“Così riporterò il Pd al 40 per cento”. Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Il governo deve durare fino al 2018. Sì alla battaglia di Macron per un ministro dell’Economia europeo. Se Berlusconi si allea con i populisti ci lascia un’autostrada. De Bortoli? Un mix di ossessione e falsità ”. Parla il segretario Pd
Il dopo primarie e il dopo Francia. Il governo Gentiloni e il governo Grillo. L’europeismo possibile e il rapporto con Sergio Mattarella. La partita a scacchi sulla legge elettorale e ovviamente il caso Ferruccio de Bortoli-Maria Elena Boschi. A due settimane dalla vittoria alle primarie del Partito democratico, Matteo Renzi accetta di rilasciare al Foglio la sua prima intervista da segretario rieletto. E rispetto a tredici giorni fa – giorno in cui l’ex presidente del Consiglio ha ricevuto il 69 per cento dei voti ai gazebo del Pd – il mondo sembra essere già improvvisamente cambiato: l’europeismo è tornato di moda, l’euro è tornato a essere inattaccabile, il riformismo è tornato a essere l’unica àncora di salvezza dei partiti tradizionali, i movimenti anti sistema sono stati costretti a fare i conti con un brusco ridimensionamento delle proprie prospettive e l’economia europea ha iniziato a ingranare davvero, portando il nostro continente a migliorare le previsioni di crescita per il 2017 (+1,8). In tutto questo, naturalmente, il paese che nei prossimi mesi verrà osservato con maggiore attenzione sarà l’Italia, dove l’instabilità politica è diventata un fattore non meno destabilizzante del livello del nostro debito pubblico. Iniziamo da qui con Matteo Renzi: cosa ci dicono gli ultimi mesi del posizionamento possibile dell’Italia all’interno dell’Europa?
“La prospettiva dell’Europa – dice Matteo Renzi – per me è chiara. Da un lato ci sono i populisti che vanno sconfitti. Dall’altro ci sono i tecnocrati che però sono spesso i migliori amici dei populisti, perché non si rendono conto che l’Europa deve cambiare. Deve cambiare sulle periferie, sul sociale, sul ministro economico condiviso (sono d’accordo con Macron). Deve cambiare sull’austerity. Dopo di che ringrazio Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, perché è l’unico che ha detto con chiarezza che le riforme italiane sono state riforme molto serie, che in passato non erano state fatte. Stupisce che nessun ‘rigorista’ abbia commentato questa frase di apprezzamento delle nostre riforme da parte del campione della linea dura. Noi abbiamo fatto molto. Ma vogliamo cambiare ancora l’Europa: Europa sì, ma non così. A cominciare dalle primarie, perché senza voti, l’Europa, diventa la patria dei veti. O c’è la democrazia o l’Europa non ha futuro”.
Le elezioni francesi ci dicono molte cose ma ci dicono soprattutto questo: i partiti tradizionali sono in crisi e senza un
"Dicono Italicum, ma in realtà sognano il Cespugliellum. Stanno lavorando per far tornare in Parlamento partiti con pochi voti"
rinnovamento con i fiocchi sono a un passo dal collasso. “Le ultime elezioni europee, in realtà, non ci dicono che i partiti tradizionali sono al collasso. Ci dicono che la sinistra europea è al collasso, non i partiti tradizionali. Cdu, Conservatori e Popolari spagnoli stanno benone. Hanno perso i repubblicani francesi, solo per lo scandalo Fillon. Altrimenti saremmo qui a raccontare un’altra storia. I socialisti europei invece sono messi male in Olanda e Francia. Non se la passano benissimo in Spagna e Gran Bretagna. Il Partito democratico, invece, torna a crescere nei sondaggi e al momento è l’unica forza politica riformista che sta sopra il 30 per cento in Europa”.
