LaPresse/Fabio Cimaglia

Quanti guai l'incontinenza verbale dei parenti a Cinque stelle

Marianna Rizzini

Un catalogo semiserio di genitori, mogli e mariti 

Roma. La prevalenza mediatica del parente e l’invadenza verbale del parente (intercettato e non) e la rilevanza penale o non penale del parente. E insomma sono anni che, da destra a sinistra e da sinistra a destra, i parenti di questo e di quel politico (Matteo Renzi? Maria Elena Boschi? Gianfranco Fini? Silvio Berlusconi?) non smettono di fare capolino dalle pagine dei giornali, con furia e delirio sul padre e sull’altro padre, sul cognato e sul fratello, ma pure sui figli, sulle mogli e sulle ex mogli. E c’è chi, sul “parente di”, elucubra e intuisce, suggerisce e smentisce, ma sempre andando a parare dove demagogia vuole: i partiti hanno un problema di famiglia, dice l’armata anticasta, e servono movimenti “dal basso”. Fatto sta che pure il Movimento dal basso per autoconvinzione, il Movimento cinque stelle, dal parente si deve guardare: parente non sempre serpente, ma comunque, da buon parente, spesso imprevedibile e a suo modo pericoloso, e non certo per motivi tribunalizi. Capita infatti che il parente grillino dica quello che il referente familiare impegnato in politica non vuole o non può dire, e che risulti pertanto rivelatore delle aporie programmatiche o delle magagne organizzative e competitive sottostanti, con effetto “in parente veritas”. Qualche mese fa, a Roma, si presentò il caso emblematico anche detto “Taverna 2”, quando la sorella della senatrice Paola Taverna, Annalisa, in piena crisi mediatica per la giunta Raggi, se ne uscì su Facebook con l’ormai celeberrimo j’accuse rivolto al sindaco: Virgì, “datte’na calmata e non rompere i coglioni, altrimenti t’appendemo pe’ le orecchie ai fili dei panni sul balcone fino a che non rinsavisci… smettila de fa’ la bambina deficiente con manie di protagonismo e deliri de onnipotenza e comportati da Cinque Stelle”.

   

Ma in questi giorni, presso la casa a Cinque stelle non galvanizzata dai risultati delle amministrative, capita anche di peggio, dal punto di vista della scomodità politica dell’esternazione familiare. Ecco che, da Radio 24, irrompe la voce di Vittorio, padre di Alessandro Di Battista (non alla prima uscita: si era fatto sentire già nel 2015). Parla, Vittorio, imprenditore nel ramo ceramiche e missino convinto, e non pochi con sconcerto ascoltano, vuoi per il fatto che Di Battista senior si autodefinisca “fascista”, vuoi per il fatto che mostri non incrollabile stima per Luigi Di Maio – che per lui sarebbe stato per così dire “una testa di…”, a mentire su un eventuale incontro con Matteo Salvini. E quando Vittorio parla, subito un dubbio s’affaccia: che il parente, nei Cinque stelle, rivesta il ruolo del bimbo che grida “il re è nudo?”.

  

