Sul carro del sistema proporzionale sale anche il Partito islamico italiano
Il progetto lanciato da Hamza Piccardo che vuole attingere ai due milioni di voti di elettori musulmani in Italia. Un progetto “pericoloso che vuole polarizzare ed escludere”. Parla Maryan Ismail Mohammed
Forse per effetto della nuova voglia di ritorno al proporzionale nel nostro paese o forse se come contraccolpo dell’ondata integralista mondiale, in Italia sta per nascere un Partito islamico italiano. L’idea non piace affatto a Maryan Ismail Mohammed, antropologa di origine somala da tempo all’avanguardia nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili con la sua “Associazione mamme e bimbi somali”, una delle 11 entità che lo scorso primo febbraio ha firmato al Viminale col ministro dell’Interno Marco Minniti un “Patto nazionale per un islam italiano” in 10 punti. Sorella di un ambasciatore somalo presso le Nazioni Unite a Ginevra che fu assassinato dagli estremisti islamici di al Shabab, portavoce della Comunità somala di Milano, musulmana sufi, Maryan Ismail lo scorso giugno uscì clamorosamente dal Pd milanese dopo molti anni di militanza, per protesta contro la scelta di far eleggere al Consiglio comunale Sumaya Abdel Qader, una integralista in area Fratelli musulmani la cui famiglia è stata collegata a prese di posizione duramente anti-ebraiche. Proprio in contrapposizione a questo Partito islamico italiano, Maryan ha costituito una “Associazione musulmani laici”, inaugurata sabato alla “Convenzione nazionale della Marianna”, un movimento creato da Giovanni Negri per “ridare una casa a tanti homeless politici”. “Uomini e donne che hanno fame di politica, che non accettano più una realtà italiana dove la politica è stata ridotta a roba da tribunale o a corrida da talk show, che vogliono aiutare il nostro paese in declino a rialzarsi”.
“L’idea di costituire un Partito islamico italiano è stata lanciata il 21 gennaio sulla pagina Facebook del Dottor Hamza Piccardo”, spiega Maryan Ismail Mohammed. Hamza Piccardo, va ricordato, è stato uno dei fondatori dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche in Italia considerata emanazione dei Fratelli musulmani, e che è pure tra i firmatari del Patto nazionale per l’islam italiano. Piccardo nel frattempo ne è uscito, insoddisfatto del contenuto di quel documento. “La pagina di Piccardo manifesta l’esigenza di far partire un’assemblea costituente per un partito islamico, ritenendo inadeguato il percorso di 25 anni di dialogo con lo stato italiano, sia il patto che è appena stato firmato”. Secondo Maryan Ismail Mohammed, “l’esigenza è legittima, e la piattaforma da cui il Partito islamico italiano dovrebbe nascere si presenta come ampia, condivisa, partecipata e democratica. Ma un conto è la legittimità, un conto l’utilità e l’opportunità. Certamente certe richieste di rappresentatività e di luoghi di culto sono condivisibili, certamente guardo questo processo con molto interesse, ma l’idea di polarizzare una comunità per appartenenza etnica o per appartenenza religiosa, sinceramente, non mi sembra un esperimento molto costruttivo. Lo dico di un Partito islamico italiano, come lo direi di un Partito ebraico italiano o di un Partito buddhista italiano. In un paese di cultura cristiana come l’Italia potrebbe avere un senso rifare la Democrazia cristiana, che si rivolge a 60 milioni di persone e ha a Roma il punto di riferimento di uno stato che si chiama Città del Vaticano. Ma fare un Partito islamico in Italia sarebbe come fare un Partito cristiano in Marocco, se magari dopo che vi è stata garantita la libertà di cambiare religione si forma pure lì una comunità cristiana di una certa consistenza”.
Cosa peraltro improbabile… “Ma no! Tutto è possibile nella storia umana! Ma non è neanche questo il punto principale”, dice Maryan. “È che mi sembra pericolosa questa voglia di polarizzare, di escludere, di marcare un’appartenenza religiosa. Se tutti fanno così, il dialogo diventa impossibile. Da una parte Trump ci vuole marcare perché proveniamo da paesi musulmani. Ci banna: Muslim Ban. Dall’altra chi ci vuole marcare dicendo che siamo islamici: Islamic Party. Sono poli opposti che alla fine si assomigliano e si toccano. Da una parte tu mi escludi; dall’altra io mi autoescludo. Il risultato è comunque un’esclusione”.
Partito Islamico, peraltro, può significare due cose. Può voler dire un movimento per difendere interessi specifici di una minoranza, come ad esempio sono stati la Lega Musulmana in India o i partiti cristiani in Indonesia. Può voler dire chiedere la Sharia in territorio italiano. “Non è chiaro ancora a quale prospettiva vogliono arrivare. Se l’esigenza è ad esempio avere più luoghi di culto, c’è una situazione che può essere migliorata, ma lavorando tutti quanti insieme. Se Si vuole la Sharia, è bene che un confronto si apra. Anche per questo abbiamo costituito l’Associazione Musulmani Laici”.
Non è che più semplicemente il Partito islamico italiano vuole sfruttare il ritorno al proporzionalismo? Non tanto la voglia di Repubblica islamica ma di Prima Repubblica… “È un’analisi che fanno: c’è ormai in Italia un bacino elettorale islamico da 2 milioni di voti, valorizziamolo. Il fenomeno va visto con interesse e attenzione, ma bisogna dare modo al musulmano di non condividere quel modello stereotipato di dissociarsi. Dato che il mondo islamico è un mondo composito, la risposta sta proprio nella laicità. Si è compositi perché si è laici, si è laici perché si è compositi, e quindi è una cosa che arricchisce, in ogni caso. Il nostro sforzo è far sì che le nostre voci, dei musulmani e delle musulmane, che non si riconoscono in quell’ortodossia, possano uscire fuori proprio attraverso un percorso laico e dire ‘io voglio mettermi il fazzoletto, io non voglio mettermi il fazzoletto. Io sono malichita, io sono sciafeita, io sono hanbalita, io sono quello che sono’. Punto. Io posso essere ateo. Io voglio abiurare per andare da un percorso islamico a un percorso di scelta individuale”. Come dice anche il Corano, non vi può essere costrizione nella fede. “Esattamente”.