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Dal modello tedesco al modello Ionesco

Claudio Cerasa

Perché i fotogrammi della giornata alla Camera ci dicono tutto non sul Parlamento ma sull’Italia di oggi

Immaginatela come un’unica grande sequenza, un’unica grande pellicola fatta di tanti piccoli e sconsolanti fotogrammi, e capirete da soli che le immagini messe a fuoco durante il voto con cui è stata affossata alla Camera la legge elettorale non sono soltanto utili per raccontare il film di un clamoroso incidente parlamentare ma sono perfette per raccontare un film più ambizioso che riguarda l'Italia politica in cui purtroppo viviamo oggi. Un'Italia indecifrabile e irrazionale in cui troviamo una serie di elementi ricorrenti, deprimenti e paradossali, esplosi tutti d’un botto giovedì in quei minuti di delirio politico. Durante i quali, subito dopo un voto segreto diventato per errore palese a causa di una mancata comunicazione tecnica da parte del presidente della Camera, una legge elettorale sostenuta dal presidente della Repubblica (e dall’ottanta per cento delle forze parlamentari) è caduta per un emendamento (bocciato dal Partito democratico) sui collegi del Trentino Alto Adige (!) presentato da un deputato di Forza Italia (Biancofiore) nonostante il dissenso del gruppo di Forza Italia (Brunetta) e appoggiato dal Movimento 5 stelle nonostante la linea del Movimento 5 stelle (dettata da un blog) fosse quella di non sostenere emendamenti non condivisi da Forza Italia e dal Pd (solidarietà ai nostri colleghi della stampa straniera). In questa sequenza, se ci pensate bene, c'è tutta l’Italia di oggi.

 

C’è la storia di un partito guidato da un clown che da anni mostra di non avere la minima idea di cosa farsene dei voti che ha in Parlamento e che da quasi cinque anni considera la competenza un dettaglio secondario della vita politica (“Possiamo essere incompetenti ma mai falsi”, ha detto il clown mercoledì sera durante un comizio a Palermo). C’è la storia di un partito che ha passato gli ultimi anni della sua vita ad uccidere tutti i suoi leader politici e che ancora una volta si è illuso di poter coinvolgere in un attività legislativa il partito degli incompetenti sì ma falsi mai. C’è la storia di un pezzo di classe dirigente che negli ultimi giorni ha scelto di trasformare nella grande priorità economica del paese il dibattito sulla giusta data in cui andare a votare. C’è la storia di un’opinione pubblica che ha coccolato l’idea che un partito guidato da un clown potesse finalmente trovare una sua nuova dimensione e diventare una cosa seria. C’è la storia di un pezzo di paese che ha scelto ormai di giustificare l'uso di mezzi illegali per imporre il principio della trasparenza (e i deputati di un partito guidato da un clown che giovedì hanno sostenuto la necessità di documentare con fotocamere il voto segreto di ciascun parlamentare sono gli stessi che combattono battaglie sulla base di intercettazioni illegali).

 

C’è la storia di un pezzo di paese in cui l'unico aggregante di alcune forze sono sempre e soltanto le politiche dell’anti (ieri anti Berlusconi, oggi anti Renzi). C’è la storia di un leader geniale e contraddittorio (il Cav., of course) che si appella alla “responsabilità” dello stesso Parlamento che lo ha fatto decadere e che chiede di non tradire lo spirito “collaborativo” suggerito dallo stesso capo dello stato contro la cui elezione due anni e mezzo fa scelse di opporsi in modo feroce rompendo un patto (con Renzi) che oggi sta provando a ricostruire. C’è la storia di un Parlamento che dopo il referendum del 4 dicembre non sarebbe dovuto durare un minuto di più e che oggi invece si ritrova a essere governato forse ancora a lungo da una maggioranza in cui uno degli azionisti di maggioranza considera “un serial killer” il suo principale alleato.

 

C’è infine la storia di un paese dove ogni tentativo di riforma viene affossato da una grande e invisibile palude e in cui non ci potrebbe essere immagine più veritiera di quella messa a fuoco giovedì alla fine del dibattito parlamentare: di fronte a una politica che non decide l'unica legge che rimane è quella dei giudici. Dal possibile e sensato modello tedesco siamo passati all’inevitabile e grottesco modello Ionesco. E’ l’Italia di oggi. E purtroppo il film visto giovedì in Parlamento non vale solo per la legge elettorale.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.