Perché Renzi non vuole riservare a Gentiloni un trattamento alla Letta
Anzaldi dice che il governo va "protetto e pungolato". Romano non esclude "un voto anticipato". La linea di Mattarella. Il nodo della legge elettorale
Roma. Le primarie son finite, Matteo Renzi è di nuovo segretario del Pd. E adesso? “Adesso Renzi cercherà di risolvere la questione della legge elettorale. Ma c’è da scommetterci che gli altri partiti faranno melina fino a settembre-ottobre, così siamo sicuri di votare l’anno prossimo”, dice al Foglio un renziano di stretta osservanza. Il Pd invece vuole tenere aperta qualsiasi possibilità, anche quella di un voto prima della scadenza naturale del 2018. “Io non escludo elezioni in anticipo”, spiega il deputato Andrea Romano. “Non credo però che rientrino negli obiettivi. L’obiettivo principale è fare subito una riforma elettorale e poi andare rapidamente al voto. Il tema è dunque legato ai tempi della legge elettorale”.
C’è una specificità rispetto alle precedenti primarie, spiega Romano. “La vittoria di Renzi nel 2013 fu una novità radicale rispetto al governo Letta. Questa vittoria invece è in continuità con il governo Gentiloni. Adesso c’è finalmente un’egemonia riformista sulla sinistra italiana e bisogna costruire il partito attorno a questo. Dal 2013 in poi abbiamo vissuto tutto di corsa, c’era l’urgenza delle cose da fare: ora non abbiamo di fronte cinquant’anni, ma un anno o meno di un anno, per dare solidità al Pd”. Evitare la rottura con Gentiloni eviterebbe anche di esacerbare i rapporti con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nei giorni scorsi ha manifestato chiaramente l’esigenza di fare una legge elettorale nuova prima di andare a votare. A Renzi non conviene inasprire il confronto con chi, dopo le prossime elezioni politiche, potrebbe conferirgli il nuovo incarico di governo.
Non è dunque l’attuale premier in sé il bersaglio, come invece era stato Enrico Letta nel 2014, appena tre mesi dopo la vittoria alle primarie contro Gianni Cuperlo e Pippo Civati. Questo significa che il voto anticipato è escluso? No, anche perché entro l’anno ci sarà un vertice europeo fra i maggiori paesi dell’Unione per ridisegnare le coordinate dell’Europa (compreso il ruolo della Bce) e Renzi vorrebbe parteciparvi (o quantomeno vorrebbe avere, per quell’appuntamento, un governo nuovamente legittimato). Il neo-segretario dunque metterà pressione all’esecutivo. Come? “Mi aspetto molto dal governo”, dice Renzi. Che cosa significa?
Michele Anzaldi, deputato e spin doctor di Renzi alle primarie del Pd, si esercita nell’esegesi del capo: Gentiloni si deve sentire “protetto e pungolato soprattutto, perché il governo deve fare il governo e deve risolvere le cose degli italiani”. Il governo, dice a Radio24, “deve fare le cose che sono utili a tutti gli italiani. E’ un governo di coalizione, quindi Gentiloni, che è un nostro compagno di partito e il nostro più vicino amico, ha bisogno di un partito che lo spinga a fare delle cose che la coalizione non vorrebbe fare perché la pensa diversamente. Quindi è un gioco delle parti che sarà vitale per tutti e due, visto che poi tra poco, o non poco, andremo alle elezioni”.
Un conto però è Gentiloni, un altro conto è il Parlamento. All’occorrenza, il casus belli potrebbe nascere proprio lì, fra Montecitorio e Palazzo Madama. La rocambolesca elezione di Salvatore Torrisi alla presidenza della commissione Affari Costituzionali al Senato sta lì a ricordarlo. La legge elettorale, che è stata calendarizzata per il prossimo 29 maggio, è ferma in commissione alla Camera. “Il testo base sarà presentato entro la settimana”, dice il presidente della commissione Affari costituzionali e relatore Andrea Mazziotti. Dopodiché, aggiunge il presidente della commissione, “il problema non è la redazione di un testo ma il problema è politico: voglio avere la ragionevole certezza di avere condivisione. Stiamo lavorando ancora su un testo base ma io ho segnalato l’opportunità, visto che ci sono state le primarie del Pd e che da un bel po’ di parti (Renzi incluso) sono stati espressi pareri sulla legge elettorale al di fuori della commissione, che tra domani (oggi, ndr) e dopodomani (domani, ndr) vengano espresse eventuali prese di posizione in commissione”. Mazziotti aveva trovato una sintesi attorno alla proposta del Provincellum, che prevede collegi uninominali (proposta che aveva ricevuto l’ok di Fiano, capogruppo del Pd in commissione), ma l’idea è stata bocciata da Renzi, per cui il Provincellum “è un sistema che non ha preferenze, che fa finta di avere i collegi, ma poi non si sa se passa il tuo candidato o no. Questo sistema giova a chi non ha un voto”. La nuova proposta del Pd dunque è questa: un sistema che ricalca il sistema tedesco con una soglia di sbarramento al 5 per cento.
La palla ora passa altri partiti. Se i renziani pensano che sulla legge elettorale gli avversari “faranno melina”, i non renziani sono convinti che l’impossibilità a fare una legge elettorale sarà motivo di frizione, se non di rottura. Basta poco, d’altronde, per costruire un incidente. I renziani potrebbero sempre dire: vedete? C’è un Parlamento che non riesce neanche a fare la legge elettorale. Laddove si dimostrerebbe che in fondo l’attuale sistema elettorale – che scongiura le alleanze e che renderebbe obbligatorie le grandi coalizioni – non dispiace a Renzi. “Per Renzi l’importante non è come votare ma quando votare”, dice un deputato dell’opposizione interna al Pd.