Non c’è soltanto la modalità di esternazione alla Di Battista senior, infatti, cioè il modo di porsi dell’uomo che dice ciò che soltanto la base a briglia sciolta su internet può dire – cose che nessun parlamentare grillino può permettersi più di dichiarare, specie sull’argomento Lega-M5s, pena l’esplosione immediata di conflitti a Cinque stelle e dieci correnti. C’è stato dunque anche il caso del parente esternatore simpatetico, ma molesto per eterogenesi dei fini: nessuno ha più dimenticato, ohimé, la lettera aperta del marito di Virginia Raggi all’indomani dell’elezione di Virginia Raggi a sindaco. Già attivista grillino per conto suo, infatti, Andrea Severini, anche regista radiofonico, scriveva al mondo (e a “Virginia Raggi, mia moglie”) le seguenti parole: “Ti rendi conto? Quello che ho sempre saputo si è realizzato. Che gioia e che emozione, ho pianto di felicità. Da quel tavolino, acquistato per fare il primo infopoint in via Battistini per il referendum sull’acqua e sul nucleare, ne è passato di tempo. Quanto tempo passato insieme a parlare di Roma? dei gruppi d’acquisto solidale? del movimento? Dei problemi da risolvere, delle possibili soluzioni? Quante volte ti ho detto che ti vedevo bene come sindaco e che ero sicuro che ce l’avresti fatta? Così è stato”. Ed era solo l’inizio. La lettera proseguiva infatti sempre più pericolosamente in bilico tra pubblico e privato, referendum per l’acqua e incomprensioni personali: “Sono 21 anni che ti conosco”, scriveva infatti il marito, “Ora per noi è un momento difficile, è inutile nasconderlo, ma io  sarò sempre accanto a te. Cercherò di proteggerti il più possibile anche da lontano… I cittadini hanno capito chi raccontava menzogne e chi invece era limpido come l’acqua… L’acqua è il bene più prezioso che abbiamo, scorre sempre, è incontenibile, è come te. I tuoi occhi parlano. Grazie!! Non smetterò mai di ringraziarti… Ah, una cosa ancora. Mi manchi da morire…”. In confronto, una sorta di aplomb romano-anglosassone traspariva dalla dichiarazione di Giovanna Tadonio, moglie dell’ex candidato sindaco (nel 2013) Marcello De Vito, ora presidente dell’Assemblea capitolina (ma di corrente “Roberta Lombardi”, dal nome della deputata non proprio fan del sindaco). Tadonio, nel 2016, è stata nominata assessore (con polemiche) nel Terzo Municipio: “In questi anni a fianco di Marcello De Vito ho avuto modo di comprendere i meccanismi amministrativi e burocratici che regolano la gestione del personale e della macchina amministrativa. Questi meccanismi devono tornare ad essere strumento per i progetti che intendo realizzare…”.

   

E se il M5s non ha avuto, finora, cognati ingombranti, ha avuto però un “caso sorella”: trattasi di Azzurra Cancelleri, sorella, appunto, di Giancarlo (nel 2012 candidato grillino alla presidenza della Regione Sicilia): cinque anni fa, Azzurra fu criticata “dal basso” per le poche preferenze ottenute alle parlamentarie (63), a fronte della fama di rimando, ottenuta grazie al nome del più celebre parente. Ma nulla rischiò di far traballare la baracca già barcollante dei meet-up, come la comparsa sulla scena non tanto della moglie, quanto della ex moglie di Beppe Grillo. Sonia Toni, che a inizio 2016 fece scoppiare un “caso Rimini” , criticando la scelta del candidato sindaco al grido di “manca la certificazione del blog, il mio ex marito e Casaleggio lo sanno. Le regole devono valere per tutti”. “Provo stupore, imbarazzo e anche un certo divertimento per tutte le capriole isteriche che ha fatto il gruppo attivisti di Rimini”, diceva Toni. Ma a quel punto era insorta la fazione contraria, per dire che la stessa Toni aveva avuto l’ambizione di candidarsi a sindaco. Ed ecco che il “parente” (ex parente) faceva emergere il problema insolubile della democrazia diretta troppo diretta, con beghe a Cinque stelle talmente fratricide da rendere impossibile la prosecuzione della campagna elettorale.

   

Quando non sono ex, però, le coppie a Cinque stelle rafforzano l’immagine (Di Maio-Silvia Virgulti, già tv coach di area casaleggiana, e Taverna-Stefano Vignaroli, duetto pasionario ed esperto di monnezza in quel di Roma). Poi, certo, c’è sempre la successione morbida tra un padre-guru non più in vita e un figlio rimasto a lungo in ombra, con Casaleggio senior nella memoria di ogni singolo attivista del M5s e Casaleggio junior che tenta la seduzione del salotto buono imprenditorial-professorale (vedi evento primaverile “capire il futuro” a Ivrea).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.