Virginia Raggi e Paola Muraro (foto LaPresse)

J'accuse dell'ex grillina Muraro contro il metodo Casaleggio

Annalisa Chirico

“Il problema a Roma non ero io ma il sistema intorno al movimento”. L’ex assessore spiega perché vuole sfidare la Raggi

Muraro is back. Questa signora bionda e minuta, dall’accento veneto a dispetto degli ultimi vent’anni romanissimi, è a proprio agio nei panni della novella Giovanna d’Arco romana. Più grillina dei grillini, pronta a scendere in campo perché “tantissime persone auspicano un mio ruolo attivo, e io non intendo tirarmi indietro”. In oltre tre ore di colloquio Paola Muraro conserva un tono pacato e risoluto, la voce inciampa in un solo momento, quando affiora il ricordo della madre recentemente scomparsa. Dopo la burrascosa parentesi politico-giudiziaria a cinque stelle, l’ex assessore all’Ambiente non ha alcuna intenzione di levarsi di torno. “Mi hanno massacrato, ho pagato un prezzo altissimo e, come dimostrano gli ultimi accadimenti, il problema a Roma non ero certo io”.

 

 

La scorsa estate uno scoop giornalistico rivela l’inchiesta che la riguarda, lei dapprima si dice ignara, poi ammette di esserne al corrente pur non avendo ricevuto ancora un avviso di garanzia. Anche Luigi Di Maio afferma di essere all’oscuro ma, sbugiardato dalla pubblicazione della email di Paola Taverna che lo informava dettagliatamente, si giustifica dichiarando di aver letto senza capire. I giornali annunciano l’imminente rinvio a giudizio per il neoassessore accusato, secondo le indiscrezioni, di reati ambientali e abuso d’ufficio. C’è chi vaticina il giudizio immediato, tale sarebbe la mole di indizi in possesso dei pm.

 

“Da allora la mia vita è sospesa – dichiara al Foglio Muraro – La stampa mi ha appaiato a Mafia capitale, mi ha attribuito capi d’imputazione completamente inventati, ha vivisezionato la mia vita privata attribuendomi una relazione extraconiugale inesistente”. Pochi giorni fa Muraro ha appreso dalla stampa la notizia della chiusura dell’inchiesta, al centro ci sarebbero presunti reati ambientali per i quali lo scorso 21 dicembre l’ex assessore è stata sentita dai pm. “Sono gli unici capi di imputazione di mia conoscenza, nel colloquio con il pubblico ministero non si è fatto cenno a ipotesi di abuso d’ufficio. Tuttavia ho solo notizie di stampa: i giornali sanno ciò che i miei legali ignorano. Che giustizia è questa?”.

 

 

Secondo le indiscrezioni (il timbro dell’ufficialità non c’è ancora), il filone relativo all’abuso sarebbe destinato all’archiviazione. I pm le contestano di aver svolto per Ama, l’azienda da cui ha ricevuto in qualità di consulente un milione e 136mila euro in dodici anni, funzioni solo formalmente consulenziali ma sostanzialmente direttive. Tra le fonti di prova vi sarebbero le testimonianze di alcuni dirigenti della municipalizzata. “Tra i miei accusatori – prosegue Muraro – compare l’ex direttore generale Giovanna Anelli cui sono stati assegnati 600mila euro di buona uscita, a differenza di altri cui ne sono stati versati 200mila. Appena insediata, chiesi spiegazioni circa tali discrepanze, mi fu detto che dovevo attendere e prima o poi avrei avuto risposta. Mi viene il dubbio che Fortini (ex presidente Ama, ndr) abbia informato la Anelli degli approfondimenti che intendevo svolgere, così lei ha pensato bene di danneggiarmi. Ognuno di questi dirigenti ha un motivo preciso per volermi mettere in cattiva luce”.

 

Muraro si considera bersaglio di attacchi concentrici: gli interni Ama che non vedevano l’ora di farla fuori; gli oppositori politici del M5S disposti a tutto pur di azzoppare la giunta grillina della Capitale; gli “interessi affaristici privati” che osteggiano il suo piano di valorizzazione dei rifiuti incentrato sul ruolo di Ama. “Alla fine il progetto di Marino e Alemanno, condiviso da destra e sinistra, per la gioia di Caltagirone, lo mette in pratica il M5S. È un paradosso. Io ero stata individuata da Virginia Raggi e dal minidirettorio per realizzare un programma alternativo, di vero cambiamento, con al centro l’azienda pubblica. Mi sembra che il bene comune abbia lasciato il posto a ben altri beni…”. Preso atto del colossale fallimento di Ama, 600 milioni di debiti e 7.800 dipendenti ipersindacalizzati mentre ne basterebbero non più di 4mila, il Campidoglio si è rivolto a un salvatore privato nel settore rifiuti.