Restiamo ancora un istante sulla vittoria di Macron. Che impressione le ha fatto vedere in Francia un candidato vincere le elezioni con un sistema elettorale che in Italia, come ha dimostrato il professor Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, oggi non verrebbe considerato costituzionale dalla nostra Consulta? “Che impressione mi fa? Rosico. Perché Macron ha di fronte a sé cinque anni di presidenza, avendo preso il 23 per cento al primo turno, mentre a noi, per affermarci, non è bastato il 41 per cento delle europee o quello del referendum. Effettivamente, la giurisprudenza italiana considererebbe incostituzionale il modello francese e sicuramente quello americano, dove chi prende più voti popolari può perdere le elezioni come accaduto alla Clinton. E non oso pensare che cosa potrebbero dire allora del sistema inglese. Ma il tempo è galantuomo. Ogni giorno che ci allontana dal quattro dicembre consente di mettere a fuoco un dato di fatto: quella riforma era un’occasione per l’Italia. I partiti che hanno chiesto di votare No sapranno assumersi le loro responsabilità”.
Il quattro dicembre, già. Qual è la più grande differenza tra il Renzi 1 e il Renzi 2, dal punto di vista politico e anche personale? “Guardi, non credo siano tanti quelli che hanno lasciato tutto come ho fatto io. Sono uscito da Chigi e dal Nazareno senza rete di protezione, senza garanzie, senza indennità, senza vitalizio. Sono contento di questo. Per me è stata la lezione delle tre U. Umiltà, che serve sempre. Umanità, perché sono tornato ai rapporti disinteressati. Umore, perché ho ricominciato a sorridere liberato dal carico di responsabilità. Avrei preferito vincere il referendum. Ma le tre U mi hanno molto aiutato a cambiare la mia quotidianità”.
"Mi piacerebbe sapere se dietro il gioco di scatole cinesi che esiste all'interno del blog di Grillo c'è o no una storia di evasione fiscale"
Alle tre U forse bisognerebbe aggiungerne una: la U di urne. Il professor Francesco Giavazzi ieri sul Foglio ha suggerito di andare a votare prima della prossima legge di Stabilità per evitare di ritrovarci di fronte a una Finanziaria troppo minimalista e troppo elettorale. Secondo lei una maggioranza incapace di fare una legge elettorale può essere capace di fare una nuova legge Finanziaria? “Vede, quando il Partito democratico ha dato la disponibilità a votare in estate, è partito il coro di chi ha detto: ‘Sono irresponsabili, minano la stabilità’. Adesso che diciamo di votare nel 2018 in molti sottolineano come sarebbe meglio fare la nuova legge di bilancio con il nuovo governo. Io mi affido a Sergio Mattarella e a Paolo Gentiloni. Il Pd è l’unico partito già pronto alle elezioni. Ma siccome siamo persone serie ci va benissimo votare nella primavera del 2018, non abbiamo fretta. Quindi lasciamo lavorare il governo, assicurando il massimo sostegno possibile”.
Su molte questioni però nelle ultime settimane la linea del leader del Pd non sembra essere coincisa perfettamente con quella del governo. Dal caso Anac ai voucher passando per Alitalia e la legittima difesa. Vale anche per il governo il motto scelto per l’Europa? Governo sì, ma non così? “Paolo Gentiloni, che non ha bisogno di consigli, è una persona seria. Su periferie, povertà, pensioni sta facendo un lavoro prezioso, di continuità e di rilancio. Sui voucher sappiamo come è andata”.
