Il sabato dei recuperatori
Parisi e Bersani presentano le loro idee per recuperare gli elettori persi dal centro destra e dall’ex Ulivo. Piccole forze crescono a fatica. Mentre al centro si espande la fungaia. Il Pagellone alla settimana politica
PARISI E BERSANI
Energie per l’Italia e Articolo 1, ovvero Stefano Parisi e Pierluigi Bersani, hanno appena lanciato idee e proposte per allargare e rivitalizzare i campi politici rispettivi. Parisi vuole ridare forza e visibilità alla destra di ispirazione liberale, tollerante e moderata, e si ripromette così di recuperare i milioni di elettori che dal 1994 a oggi si sono allontanati da Forza Italia: “non avete idea dell’interesse che attorno alle nostre riunioni c’è sul territorio, saremo la sorpresa delle elezioni, faremo il 10 per cento”, l’ottimismo è buona cosa in politica ma il troppo storpia sempre.
Anche Bersani e compagni vogliono recuperare elettori, il famoso popolo della sinistra andato in libera uscita e approdato dalle parti di Grillo e dei Cinque stelle. Un’impresa sulla carta altrettanto difficile di quella di Parisi. I voti persi sono in generale persi per sempre, l’innamorato deluso non torna indietro, come dicono i francesi il gatto che si è scottato ha paura anche dell’acqua tiepida: la sfida vera dunque è conquistarne di nuovi. Anche Articolo 1 è ragionevolmente ottimista, magari non punta al 10 per cento, diciamo al 5 per cento.
Comunque se entrambi centrano l’obiettivo, o quanto meno ci si avvicinano, si staccherebbero dai numerosi cespugli che affollano la scena politica: diventerebbero panchinari di lusso e avrebbero parte attiva in qualsiasi schema di gioco, acquisirebbero rilevanza nella formazione di maggioranza e governo.
In questa legislatura il Parlamento è già ampiamente frammentato e vagamente sfigurato dalle eccessive transumanze: la nuova legge elettorale che con ogni probabilità sarà quasi integralmente proporzionale, non apporterà correttivi. Se non vogliamo che accada come in Belgio o in Spagna e si passi di elezione in elezione senza arrivare a formare una maggioranza e quindi un governo,(che non è detto poi che sia un gran male) sarà necessario l’apporto responsabile di ognuno.
NUOVO STATUTO?
E’ la proposta di Stefano Parisi: dopo il jobs act e l’abolizione dell’articolo 18, cancellare per intero lo Statuto dei lavoratori, sostituire al manifesto della rigidità operaia scritto nel 1969-70 uno statuto dei lavori. Non si capisce bene cosa sia, se stabilisca tutele e diritti per le migliaia che non ne hanno, se dia maggiore flessibilità al mercato del lavoro contemplando in cambio l’intervento immediato dello stato a sostegno di chiunque perda il lavoro: sarebbe un nuovo contratto sociale, un passo avanti verso la flex-security.
INVECE BERSANI
Articolo 1 invece per recuperare i voti persi a sinistra punta sull’usato sicuro: lavoro, scuola, sanità e fedeltà fiscale. Chiedono una ripresa massiccia di investimenti pubblici, una politica neo-keynesiana in un contesto di crisi fiscale degli stati e di vincoli esterni al deficit spending. La sinistra pura e dura, vedi anche Hamon e Mélenchon in Francia, non vogliono ammettere che per far ripartire l’occupazione solo in parte servono investimenti pubblici, molto più efficace cambiare il contesto e fare sì che investire convenga agli imprenditori privai italiani e stranieri, di qualsiasi taglia siano. Ne consegue che gli ostacoli maggiori sulla strada della crescita sono altri. Norme e regolamenti, burocrazia, amministrazione miope e sadica, basterebbe leggere la lettera al Corriere della sera della signora che aveva un bar e voleva assumere un dipendente (10 a lei per il suo senso civico, altri l’avrebbero buttata in caciara). I micro-poteri locali, i comitati del no alla qualunque, No Tav, No Triv e ora pure No Tap perché non sta bene espiantare e reimpiantare magnifici ulivi per fare posto a un orrendo tubo che trasporta gas. Sindaci e governatori demagoghi che godono di troppo potere grazie alla cervellotica riforma del Titolo V. Sindacati con poca forza rappresentativa ma grande potere di ricatto. E infine una giustizia civile che arriva fuori tempo massimo e una penale spesso kafkiana.
DIMMI COME TI CHIAMI...
Almeno il movimento di Parisi, Energie per l’Italia, ha un nome che ricorda qualcosa di materiale e potrebbe persino passare per uno slogan di una campagna pubblicitaria di Eni o Enel (copyright è del nostro ottimo Michele Magno, voto 9). Ma gli altri, tutti gli altri spuntati nella fungaia centrista hanno nomi improponibili e intercambiabili, che nulla comunicano, sembra davvero che sia in corso “la fiera degli inventori”, copyright di Gianfranco Rotondi, grande in quanto eternamente democristiano (voto 10).
Eccoli messi così, senza leader di riferimento e in ordine sparso perché nessuno sarebbe in grado di disporli secondo un ordine politico qualsiasi, che so da destra a sinistra o viceversa: Alternativa popolare, Centristi per l’Europa, Direzione Italia, Identità e azione, Obiettivo Italia, Civici e innovatori, c’era anche un Popolari per l’Italia ma il suo unico rappresentante eletto è tornato alla casa madre di Forza Italia. Ha senso tutto ciò? Possibile che tutti insieme non riescano a mettere su uno straccio di nuova democrazia cristiana? Vero è che c’è tempo per ogni cosa ma insomma una cosa è avere come simbolo lo scudo crociato e un’altra questo caravan serraglio di simboli e nomi che soprattutto badano a starsene nascosti.
CINQUE STELLE, PER UNA VOLTA
Questa volta dobbiamo difendere il comico e la sua spalla sinistra, il Dibba (voto 7): dire che la lista che aveva vinto le comunarie di Genova era piena di squali e furbacchioni che si preparavano a saltare sul carro del vincitore è affermazione politica. E deve essere ribattuta con le armi e le arti della politica e non rivolgendosi a un tribunale come ha fatto la vincitrice poi scomunicata da Grillo.
E sbagliano i democratici a prendersela con lo stile della casa. Ricordo segretari del Pd altrettanto autoritari se non di più proprio nella scelta della candidature e non faccio nomi. Riflettano i Romano, i Fiano, i Rosato: la difesa di corretti meccanismi democratici nel funzionamento dei partiti è l’ultimo dei problemi per gli elettori di ogni tipo e colore. Nell’èra post democratica, la forma non è nulla e la sostanza è tutto: siamo tutti material girls and boys
CINQUE STELLE, COME AL SOLITO
Non si fa a tempo a dare loro per una volta ragione, che subito ti riportano all’antico: è mai possibile gridare alla congiura, all’offuscamento e alla marginalizzazione dell’intervento di Virginia Raggi in occasione della cerimonia per i 60 anni della firma del trattato di Roma? Già i 27 capi di stato e di governo non hanno brillato per altezza speculativa, cosa avrebbe potuto aggiungere di cruciale il sindaco? Si accontenti della cancelliera Merkel che dandole la mano e le ha detto “e lei è il sindaco, i suppose”.