 

“Se si giudicava Ama un baraccone – incalza Muraro – dovevamo chiuderla. Invece l’amministrazione comunale ha deciso di mantenerla in vita con la competenza esclusiva sulla raccolta, delegando l’attività più redditizia ad Acea. A carico del pubblico è rimasta la parte critica, indifferenziata e compostaggio. Il privato si è accaparrato la componente nobile del rifiuto, la plastica. Non c’è da stupirsi che i soci privati di Acea se ne rallegrino. Il programma dei 5Stelle era agli antipodi, io non avrei mai avallato un simile progetto. Per questo mi hanno estromesso con ogni mezzo”. Muraro più grillina dei grillini, Muraro quintessenza del presuntissimo purismo pentastellato. E dire che questa vispa signora, con un marito ufficiale dei carabinieri e due figlie gemelle diciottenni, vanta un passato da elettrice berlusconiana, con simpatie democristiane. Mitezza politica. Fino al giorno in cui riceve la telefonata del famigerato staff che le chiede di inviare il curriculum per un possibile ruolo all’interno della giunta in divenire. “A saperlo, il colloquio non lo avrei mai fatto e la bagarre giudiziaria non avrebbe mai avuto inizio. Tornando indietro, non voterei neppure per i grillini, me ne starei a casa. Ho assistito dall’interno alla degenerazione del movimento. All’inizio si valorizzava il lavoro di squadra, il minidirettorio rappresentava un punto di equilibrio tra le diverse anime. Poi i vertici hanno azzerato il gruppo, le pressioni sono diventate insostenibili e Virginia è stata travolta anche lei”.

 

 

 

Le pressioni, quali pressioni? “Mi riferisco alla Casaleggio associati, l’unico vero decisore. Grillo è un orecchiante, c’è e non c’è, ricordo che quando venne in Campidoglio non volle neppure incontrare gli assessori. Davide Casaleggio, che non ho mai conosciuto, ha in mano le chiavi del movimento. Dà ordini e comanda”. È il paradosso di un’organizzazione che predica la democrazia diretta con la barra di comando saldamente nelle mani di una srl. “Che ipocrisia. Ma i cittadini se ne accorgono, non creda. Su Facebook mi scrivono decine di attivisti delusi da quel che vedono, dai repentini cambi di linea politica, dall’eccessiva verticalizzazione, dai codici etici che si applicano a seconda delle convenienze. Con me sono stati draconiani e integerrimi, mi sono dovuta dimettere pur essendo totalmente estranea alle accuse. Con altri invece hanno usato due pesi e due misure, ci sono sindaci e parlamentari indagati che non lasciano l’incarico. Per non parlare dello streaming, dei tavoli tecnici, dei meet-up: i cavalli di battaglia del movimento che hanno consentito di colonizzare il territorio partendo dal basso sono ormai ridotti a pura finzione. Per strada ricevo numerosi attestati di stima e solidarietà umana. La gente mi chiede di non mollare, di andare avanti, di continuare a svolgere un ruolo pubblico. Anche le mie figlie mi spingono a non cedere ai compromessi. Per questo sono pronta a tornare in campo. Certo, non da sola, mi serve una squadra che, come me, voglia perseguire il bene comune, riscoprire le radici autentiche del movimento”.

 

Prima del recente ritocchino al Codice etico, il M5S prescriveva dimissioni obbligatorie e immediate per un semplice avviso di garanzia. Non è mai tardi per scoprirsi garantisti. “Io ho sempre pensato che un indagato non sia un appestato. Non immaginavo però che sarebbe capitato a me. Quando ho letto l’intervista del nuovo assessore all’Ambiente che confidava di aver atteso in panchina, ho capito che qualcuno lavorava da tempo alla mia defenestrazione. A causa dell’impegno capitolino io ci ho solo rimesso: nel 2016 ho dichiarato redditi superiori a 220mila euro, il tetto più alto in comune dopo Alfio Marchini. Da assessore ne avrei guadagnati 79mila lordi all’anno”. Viene da chiedersi: chi gliel’ha fatto fare? “Avevo una gran voglia di incidere. Appena insediata, mi sono scontrata con mille difficoltà. Ho impiegato quasi due mesi per creare una segreteria. I dirigenti non volevano collaborare, c’era chi si metteva in malattia, chi latitava. Provenivano tutti da nomine precedenti al nostro arrivo, erano perlopiù lottizzati dalla sinistra. L’intera macchina amministrativa non voleva affiancarsi all’assessore, anche per timore dei dossier che avremmo affrontato. Per non parlare degli pseudoambientalisti, gravitanti dentro e fuori il movimento: mi pressavano quotidianamente per ottenere lucrose consulenze. In poco più di cinque anni Ama aveva speso 16 milioni di euro per l’assegnazione di incarichi utili a definire strategie sulla raccolta differenziata. Io ho chiuso i rubinetti”. Si può dire che Muraro scalda i motori per la prossima discesa in campo? “Non lo escludo, mi hanno sfregiato e voglio riscattarmi. La mia vita è sospesa, e lo sarà chissà fino a quando. Un programma per Roma ce l’ho, con una squadra sarei pronta a propormi. La politica deve tornare a occuparsi del bene comune”. Muraro is back.

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