Macron all'Eliseo, Renzi ai cassonetti con le canotte gialle
Non è una grande settimana per politici, giornalisti e nemmeno per procuratori che prima sparano e poi chiedono chi va là o si fanno pizzicare con la mano nella marmellata delle prove giudiziarie. Il pagellone di Lanfranco Pace
Non è una grande settimana per politici, giornalisti e nemmeno per procuratori che prima sparano e poi chiedono chi va là o si fanno pizzicare con la mano nella marmellata delle prove giudiziarie.
A Roma, Renzi, renziani e democratici angeli si avventano dell’immondizia: ratti cinghiali e gabbiani sono una iattura ma le magliette gialle anche. Molte mie care amiche va da sé dei quartieri borghesi sono della partita, volevano che partecipassi, ho detto che non ho fibra civica, al più potrei astenermi dal produrre rifiuti per un paio di giorni.
Non so chi abbia avuto questa idea che sarebbe buona solo se segnasse l’inizio di una vera campagna elettorale: non è questo il caso, a meno di pensare che sì e che ci resteremo un anno intero, nel qual caso ci sarebbe da espatriare.
Sarà dunque una calorosa, solidale perdita di tempo, una Gassmanata, nel senso del simpatico e bravo Alessandro (voto 9) che essendo volontario nell’anima fu volontario di un giorno nel vicolo di fronte casa sua. I rifiuti raccolti non si sa dove portarli. L’Ama non sa dove metterli, i centri di trattamento sono stracolmi. La Raggi è un ologramma come dicono in Campidoglio e trasparente si è rivelata nell’ultima apparizione, questa settimana, a Porta a Porta, ma tutto è meno che stupida (voto 5): ci fosse un buco libero nell’intero sistema romano della raccolta dei rifiuti l’avrebbe usato da tempo.
Al solo sentire la parola dietrologia mi viene da usare la pistola a chiodi, eppure persino a me è venuto il sospetto che ci sia la manina di qualcuno, non dico di Zingaretti ma per lo meno di Cerroni, il ras di Malagrotta che non trova pace da quando Ignazio Marino l’ha defenestrato.
RENZI MARCA A UOMO
Renzi non ci pensa proprio a lasciare libertà di manovra ai 5 Stelle, li sta marcando a uomo, sta cercando di asfissiarli stando loro attaccato alle culottes, replica e attacca qualsiasi fesseria facciano, i vaccini, Di Maio ad Harvard, il Legalicum, le indagini a Palermo e per l’appunto l’immondizia. Non credo che questo metodo paghi anzi sono sicuro del contrario. Tant’è che nei sondaggi tengono e magari avanzano pure.
Così come non credo che porti a qualcosa la scelta, chissà perché poi, di Obama come punto di riferimento mondiale della cultura democratica. Un ex presidente americano, fascinoso, dalla voce sexy, alla mano al punto da telefonare spesso al dear Matteo o al dear Emmanuel (ha telefonato anche a Macron il traditore) non è detto necessariamente che sia un taumaturgo. Non dimentichiamo che mezzo mondo sta pagando le conseguenze di alcune sue scelte sbagliate di politica estera.
Più che il pressing quotidiano e il tocco dell’ascetico Barack, per sconfiggere il nostro populismo, il più sfuggente e il più pericoloso del continente, gentile Renzi ci vorrebbe una visione di come sarà l’Italia fra dieci anni: qualcosa di diverso e di meno lagnoso che i nostri figli e la salute, che i nostri figli e la scuola, che i nostri figli e il lavoro, che l’economia 4 punto 0. Qualcosa che dia un trasalimento e accenda la passione, dentro. Lei ha la stoffa e la qualità per provarci, lo si vede anche nella bella intervista rilasciata al nostro direttore: le manca però l’altezza, quel sapersi mettere al disopra delle dispute inutili di ogni giorno, che faceva preferire a De Gaulle i sentieri di montagna, faticosi certo ma meno ingombrati da cretini.
