L'agonia dei poteri nell'Italia proporzionale
La classe dirigente eletta dal popolo calpestata, il corpo della Repubblica nudo, ansiogeno e impaurito. Urgono barriere contro lo sfarinamento collettivo
Non è la Patria che è morta, questo più o meno si sapeva, è lo stato italiano che agonizza. Nelle stesse giornate, settimane, nelle stesse ore, si apprende che la maggioranza si rimangia bicameralisticamente una legge scritta pare in modo incompetente sulla legittima difesa; due magistrati, Henry John Woodcock di Napoli e Franco Roberti capo della direzione nazionale antimafia, dettano sui giornali a mezzo intervista la legge antiproibizionista sulla marijuana; e il procuratore di Catania insiste nel linciaggio “senza prove” del lavoro di soccorso in mare delle organizzazioni volontarie mentre il capo della Commissione di Bruxelles afferma che l’Italia ha salvato con le vite umane dei naufraghi l’onore dell’Europa. Questo non è pluralismo delle opinioni, è scardinamento della divisione dei poteri costituzionali, dell’autorità di legislativo ed esecutivo. Non è una trasvalutazione dei valori nel segno della libertà relativista di interpretazione dei fatti, è un rovesciamento delle responsabilità nel segno della crisi di leadership politica.
Penso che Renzi, Berlusconi, Gentiloni e quel che resta del Parlamento e della società civile compos sui debbano riflettere seriamente su questa agonia dei poteri. Non si regge in piedi un paese in cui la classe dirigente eletta dal popolo è calpestata sistematicamente e si nega in radice comportandosi in modo sciatto, banalizzando le questioni di rilievo della vita civile, inseguendo stati d’animo presunti e paure nel trionfo dell’autolesionismo politico. La corazza istituzionale è diventata un pudico burkini che copre le vergogne e le forme apparenti, ma sotto la veste il corpo della Repubblica è nudo, scheletrico, ansiogeno e impaurito, il suo comportamento è l’incertezza su tutto, sulla capacità di guida della nazione, sulla data del voto, sulle condizioni di una ripresa di senso e di agibilità del sistema di governo in regime di legge elettorale proporzionale. Non si sa, al momento in cui scrivo, come sarà andata in Francia domenica sera, ma se sarà evitato il salto nel buio all’indietro, come è per lo meno probabile, emergeranno come chiave di volta di una ripartenza, e sempre sia benedetto il Generale che creò la Quinta, il fattore maggioritario e il fattore ballottaggio, precisamente i due mezzi di cui abbiamo deciso proprio ora di privarci.
Inutile traccheggiare, bisogna che trovi sanzione in un modo o nell’altro la tendenza selvaggia a scavalcare i problemi e le procedure di una democrazia liberale con l’assalto di tutti contro tutti, con l’esercizio abusivo dei poteri legali. Nella terra di nessuno non cresce l’erba. Libertà e pluralismo sono parole vane senza un principio d’ordine razionale, senza un rispetto dei ruoli. Il maggioritario in Italia è passato di moda, tutti ne hanno paura, quando poteva diventare la regola con l’eliminazione della quota proporzionale dal Mattarellum furono in tanti a destra a invitare all’astensionismo, quando una legge elettorale costituzionalmente difettosa è stata sostituita da una legge di riforma capace di mettere in grado il comando politico democratico di risanarsi senza forzature è stata la retorica dell’antiautoritarismo e l’antipatia per l’uomo solo al comando a fare la sua parte referendaria, accompagnata dal tradimento dei chierici e dalla dimissione della destra rispetto a quelle che dovrebbero essere sue storiche responsabilità di tutela dello stato e della volontà popolare. La prospettiva è di tornare ad essere un parlamentarismo impotente e ingovernabile, un paese di caste e burocrazie che si impegnano meticolosamente a favorire per gola trascuratezza e rinvio, mescolanza dei generi e delle responsabilità.
A loro modo si sono provati in tanti a costruire barriere contro lo sfarinamento collettivo, un “tedesco” come Craxi, un arcitaliano come il Cav., un tecnocrate come Monti, un riformista di sinistra come Renzi, ma da destra dal centro e dalla sinistra ogni tentativo è andato a vuoto, regolarmente, in un tripudio di atti mancati e di paure, di dispersioni e deviazioni dallo scopo principale. Va bene le primarie del Pd, va bene il governo Gentiloni, va bene la nuova ragionevolezza di Berlusconi, va bene tutto, ma la montagna da scalare ha un picco altissimo, ormai, e le condizioni per l’arrampicata sono quasi proibitive.