in una visita ai cantieri navali di Monfalcone operai che non votano più per il Pd: nel 1994 il cuore della rude razza pagana, il collegio della Fiat di Mirafiori, elesse suo deputato uno psichiatra estratto dal cilindro berlusconiano e da allora si contano a migliaia gli operai e i proletari che hanno votato a destra, la Lega o Grillo. E Speranza si pone il problema oggi andando in tour a Monfalcone?
Non basta dire che la linea politica seguita per tre anni da Renzi è sbagliata: occorre anche dire quale potrebbe essere un’altra politica.
LA SINDROME DI STENDHAL
Il congresso di Sinistra italiana è capitato come il cacio sui maccheroni democratici per ricordare la sorte non proprio mirabolante dei nostalgici del rosso fisso. I dissidenti del Pd sono d’accordo con gli anpini che a Genova si sono mobilitati contro uno stupido congresso europeo di sciamannati neo fascisti? Se sì lo dicano, se no, facciano opera di sana pedagogia, perché scene simili non si possono più vedere. Come non si possono più vedere studenti che protestano contro i tornelli e i controlli di identità per accedere a una biblioteca universitaria. Con chi stanno i Vendola, gli Speranza, gli Emiliano? Con gli studenti che difendono il libero accesso o con la studentessa che ha denunciato la brutta piega presa dalla libertà eccessiva?
E dove mettiamo i lavoratori da cui vuole ripartire Landini? Ha ragione lui o Marchionne che alla Fiom e al paese ha dato la dimostrazione di come si possono fare le cose bene nel nome anche dell’interesse generale?
Non è più tempo d’ambiguità, nella scelta è il senso del movimento, se andare avanti o indietro.
E’ ragionevole tornare all’inizio del decennio scorso quando lo stesso D’Alema provò a sfidare la Cgil sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma dovette fare marcia indietro di fronte a quattro milioni di manifestanti riuniti al Circo Massimo: è questo il popolo che i dissidenti intendono recuperare? O quello che vuole fare il referendum contro i voucher che riguardano sì e no il 5 per cento della massa salariale italiana? E’ tempo di dire sì alla Cgil o pungolarla perché esca dal torpore opaco, guarisca dalla sclerosi che ne fa un’istituzione di retroguardia e assolutamente inutile ai lavoratori stessi? Rifletta Bersani, se vuole essere qualcosa di più del grande riformatore delle para-farmacie.
Sennò non solo non recupererà gli elettori che hanno abbandonato il Pd ma li sentirà cantare in solido e in collettivo la canzone di Alberto Sordi (10 e tanta lode e infinita nostalgia) ma “te c’hanno mai mannato a quel paese”?
AI CAMPI MA SENZA FALCE
Nasce un nuovo soggetto: Campo progressista ovvero Pisapia, Boldrini, al loro fianco Gad Lerner che un po’ modera, un po’ ispira un po’ suggerisce. Hanno detto che hanno l’ intenzione di fare fronte con il Pd di Renzi ma non si sa mai, il mondo di sinistra è per tradizione ondivago e volatile. D’Alema dice che l’appeal elettorale dei due tronconi del Pd è maggiore se si separano che se restano uniti. Eppure i sondaggi e la storia della sinistra dicono altro, che ogni volta che si è divisa, ha pagato un prezzo, fin dai tempi di Nenni e Saragat.
MENO MALE CHE SILVIO STA SEMPRE LI’
La destra è consustanziale al potere, è nata prima della sinistra e può vivere anche senza affannose ricerche di idee nuove o particolarmente brillanti. Così Berlusconi riunisce a casa sua i parlamentari di Forza Italia, invito rivolto principalmente a deputate e senatrici, e detta la linea del momento: legge elettorale proporzionale, reddito di cittadinanza, robusti aiuti alle mamme e agli anziani. Mancava giusto la flat tax ad aliquota unica per tagliare l’erba sotto i piedi di Salvini. L’intendenza seguirà. Le finanze pubbliche meno.
LA SINDACA E L’ASSESSORE
Non riesco più a vedere le immagini della Raggi senza pensare a un ologramma, a qualcosa di evanescente che c’è ma potrebbe anche non esserci: è il soprannome che le hanno dato in Campidoglio, l’ho appreso da un bel pezzo sul Foglio di questo weekend. Voto 9 dunque al suo autore Salvatore Merlo ma 10 al romano anonimo e raffinato che l’ha coniato.
Ma figure peggiori delle sue (voto 4) che tutto sommato è donna giovane e (relativamente) sola le ha fatto Paolo Berdini, che invece ha una certa età, fa politica da quando aveva i calzoni corti e si è fatto trattare da pirla e lavativo fancazzista. Dopo Bersani un altro dileggiato e fustigato su pubblica piazza dai 5 Stelle. Ma che ci prendono gusto?