Gramellini guarda il Cav. al McDonald's, ma non lo riconosce. Funziona così da quarant'anni

Maurizio Crippa

Silvio Berlusconi mentre scruta il menù, nel cielo grigio di una domenica a Segrate, vale quanto l’apparizione nella savana di un rinoceronte per un viaggiatore del Seicento

Il rinoceronte non ha piastre né scaglie d’armatura, ma così lo disegnò Dürer, ispirandosi alle illustrazioni fantastiche dei bestiari medievali. Dürer forse non ne aveva mai visto uno di persona, ma sappiamo che per un paio di secoli ancora gli esploratori con pittori al seguito che andavano in cerca di animali esotici in Africa continuarono a disegnare i rinoceronti così, come aveva fatto Dürer e l’iconografia prescriveva. Eppure, loro, i rinoceronti li avevano visti da vicino. È un complesso fenomeno psichico-percettivo, e allo stesso tempo culturale, ben noto agli psicologi e ai semiologi (del resto non è nemmeno difficile da capire, anche senza aver studiato, anzi è molto intuitivo) in base al quale si ha la tendenza a non “vedere” le cose come sono nella realtà, ma a registrarle nella mente come si è convinti, per passate stratificazioni, che siano. E a rappresentarle tali e quali, fino a sovrapporre l’immagine falsificata dalla nostra percezione all’oggetto reale. Accade più spesso di quanto si creda, banalizzando potremmo chiamarlo un pre-giudizio. Ma, più che un pregiudizio, è proprio un’incapacità cognitiva a riconoscere e a saper presentare agli altri con la matita da disegno o con le parole (se poi lo si fa di mestiere) ciò che si presume di aver veduto.

 
Silvio Berlusconi seduto ai tavolini di un McDonald’s mentre scruta il menù, nel cielo grigio di una domenica a Segrate, vale quanto l’apparizione nella savana di un rinoceronte per un viaggiatore del Seicento. Scatta scatta, la foto è ghiotta. Ma che cosa si vede, in quella fotografia? Bersani al bar di fronte a una birra era solo Bersani di fronte a una birra. Al massimo, un esodato della Ditta, sulla sessantina, lasciato solo coi suoi fogli anche dal portaborse.

 
Massimo Gramellini, nel suo Caffè sul Corriere di ieri, ha raccontato quello che ha visto. L’effetto è sconcertante. “Berlusconi da McDonald’s è come Renzi in fabbrica, Grillo a yoga, Salvini in libreria. Convento a parte, l’ultimo posto dove avremmo immaginato di trovarlo”. E fin qui si sorride. Certo, potrebbe fare malinconia, come Gorbaciov da Pizza Hut, ma Gramellini scruta il profondo. Ha saputo inabissarsi, lo strano animale, e ora “risorge dalle ceneri eleganti con un’immagine nuova di zecca”, “svanite le ragazze vistose il McBerlusca vuole apparire più sobrio di Monti”. Il corsivista dall’occhio collettivo scruta, e vede la diabolica, o patetica, operazione d’immagine. Gramellini guarda Berlusconi e non lo riconosce. Funziona così da quarant’anni, un daltonismo politico-culturale che affligge un certo tipo d’Italia. L’Italia intellettual-politica che mai è riuscita a vedere Berlusconi per quello che è. Se lo sono immaginati e basta.

 
Berlusconi “è” McDonald’s. È un italiano che lavora, che viene dal basso e ha fatto i soldi, che si ferma a mangiare un hamburger dove costa meno ed è appetitoso per i palati non fini, e si trova parcheggio. Berlusconi è l’uomo che si pose il problema di come ammazzassero il tempo le casalinghe, mentre stiravano o preparavano la cena, e decise di risolverlo. Quelli come Gramellini direbbero “ahah”, intendendo quel modo là. Invece no: il Berlusconi reale inventò la televisione e i programmi del pomeriggio. E, come spiegò a un attonito Ezio Mauro che gli consigliava di non entrare in politica, le donne gli scrivevano a mazzi, per ringraziarlo di aver reso migliore la loro vita. Come un Big Mac. Berlusconi è una persona straordinariamente normale. Capisce il marketing, pure quello politico, perché vede le cose e capisce le persone. Non gli sarà spiaciuta, di questi tempi, la foto rubata al Mac. Ma non ha avuto bisogno di pensarci prima. Vede gli italiani come sono. È Gramellini che vede i rinoceronti.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"