“Ma il presidente del Consiglio ha preso un impegno per trovare una soluzione e io sono al suo fianco per ottenere il risultato”. Resta il fatto che un Parlamento che non è in grado di fare una legge elettorale non si capisce come possa fare una buona legge di Stabilità. “Guardi, sulla vicenda elettorale mi lasci dire come la penso. Prima erano tutti contro l’Italicum, ora sono tutti a favore. Ricordo che gli stessi che ora vogliono l’Italicum uscirono dall’Aula parlando di Aventino e dandomi del fascista perché proponevo l’Italicum. Com’era quella canzone? Come si cambia, per non morire. Ma di soppiatto, in nome del nuovo Italicum, vogliono togliere l’8 per cento di soglia al Senato, l’unica garanzia di freno al potere dei piccoli partiti, e vogliono permettere a chiunque di candidarsi eliminando il vincolo sulle firme. Noi siamo pronti a votare l’Italicum ma chi sostiene questo tipo di riforma in realtà sogna il Cespugliellum. In ogni caso se riusciamo ad accogliere l’appello di Mattarella e fare una legge che aiuti davvero la governabilità e il maggioritario per me è meglio. Se poi vogliamo andare ancora di più nel dettaglio, Andrea Mazziotti, che è il relatore della legge elettorale in commissione Affari Costituzionali alla Camera, è un bravissimo avvocato ma purtroppo non fa parte di un partito che sa prendere voti. Lo stimo a livello professionale e conosco la stima di cui gode tra molti imprenditori. Ma purtroppo non fa parte di un partito che ha molti voti. E il suo unico obiettivo sembra essere quello di far tornare in Parlamento partiti con pochi voti. Io penso che la vera sfida sarebbe provare a dare un sistema semplice all’Italia. Se ci fosse la possibilità di provarci perché dire no?”.
I sondaggi di questi giorni dicono che il Partito democratico sta tornando a crescere e che oggi sarebbe di nuovo il primo partito italiano. Ma Matteo Renzi crede davvero che il Pd abbia possibilità di tornare al quaranta per cento alle prossime elezioni? “Io penso di sì. Il Partito democratico oggi ha una grande capacità attrattiva e lo spazio per tornare a quei numeri ottenuti alle europee del 2014 e al referendum del 4 dicembre ci sono. So bene che in questa fase storica gli elettori vanno e vengono ma io credo che oggi abbiamo ancora un’opportunità straordinaria: dimostrare che il Pd è l’unico grande partito di governo che esiste in Italia. Se poi guardiamo i sondaggi dobbiamo dire anche un’altra verità: la scissione ha lasciato una traccia emotiva vera e profonda nei cuori di qualche militante ma a livello elettorale non ci ha danneggiato. Anzi: il nostro consenso, oggi, è superiore a quello che abbiamo registrato al momento della scissione”.
"Da italiano spero che Berlusconi faccia un centrodestra popolare ed europeista. Ma se si allea con i populisti, da politico, mi conviene"
Proviamo a superare il perimetro del suo partito e occupiamoci per un istante di un altro partito che dopo il risultato francese sembra aver imboccato una svolta potenzialmente significativa: Forza Italia e in particolare Berlusconi. La sconfitta di Marine Le Pen ha portato Berlusconi (e anche qualche esponente della Lega, come Roberto Maroni) a rendere più evidente la presenza nel nostro paese di un centrodestra alternativo al modello Le Pen. Matteo Renzi crede che in Italia possa esistere davvero un partito di centrodestra che provi a trasformarsi davvero in una Cdu italiana? “Sì, credo che la possibilità ci sia, ma come al solito dipende tutto dalle scelte che farà Berlusconi, e a oggi sinceramente non è chiaro che strada voglia prendere. Vuole importare in Italia il modello del Partito popolare europeo e dar vita a un centrodestra che metta insieme anche l’attuale area popolare? O si attrezzerà, invece, per fare un grande listone dove mettere dentro tutto quello che c’è a destra di Forza Italia? Io da italiano, da elettore e cittadino, mi auguro che Berlusconi scelga la strada della Cdu. Ma più cinicamente da leader politico spero che faccia il listone. I sondaggi ci dicono che con una lista unica i partiti di centrodestra perdono circa il tre per cento rispetto a quello che potrebbero raccogliere andando da soli. E una buona parte di quel tre per cento, dicono sempre i sondaggi, è destinato a finire al Pd. In presenza di una lista unica del centrodestra il Pd, secondo i dati che abbiamo, vola al 32 per cento. E per questo da leader politico dico che se Berlusconi vuole allearsi con i populisti faccia pure: ci lascia un’autostrada al centro...”.
