Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Volti nuovi e vecchia leadership, così il Cav. si è ripreso Forza Italia

David Allegranti

Nomi e ruoli della nuova classe dirigente locale che può far vincere i ballottaggi al partito di Berlusconi

Roma. C’erano un tempo le cene del lunedì con Umberto Bossi, quando esisteva l’asse del nord, Berlusconi era ancora cavaliere (anche se un Cav. è per sempre) e la Lega non aveva ancora svoltato verso il nazionalismo lepenista. Oggi non c’è più Bossi, con cui Berlusconi bisticciava ma che in fondo capiva, c’è Matteo Salvini, che agli occhi del leader di Forza Italia appare come un male neanche troppo necessario, gli provoca insofferenza perché lo vede lontano, burbanzoso, minoritario, con la tendenza al cazzeggio populista, insomma uno spauracchio per i moderati. La costante, nel 2017, è sempre lui, Berlusconi, che nel partito è tornato a comandare come all’inizio, senza cerchi più o meno magici d’Arcore a condizionarlo e senza coordinatori come ai tempi del Pdl (ce n’erano tre: Sandro Bondi, Denis Verdini, Ignazio La Russa). C’è il pranzo del lunedì ad Arcore, con la famiglia-azienda, il cuore e il portafoglio, a costruire l’impasto forzista, i consigli più assennati e le strategie più segrete: Marina Berlusconi, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, che potrebbe essere candidato alle prossime elezioni.

 

Il secondo turno delle amministrative potrebbe confermare il discreto stato di salute del centrodestra e di Forza Italia, specie se domenica prossima dovesse vincere a Genova, da sempre in dotazione alla sinistra, in una regione che sta dando soddisfazioni al partito di Berlusconi, con Giovanni Toti governatore della Liguria e king maker. Vittoria che renderebbe le pretese di Toti (come rivedere la linea antisalviniana di Forza Italia) più difficili da contenere. Per non parlare dei ballottaggi toscani a Pistoia e Lucca, a portata di mano del centrodestra. Secondo un sondaggio EMG per il Tg di La7, il M5s tra l’11 e il 19 giugno avrebbe perso l’1,4 per cento, il Pd lo 0,6, mentre invece l’unico partito a guadagnare punti sarebbe Forza Italia (più 1 per cento).

 

Ma come funziona oggi il partito di Berlusconi? Partiamo dalla selezione della classe dirigente. I candidati sindaci sono stati scelti grazie alla commissione Matteoli, che serve a individuare gli amministratori, cui partecipano anche i due capigruppo di Camera (Renato Brunetta) e Senato (Paolo Romani), insieme a Gregorio Fontana (che dovrebbe essere l’erede di Verdini) e Marcello Fiori (responsabile enti locali). Sono loro ad aver fatto il lavoro istruttorio, Berlusconi ha poi visto e vagliato l’elenco dei nomi. Scegliere i candidati sindaci è tuttavia meno arduo del prossimo compito che attenderà i vertici di Forza Italia: la composizione delle liste elettorali. Berlusconi, per dimostrare di avere fra le mani ancora un partito attrattivo, ha ripreso a curare la transumanza di parlamentari. Dall’ex M5s Vincenza Labriola all’ex fittiano Rocco Palese, che Berlusconi stroncò, neanche troppo amabilmente, quando Fitto lo voleva presidente della regione Puglia. Altri arriveranno. Il problema poi sarà trovare un posto in lista nel 2018, fra il rinnovamento che Berlusconi vuole (ha chiesto alla deputata Annagrazia Calabria, classe 1982, presidente dei Giovani di Forza Italia, un elenco di volti nuovi sul territorio su cui investire) e gli scranni in meno a disposizione. Un compito che un tempo toccava a Verdini, invitato fisso alle riunioni ristrette con Berlusconi. E’ sempre stato lui l’uomo-macchina di Forza Italia, l’unico in grado di tenere in piedi l’ex “partito di plastica”, quello con la delega al lavoro sporco, pronto a stoppare gli aspiranti al potere che sostavano davanti agli uffici di Berlusconi per strappare un posticino al sole. Oggi Verdini non c’è più, per tre anni ha retto le sorti del renzismo, ricevendo un cambio peraltro una pernacchia. Scaricato? “Per essere scaricati bisogna essere prima stati ‘caricati’”, ha detto Verdini al Corriere della Sera. “Cosa che a me non è mai successa. Renzi è ancora l’unica speranza per questo paese. Bisogna aiutarlo a non rintanarsi nel suo Pd e a sinistra. Per il bene del paese. A me non ne viene niente. E poi forse andrebbe pure salvato da qualche renziano…”.

 

Per un po’ Verdini è stato il tramite fra Berlusconi e Renzi; esaurito quel ruolo, i contatti li hanno tenuti direttamente i due leader, anche attraverso altri emissari, come Gianni Letta e Luca Lotti. Le riunioni settimanali cui Verdini partecipava si fanno ancora, con Berlusconi, Letta, Niccolò Ghedini (l’unico insieme a Confalonieri ad avere una sua cameretta a Palazzo Grazioli, il presidente di Mediaset non dorme mai lì, lui invece spesso), e i due capigruppo Brunetta e Romani, che si sentono due-tre volte al giorno (e a volte scazzano). Non c’è un giorno fisso, così come non c’è un giorno fisso per le riunioni dell’ufficio di presidenza ristretto (con diritto di voto) cui prendono parte, tra gli altri, Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Mara Carfagna, Anna Maria Bernini, Giovanni Toti, Mariastella Gelmini, Annagrazia Calabria, più qualche volta Antonio Tajani, Sestino Giacomoni, Valentino Valentini. Nell’ufficio di presidenza allargato ai senza diritto di voto ci sono invece 30 persone. Niente giorno fisso: questi organismi si riuniscono quando c’è qualche tema da trattare, come, recentemente, il bilancio del partito. Lo stesso vale per le riunioni fra i coordinatori regionali e Giacomoni, coordinatore dei coordinatori, stretto collaboratore di Berlusconi, restio ad apparire in pubblico e a rilasciare interviste. Ne ha fatta una a Libero a marzo, nella quale ha spiegato in cosa consista oggi il suo ruolo. “Fra gli incarichi che Berlusconi mi ha dato c’è quello di tenere i contatti con i coordinatori regionali, che sono l’ossatura di Forza Italia e rispondono direttamente a lui. Da un lato quindi, attraverso loro, ho un quadro aggiornato della situazione sul territorio, che rappresento al presidente; dall’altro lavoro per aiutare il nostro movimento nelle varie regioni”.

