Mentre la casa brucia, Libertà e Giustizia si occupa di una tesi copiata
Perché l'associazione non fa nemmeno un appello contro la svolta autoritaria di Beppe Grillo?
Chissà se dalle parti di Libertà e Giustizia sentiranno finalmente odore di bruciato ora che Grillo, per legittimare quella patacca totalitaria che gabella per democrazia diretta, si è fatto scudo del sacro nome di Norberto Bobbio, citando a vanvera da un libro di trent’anni fa. Del resto era stato un altro patrono dei liberi e giusti, Umberto Eco, a dire che se la casa brucia il primo dovere di un intellettuale è chiamare i pompieri. E loro del centralino dei vigili del fuoco hanno fatto un uso compulsivo, tanto che un magistrato un po’ dadaista avrebbe potuto indagarli per procurato allarme ex art. 658 c.p., punibile con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 10 a 516 euro. Ogni giorno un appello, un manifesto, una lettera aperta, un referendum morale. Le loro narici ipersensibili hanno fiutato per quindici anni svolte autoritarie, colpi di stato striscianti, dittature della maggioranza, trame piduiste, metamorfosi del fascismo perenne o Ur-fascismo. Sarà stata la perpetua allerta, tutto quell’annusare incendi del Reichstag, a sfiancarli fino all’iposmia, che è la drastica diminuzione dell’olfatto. Gli metti sotto il naso un fascista fumante, e loro non sentono più nulla.
È ironico, perché tutto ciò che hanno avversato negli anni di Berlusconi se lo ritrovano davanti in una beffarda gigantografia. Il conflitto di interessi tra il politico e l’imprenditore? Ora il partito-azienda non è più una metafora, c’è una Srl milanese che gestisce, tramite un blog, un movimento. Lamentavano l’insofferenza di Berlusconi alla farraginosità delle procedure costituzionali; ma qui c’è gente che tenta di forzare l’articolo 67 con il piede di porco dei contratti-capestro, che assalta i banchi della Camera, che propaganda un antiparlamentarismo da anni Venti. Brutta cosa l’editto bulgaro, se non fosse che siamo alle liste di proscrizione consegnate all’Ordine, ai due minuti d’odio contro il “giornalista del giorno”, allo stalking dei cronisti sgraditi, all’idea dei tribunali del popolo per stabilire la verità. Allora c’era l’unto del Signore, adesso c’è uno che si fa chiamare l’Elevato e somministra ai fedeli la comunione sotto forma di grilli essiccati. Avevamo un barzellettiere, ancorché di talento; abbiamo un comico, ancorché di terz’ordine. S’inventava, Berlusconi, frottole come la nipote di Mubarak; robetta artigianale, a cospetto di un movimento che funziona come una macchina lanciapalle da tennista, e non ci sono abbastanza racchette al mondo per respingere tutte le panzane, le manipolazioni, le cifre truccate, le campagne antiscientifiche. Dicevano che Berlusconi era tiepido in fatto di antifascismo; ora sfilano ragazzotti per cui l’antifascismo è un rottame novecentesco, e quando c’è da commemorare le Fosse Ardeatine se ne vanno in settimana nera. Berlusconi mandava le videocassette ai tg, rifiutò il confronto con Rutelli; ma il capocomico urlante è in politica da anni senza il fastidio di un contraddittorio, e i suoi vanno in tv solo se i giornalisti accettano condizioni degradanti.
Tutto quel che detestavano in Berlusconi, i liberi e giusti se lo ritrovano moltiplicato non sette volte, ma settanta volte sette. Eppure, mentre la casa brucia davvero, a nessuno di quegli emeriti è venuto il prurito di chiamare il 115 contro la svolta autoritaria. Oddio, a dire il vero giorni fa un appello l’hanno lanciato, indignato e solenne come sempre, perché hanno ben chiare le priorità nazionali. Il tema? Possibili plagi in una tesi di dottorato del 2008.