Diplomazia sì, ma smart
“Motivato” il blitz di Trump in Siria, dice Gentiloni. I prossimi passi
L’operazione ordinata dall’Amministrazione Trump è “la risposta motivata a un crimine di guerra” perpetrato dal regime di Damasco, ha detto ieri il premier Paolo Gentiloni, aggiungendo che gli Stati Uniti “hanno definito la loro azione come puntuale e limitata e non come una tappa di un’escalation militare”. L’Italia, come Francia, Germania e Regno Unito, ha ribadito che non ci sono “attenuanti e mistificazioni” per chi fa uso di armi chimiche, e smentendo chi sostiene che questo blitz in Siria rappresenti un regalo allo Stato islamico e la premessa a nuovi e devastanti disastri (più di un attacco chimico?), il governo dice che “le chance di un negoziato politico” sono ora più grandi di prima. L’impegno è comune in Europa, Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, offre tutta la collaborazione necessaria a Washington per “mettere fine alla brutalità in Siria” e questa è la prima occasione da molto tempo per dare un seguito alla retorica delle condanne delle violenze di Bashar el Assad. Mentre i vari movimenti populisti e anti europei si schierano con il fronte putinian-assadista scaricando in un attimo il coccolatissimo Trump – Matteo Salvini e Beppe Grillo assieme, ennesima dimostrazione di una contiguità innegabile – i leader europei provano a ricreare una sintonia con il presidente americano che, per molti motivi non c’è mai stata. E’ il momento della “smart diplomacy”, come scrive anche il Wall Street Journal che avrebbe desiderato un coinvolgimento europeo già da questa prima fase ma che ipotizza per il futuro la creazione di “safe zone” in Siria (come Trump aveva detto in campagna elettorale) e uno slancio umanitario fattivo a protezione del popolo siriano – europei e americani assieme, con la collaborazione degli stati arabi alleati della regione.
Con tutte le cautele possibili data la nota imprevedibilità della nuova Amministrazione americana, questo blitz potrebbe rappresentare il primo passo verso una ridefinizione dei rapporti di forza dentro e fuori la Siria, ed è per questo che il ruolo dell’Europa è ora quantomai importante. Da sei anni, la crisi siriana è diventata più profonda ma i paesi europei di pari passo sono diventati sempre meno volenterosi a un qualsivoglia intervento, pure diplomatico, accontentandosi di tavoli di pace inefficaci già nelle loro premesse. Ora che l’avvertimento americano è arrivato ad Assad, è il momento anche per l’Europa di trasformare questo intervento “motivato” in un’occasione per definire una strategia in Siria, finalmente praticabile e non soltanto il risultato di tanti passi indietro.
L'editoriale dell'elefantino