Torna Laura Palmer e ritrova D'Alema
Lo scissionista era lì allora, è qui anche oggi, al ritorno di Twin Peaks. Punti di catastrofe dell’immaginario. A Taormina il naufragio dei (non magnifici) sette, alla Cei ecco l'improvvisazione di monsignor Bassetti. Il Pagellone alla settimana politica
Venerdì il Corriere della sera ha pubblicato un’intervista a tutta pagina “cazzulla”, nel senso di Aldo Cazzullo (voto 9), in cui Massimo D’Alema è tornato a riproporsi come stratega e pensatore ad uso di tutti quelli che si sentono di sinistra e vedono il Pd di Renzi come il fumo negli occhi.
Venerdì in serata è tornata anche Laura Palmer, Twin Peaks, terza stagione.
Punti di catastrofe dell’immaginario, diciamo.
Ventisei anni fa la serie di Lynch si impose come brillante operazione di stile e tenne incollati centinaia di milioni di spettatori smaniosi di scoprire chi avesse ucciso Laura Palmer. I protagonisti di allora sono invecchiati, lei ha un che di Mara Venier, lui si sdoppia, in una delle due parti, quella del cattivo si fa crescere i capelli e sembra Adriano Panatta. La nuova stagione comincia in modo lento e confuso, non sarà facile reggere diciotto puntate, nemmeno con la musica di Angelo Badalamenti (voto 10) che pure ha raggiunto vette alla Bernard Herrmann (voto 10 e lode).
Laura Palmer e David Lynch hanno almeno avuto il buon gusto di sbiadire nel ricordo: D’Alema no. Era lì allora, è qui oggi. Si è imposto ogni giorno con la stessa ghigna, la stessa spocchia, la stessa espressione di superiorità intellettuale se non addirittura morale. Ha fatto errori su errori, ha preso legnate, nella storia della sinistra è il perdente di successo, più di Bersani ed Enrico Letta. Eppure suggerisce, consiglia, dà la linea. L’ultima: meglio prendere il 3 per cento a favore di ciò che si ritiene giusto che il 20 per cento a favore di ciò che si ritiene sbagliato, una simile enormità non l’aveva mai detta prima e neppure pensata e comunque mai s’era comportato secondo tale precetto, dal 1994 alla scissione. Dice che il renzusconismo, cioè Renzi e Berlusconi insieme, tirano la volata a Grillo. Verdini avrebbe scritto una legge elettorale “immorale” che genera accordi di potere di natura notabilare, ricatti, condizionamenti, non esprime l’idea di rinnovamento del paese cui pensa il Massimo nazionale. La soluzione: mettere insieme gli ex di prima, seconda e terza generazione, puntare al 10 per cento e diventare centrale per qualsiasi maggioranza. Un’alleanza per il cambiamento, ovvero un’alternativa popolare di sinistra: intuizione per così dire alfaniana.
Quando la Cgil ordina
Ci fu un tempo in cui anche D’Alema era se non giovane quanto meno giovanile e pensava a un sindacato svecchiato, al passo con i tempi, senza vene massimaliste e saldamente ancorato al riformismo: perse la battaglia e rientrò nei ranghi.
Oggi i deputati del suo gruppo Articolo 1-Mdp hanno votato in Parlamento come da direttiva Cgil contro i cosiddetti nuovi voucher che la Camera ha approvato con i voti del Pd e di Forza Italia. Camusso, che i voucher li ha usati, intende rivolgersi alla Corte costituzionale: comunque si prenda la cosa, la Cgil è l’ultima frontiera della conservazione, difende interessi corporativi e ha un funzionamento interno assolutamente opaco, ma nessun magistrato si sogna di intervenire.
Sette, ma non magnifici
Naufragio a Taormina, il G7 si è concluso senza risultati se non con uno scontato (e generico) accordo contro il terrorismo, nemico comune. E’ la conferma di quanto si abusi del titolo di grande del mondo.
Non è grande Trump (voto 4) che è stato il primo responsabile del fallimento. Nonostante gli sforzi e le buone maniere del manovriero Gentiloni (voto 8) ha respinto compromessi ragionevoli sul clima e sul commercio, la Merkel si è incupita, Macron è sembrato più che altro soddisfatto di essere presente, non si conoscono suoi contributi decisivi. Si aspettano secondi round ed esami di riparazione. Meno male che c’erano le mogli, quasi sempre a loro agio, sorridenti, eleganti. Anche Melania, pur over dressed con un sette ottavi in forma d’armatura floreale, ha fatto una figura migliore di The Donald. Il problema di base del nuovo presidente americano non è solo che non sa, è anche che gesticola male, non sa sorridere, ha comportamenti arroganti, in una parola è antipatico.
Come un Tar
Abbiamo fatto una figuraccia mondiale, ha detto Franceschini con ragione. E’ incontestabile che il Tar del Lazio annullando le nomine di cinque direttori stranieri alla guida di musei abbia mortificato qualsiasi idea di cultura europea. Però anche il ministro e l’allora presidente del consiglio Renzi hanno la loro parte di colpa, la fretta di pavoneggiarsi ha fatto direttori ciechi.
Il Tar ha il torto di averci messo due anni per decidere e di aver preso una decisione contraddittoria, bocciandone cinque e salvandone due, il direttore tedesco degli Uffizi e la direttrice sempre tedesca della Galleria dell’Accademia.
Non si può però chiedere al tribunale amministrativo di non sanzionare procedure difformi dalla legge. Il bravo ministro della cultura avrebbe dovuto far cancellare quella legge del 2001 che vieta ai cittadini stranieri di svolgere ruoli apicali nella pubblica amministrazione e che ci ha fatto fare la grande figuraccia.
Benvenuto eminenza
Il nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana è il cardinale Gualtiero Bassetti. E’ stato vescovo di Perugia e prima ancora per dieci anni di Arezzo, ovunque ha lasciato rimpianti. Ha ringraziato Dio di essere figlio dell’umanesimo cristiano fiorito a Firenze nel secolo scorso, si è ispirato a La Pira da cui ha preso il motto pane e grazia, forse potrà dire e dare qualcosa a un altro lapiriano puro prodotto della chiesa fiorentina, tale Matteo Renzi.
Quando gli hanno chiesto come affronterà il difficile compito che gli ha affidato il Papa, monsignor Bassetti ha detto “improvviserò”: una risposta che i politici se la sognano.