L'indecoroso silenzio su Emiliano
Si spende come un pazzo per ottenere una cosa che gli dovrebbe essere preclusa, restare pm e fare il capo del partito. Magari è legale, ma è legittimo? No, è irragionevole
Nessuno se ne scandalizza. Gli fanno normali interviste. Il filo diretto. Gli pubblicano le tribune stampa. È su tutti gli schermi per la gioia di grandi e piccini. La domanda delle domande sul suo status interessa poco. Vuole fare il segretario del Partito democratico, oggi architrave del sistema politico-parlamentare, domani chissà. Ma è un magistrato. Sì, certo, è anche il presidente della regione Puglia. Sì, certo, è stato sindaco di Bari, scelto come candidato da Massimo D’Alema sul quale o sul cui entourage aveva indagato nella vicenda delle forniture all’esercito italiano impegnato in missione all’estero, e poi votato in modo festante dai concittadini. Sì, certo, si chiama Michele Emiliano e con quella stazza e barba può anche risultare un simpatico. Ce l’ha su con i vaccini, e naturalmente con la corruzione, vorrei vedere, ed è stato preceduto da molti altri: uno uscì dalla magistratura per una brillante carriera politica con le formazioni di centrosinistra sopravvissute alle inchieste da lui condotte sulla corruzione dei partiti a Milano e altrove (Di Pietro), uno si è accomodato in un distretto contiguo a quello in cui faceva il pm, dopo il fallimento in generale delle sue dure inchieste anticorruttive, ed è diventato a furor di popolo sindaco di Napoli invitando gli avversari a “cagarsi sotto” (De Magistris o Demagogistris), altri sono diventati deputati, senatori, presidenti di commissione, presidenti del Senato eccetera (in numero inferiore, ma qualitativamente fa lo stesso, il fenomeno ha toccato anche la destra o il centrodestra). Ogniqualvolta un’indagine diventa da prima pagina, l’inchiesta-reportage di cui ha parlato il pm garantista Piero Tony, ecco profilarsi l’ipotesi di una carriera politica nelle istituzioni elettive.
Ma la candidatura a segretario di un partito, essendo il candidato ancora nei ranghi della magistratura inquirente, no, questo non era mai successo. Si dirà: ma è come un medico, un ingegnere, un notaio, un imprenditore, un docente. Direi di no. Un magistrato di ruolo, per quanto in aspettativa, esercita parallelamente o alternativamente al mestiere santo e conflittuale della politica un mestiere che dovrebbe essere santo e imparziale, esponendosi per status alla questioncella dei rapporti tra giudiziario e sistema politico che ammorba questo paese da un quarto di secolo almeno. Direte: che ci possiamo fare, è legale. Sì, probabile, ma è anche legittimo? È ammissibile sul piano etico che uno dotato del potere di chiedere e ottenere un arresto a un gip, di indagare e intercettare (sinonimi) presunti colpevoli di reati di ogni genere nel pubblico e nel privato e nella relazione tra pubblico e privato, uno che è memoria e archivio vivente non di corsi universitari, non di atti notarili, non di expertise ingegneristiche, non di cartelle cliniche, ma di atti in cui si mescolano responsabilità pubblica a qualunque titolo e responsabilità penale ambisca a fare il segretario di un partito restando un pm di ruolo? In America i magistrati sono eletti o nominati dagli eletti, non c’è la carriera unica, non sono intercambiabili e relazionabili indifferentemente all’indagine e al giudizio secondo procedure di passaggio facili, sono sottoposti a verifica popolare in forma diretta o indiretta, sono giudicati per i risultati, non riscuotono lo scatto di carriera come un vitalizio sempre ascendente fino alla Cassazione. In Italia è diverso, sono funzionari, vincono un concorso, entrano nel cerchio magico del diritto civile e penale, dovrebbero restare al suo interno. A dirla tutta, bisognava separare le carriere tra accusa e giudizio, come volevano in tanti compreso Giovanni Falcone, invece si sono unificate fino all’assurdo le carriere di magistrati e di politici eletti. Vi sembra ragionevole?
Non sembra ragionevole. Ma è ancora più irragionevole che di questa incredibile condizione binaria non venga chiesto conto, e nel modo più serio e responsabile, a chi pro domo sua considera irrilevante la questione e punta al doppio vitalizio della carriera gerarchica in magistratura e della carriera di politico eletto, addirittura di segretario di un partito politico. Eppure è così. Emiliano si spende come un pazzo per ottenere una cosa che gli dovrebbe essere preclusa rigorosamente, se non dalla legge che sul punto in realtà dice cose sistematicamente ignorate, almeno dall’opinione pubblica informata e di chi pretende di rappresentarla. Si fanno appelli, mozioni degli affetti, petizioni civili di qualunque genere e tipo. Si esprimono opinioni, ah le opinioni, sull’universo mondo. Ma su questo particolare non del tutto irrilevante, in un paese come il nostro specialmente, è osservato in genere un indecoroso silenzio (non dico un “assordante silenzio” perché anche i miei bassotti sanno che non si deve ricorrere a luoghi comuni linguistici quando sia possibile evitarli). I politici mandati sotto inchiesta dai pm, sia quelli riconosciuti poi colpevoli dai tribunali sia quelli assolti dopo un lungo calv… no lasciamo stare il Calvario, diciamo dopo una lunga procedura di sputtanamento e corrosione della reputazione, dicevano a suo tempo che il ceto togato voleva esercitare una supplenza, e che in fin dei conti era fortemente tentato di mettersi al posto dei rappresentanti. E’ accaduto, fino a questo eccesso, e nessuno dice niente. Nessuno, o quasi.