 

L’ultima riunione fra Giacomoni, sempre presente, e i vari leader regionali c’è stata il 24 maggio. L’intensità dipende dai periodi e da cosa c’è da fare. Ai coordinatori è capitato di incontrarsi anche tre volte in un mese, come una volta ogni tre mesi. Sempre presente anche Berlusconi. In questo quadro positivo (“Berlusconi è incandidabile, non abbiamo un coordinatore né un coordinamento, eppure siamo sempre qua”, sintetizza un dirigente di Forza Italia) non mancano però i problemi, tutt’altro che secondari. Uno riguarda i soldi. Non essendoci più il finanziamento pubblico ai partiti, oggi gli schieramenti devono puntare sul 2 per mille chiesto agli italiani. L’anno scorso Forza Italia ha raccolto solo 615 mila euro e stavolta ha deciso di attrezzarsi con una campagna online fatta di volantini e immagini per i social network, anche ironica, guidata dal responsabile internet Antonio Palmieri. L’altro riguarda l’andamento in alcune regioni, in cui il partito fa parecchia fatica. C’è il caso del Lazio, dove al governo della Regione c’è Nicola Zingaretti (Pd) e della Capitale c’è Virginia Raggi (M5s). Terzo punto che desta preoccupazione: la comunicazione, che è diventata nel partito di Forza Italia una specie di tabù (ed è paradossale che proprio il partito di Berlusconi abbia problemi di comunicazione, anche soltanto dal punto di vista organizzativo). Formalmente, la responsabile è ancora Deborah Bergamini, ma il suo ruolo è stato via via ridotto, dopo un periodo in cui, vinta la guerra con Verdini, era stata invece molto vicina al Cav. Ad avere centralità è Andrea Ruggeri, responsabile tv, nipote di Bruno Vespa, che è anche tra i selezionatori di facce nuove, insieme ad Alessandro Cattaneo, che scalpita per un posto in Parlamento, e ad Annagrazia Calabria. La presidente dei giovani di Forza Italia, deputata, classe 1982, ha prodotto un elenco di volti nuovi per il rinnovamento del partito berlusconiano. Sono tutti classe Ottanta o Novanta e vengono dai territori. Nell’elenco di dirigenti territoriali da valorizzare ci sono Mimmo Lardiello (coordinatore regionale dei giovani in Puglia), Marco Bestetti (presidente del Municipio 7 a Milano), Giuseppe Cangialosi (coordinatore dei giovani in Lombardia), Gianluca Colletti (da pochi giorni sindaco di Castelletto Monferrato), Maria Tripodi (calabrese, responsabile nazionale organizzazione dei Giovani), Juri Gorlandi (di Aulla, coordinatore regionale dei giovani in Toscana), Valentina Mazzacurati (coordinatrice provinciale di Forza Italia a Modena), Eleonora Mosco (ex vicesindaco di Padova), Dario Moscato (coordinatore regionale dei giovani in Sicilia), Marilù Caci (presidente del consiglio comunale di Porte Empedocle) e Lilly Di Nolfo (vicecoordinatrice regionale dei giovani in Sicilia).

 

E le relazioni con i partiti chi le tiene? Dei rapporti fra Pd e Forza Italia abbiamo detto. Anche se bisogna aggiungere che al Senato s’è creata una “special relationship” fra Romani e il capogruppo del Pd Luigi Zanda, che tengono sotto osservazione tutto ciò che si muove a Palazzo Madama, al punto che nelle scorse settimane era stata rievocata l’immagine del patto del (mini) Nazareno. E con la Lega invece chi tiene i rapporti? “Tutti”, dice un dirigente. “Nessuno”, risponde un altro. Perfetto. In effetti ci parlano tutti e nessuno (cioè sempre il Cav). Un canale privilegiato ce l’ha Giovanni Toti, che però porta avanti una linea minoritaria nel partito (ed è minoritaria anzitutto perché il Cav. non è d’accordo). Un tempo con Salvini ci parlava sicuramente Licia Ronzulli, europarlamentare, con cui ha un rapporto molto stretto.

 

Insomma, un’epoca e pure un’epica è senz’altro finita, ma Berlusconi dimostra a ogni appuntamento elettorale di essere l’unico leader di centrodestra oggi ad avere voti. Anche perché una vera discendenza non esiste, i delfini di solito fanno una brutta fine (citofonare Alfano-Fini-Casini-Parisi) e Forza Italia resta il solito partito personale, che non ha mai vissuto una ‘rupture’ simile a quella che si è avuta nel Pd con Matteo Renzi. Un partito personale che però ha costruito una classe dirigente locale. Sarà quella che rottamerà, alla fine, i vecchi leoni azzurri?

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.