Lei ultimamente ha scelto di insistere molto sul tema dei vaccini per mettere in luce il rapporto perverso che potrebbe esistere tra la post verità e il Movimento 5 stelle. Lei crede davvero che il grillismo sia un pericolo per la nostra democrazia? “E’ difficile da dire. Ma sul punto che vi sia una sintonia speciale tra il movimento 5 stelle e la post verità non ho dubbi. Così come non ho dubbi sul fatto che, come dice Macron, il populismo deve essere affrontato con un’arma precisa: il coraggio della verità. In nome di questo principio, il Partito democratico ha scelto di presentare un esposto alla procura di Roma attraverso il quale chiede che vengano verificati i profili fiscali del blog di Grillo e della Casaleggio. Oggi sappiamo con certezza che Grillo è un pregiudicato. Ora ci piacerebbe sapere se dietro al gioco di scatole cinesi che esiste all’interno del blog di Grillo c’è o no una grande storia di evasione fiscale”.
“De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina?”
La storia del movimento 5 stelle però ci dice anche altro: ci dice che in questo momento in cui vi è un partito che sogna di superare la democrazia rappresentativa non c’è nessuna reazione vera da parte della nostra classe dirigente e da parte di tutti coloro che per una vita hanno manifestato in giro per l’Italia in difesa della democrazia e della Costituzione. Come si spiega? “Sinceramente non mi stupisce. Chi anni fa faceva i girotondi in difesa della democrazia ha scelto di allearsi con il movimento 5 stelle il giorno del referendum costituzionale e quell’alleanza che si è creata il quattro dicembre non è un’alleanza casuale: è un’alleanza che nasconde un preciso disegno per il paese”. Andrà anche lei a pulire con la ramazza la Roma di Virginia Raggi? “Vedremo. Ma vorrei cogliere l’occasione per scusarmi con i cittadini di Roma: vista la reazione che c’è stata alla nostra idea di pulire una città incredibilmente sporca, forse avremmo dovuto pensarci prima e aiutare il movimento 5 stelle a fare quello che oggi non riesce a fare nella Capitale d’Italia: pulirla”. Segretario, arriviamo al punto di questi giorni: che idea si è fatto del caso sollevato da Ferruccio de Bortoli? Se il dottor Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, dovesse confermare la versione suggerita dall’ex direttore del Corriere della Sera, che nel suo libro ha accusato Maria Elena Boschi di avergli chiesto di occuparsi di salvare Banca Etruria, si aprirebbe o no un problema politico per il sottosegretario ed ex ministro? “Direttore, come al solito le parole definitive arrivano dal vostro Giuliano Ferrara. Parole definitive, da scolpire, e quando ho letto il suo articolo di giovedì scorso sono partiti 92 minuti di applausi. De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo. Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo. Detto questo, che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente. Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio. Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. E’ stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto”.
In conclusione due domande su questioni molto dibattute in questi giorni: il caso delle ong, con le relative e reiterate accuse del procuratore di Catania, e la legittima difesa, legge che il Pd ha approvato in Parlamento e che Renzi ha contestato dopo essere stata approvata. “Sul caso delle Ong eviterei facilonerie: se ci sono, e credo che qualche problema ci sia, casi problematici in cui risulti palese il mancato rispetto delle norme bisogna essere duri, e intervenire. Ma resto convinto che il problema, se esiste, riguardi casi specifici, e attaccare in modo generalizzato le Ong mi sembra un errore molto grave”. E sulla legittima difesa? “Nel merito non contesto nulla. Ma poteva essere scritta meglio”. Conclusione finale, dato che ne abbiamo parlato molto: ma che cos’è secondo lei la post verità? “Dico che è un problema che esiste, molto grave, che coincide con una stagione della storia in cui qualcuno pensa che sia sufficiente far diventare virale un contenuto per far diventare vero quel contenuto. Ci sono partiti che provano a vincere le elezioni così. Poi ce ne sono altri che proveranno a vincerle facendo l’opposto: mettendo in campo il coraggio della verità”.
Equilibri istituzionali