MACRON PRESIDENTE
Emmanuel Macron chiude la sua cavalcata solitaria entrando proprio oggi all’Eliseo. Fra poche ore nominerà il primo ministro e già dal nome del prescelto si capirà come intende costruire la maggioranza nel Parlamento che uscirà dalle politiche di giugno. La questione sul tappeto è se e in che misura il suo partito, la République en Marche, possa recuperare personale politico dei partiti tradizionali usciti laminati dalla sfida presidenziale, in particolare dal partito socialista ridotto alla porzione congrua e in via di esplosione.
Per rafforzare l’immagine di rottura e discontinuità dovrà mettere in lista negli oltre cinquecento collegi molti volti nuovi presi dalla società civile. Ci sarà dunque poco spazio per elefanti in cerca di riciclaggio. Solo che quelli alle prime armi portano meno voti di quelli di lungo corso : si vedrà dunque se il presidente da solo avrà la forza di trainare il battaglione dei suoi candidati. La brutalità e l’immediatezza con cui è stata respinta l’auto candidatura dell’ex primo ministro di Hollande, Manuel Valls, rispecchia un brutto clima: nell’universo del neo presidente però , Valls è un caso a parte, sono legati da una inimicizia antica e da una diffidenza marcata. In "Un anno di campagna”, bel documentario francese visibile su Sky on demand (voto 10) Macron dice apertamente ai suoi collaboratori che non ne vuol sapere del sostegno di Valls, lo bolla come traditore e responsabile della caduta di Hollande.
Ma nel Ps non c’è solo Valls, altri magari più defilati o meno logorati lo raggiungerebbero di corsa con il suo beneplacito. A destra, fra i capi dei Républicains, Fillon ha detto che si ritirerà a vita privata, gli altri sosterrebbero Macron come la corda l’impiccato.
Saranno dunque presenti con le loro liste e venderanno cara la pelle, anche perché la loro sconfitta è meno sanguinosa di quella dei socialisti. In parte essenziale è dovuta a un evento non prevedibile, lo scandalo detto Penelopegate, dal nome della signora Fillon. Il che rinvia alla domanda: chi ha messo il settimanale satirico Canard Enchainé sulla pista degli impieghi fittizi della moglie del candidato?
CODICE DA BORGHI
In Francia se lo sono chiesto in molti. Si pensa al solito Sarkozy che ha sempre avuto le mani in pasta nei servizi di intelligence e notoriamente disprezzava Fillon che ebbe come primo ministro e per cinque anni trattò come cameriere: mai avrebbe sopportato di doverlo omaggiare all’Eliseo. Ma sono appunto insinuazioni e chiacchiericci.
Qualcuno che sa la verità però c’è: sta in Italia, si chiama Claudio Borghi Aquilini, è leghista. Sarebbe l’euro massoneria ad aver spinto alle stelle Macron e affossato gli altri. Non avete visto, ha detto al nostro Salvatore Merlo (voto 9), che aveva alle spalle una piramide, noto simbolo massonico e agitava le braccia tenendole a compasso? Un delirio, dall’economista di fiducia di Matteo Salvini ci si poteva aspettare qualcosa di meglio. Borghi fa il paio con Salvini che accusa il finanziere Soros di voler sommergere l’Europa con milioni di migranti in nome della open society. Non esiste solo la paranoia ad alta tecnologia dei Cinque Stelle: c’è anche quella agricola e ruspante della Lega.
DONNE CONTRO
Lorenzin contro Fedeli, Beatrice contro Valeria, il diritto alla Salute contro il diritto alla Scuola (voto 4). Donne contro: ma vedersi testa a testa per prendere un te, no?
BOSCHI FOREVER
E’ bastata la giornalista dell’Unità, la battagliera Claudia Fusani, con splendide gambe al seguito, per mettere alle corde Marco Travaglio: il direttore sempre più bianchiccio e allampanato dello Strafatto, s’è inserito a pieno titolo nella stanca De Bortoli connection e ha continuato a insistere su questa cosa nuovissima chiamata conflitto di interesse, in particolare della Boschi. Banca Etruria è stata fin dalla fondazione la banca della massoneria, da un decennio è dell’Opus Dei ma nella storia d’Italia come la scriverà l’allievo di Montanelli sarà la banca di papà Boschi che è stato in consiglio qualche mese come mite rappresentante della lobbie dei coltivatori diretti. La brava Fusani ha controbattuto e interrotto: la reazione del secondino d’Italia è stata furente e maleducata .