"Forza Italia scelga fra chi vuole l'Europa e chi i referendum"
Il viceministro dell'Economia al Foglio: basta parlare di coalizioni, occupiamoci di crescita e povertà giovanile. Idea per la legge di Bilancio
Roma. “Io trovo che la discussione che si sta concentrando su ‘coalizione sì-coalizione no’ non sia solo inutile ma tendenzialmente dannosa”, dice al Foglio Enrico Morando, viceministro dell’Economia. “Ci allontana dall’esigenza di avere un’Italia e un centrosinistra in grado di presentare, agli italiani prima di tutto, ma anche agli interlocutori di tutto il mondo, una prospettiva per il paese. Io la vedo così: la Francia, che qualche mese fa ci faceva temere circa il rischio di dissoluzione dell’Unione europea, è andata alle urne e non ha solo scongiurato quel rischio, ma ha votato, prima alle presidenziali e poi alle legislative, per il rilancio dell’Unione europea. Le elezioni tedesche che si terranno a settembre – vedremo se riscriveranno un po’ i rapporti di forza fra Cdu e Spd – non creeranno un ostacolo alla prospettiva di cui si è fatto portatore Macron. Anzi, i tedeschi porteranno il loro contributo”. A quel punto gli italiani, dice Morando, “che andranno comunque a votare al più tardi nella primavera prossima, avranno di fronte una alternativa molto netta. Vorranno iscrivere l’Italia dentro questa prospettiva di rilancio dell’Unione europea o faranno vincere partiti che sostengono l’esigenza di un referendum sull’euro, come il M5s e la Lega, o l’introduzione della doppia circolazione di moneta, come FI? Il problema del centrosinistra è dunque questo: riuscire a diventare il protagonista della competizione elettorale che propone di stare dalla parte del rilancio dell’Unione europea, che comunque ci sarà per iniziativa franco-tedesca”.
“Si tratta di decidere – prosegue Morando – se l’Italia farà parte di questo processo. Questo è l’oggetto del contendere. Francamente, le coalizioni sono importanti, ma il nodo è quale piattaforma, a partire dalla scelta di fondo, che si può riassumere così: rilancio dell’Unione o referendum sull’euro? La posizione del Pd, a dire la verità, è chiara. Un esempio? La commissione Esteri del Senato ha votato sul Ceta, il trattato di scambio tra l’Ue e il Canada. Il M5s, la Lega e Sinistra italiana (a proposito di grande coalizione) hanno votato contro. Il Pd e Forza Italia hanno votato a favore. Ora, non sto dicendo che dobbiamo costruire una coalizione Pd-Forza Italia, questa casomai è la tesi del Foglio, ma non è la mia. Tuttavia, ciò dimostra che il vero discrimine tra le forze politiche oggi si disegna dentro quell’orizzonte di cui ho parlato poc’anzi: rilancio dell’Unione oppure l’autoemarginazione dell’Italia, chiusa in sé stessa. Il No al Ceta è frutto dell’impostazione à la Trump, che naturalmente ha una sua forza. Però in Europa è in atto uno sforzo importante per delineare un atteggiamento del tutto alternativo, in modo che il campione del liberalismo nei rapporti commerciali non sia solo… il leader comunista cinese. Il Pd deve posizionarsi su questo terreno, afferrando la bandiera del rilancio dell’Unione europea, anche allo scopo – e Macron lo ha fatto efficacemente – di cambiare gli orientamenti prevalenti in materia di politica economica e fiscale di questi anni. L’ultimo documento di riflessione della Commissione europea sulla politica economica e fiscale e sui criteri di esercizio della sorveglianza sui bilanci degli stati membri è una prova consistente della progressiva modificazione, nella chiave da noi auspicata, degli orientamenti di politica fiscale ed economica in campo europeo”.
Morando, quali sono le condizioni per un lavoro comune di Pd e Forza Italia sulla prossima legge di Bilancio? “Io non so se Forza Italia e Pd lavoreranno insieme. Intanto registro dei fatti negativi, per esempio che Berlusconi si inventi la storia della doppia moneta pur di non rompere con Salvini. Questo dimostra, tra l’altro, come le condizioni per riprodurre in dimensione nazionale la coalizione di centrodestra che abbiamo visto alle elezioni amministrative sono tutte da creare. Poi ci sono anche cose positive, come il voto sul Ceta di cui abbiamo detto. Quindi, Forza Italia vedrà che fare e da che parte stare. Io intanto ho un’opinione su quello che dobbiamo fare noi come Pd. Stamattina (ieri, ndr), ho letto un’intervista su Repubblica in cui Bersani dice che sotto la conduzione del governo Renzi la diseguaglianza è cresciuta. Il 21 giugno 2017, però, l’Istat ha pubblicato un importantissimo documento sulla redistribuzione del reddito in Italia in cui c’è scritto che nel 2016 “l’intervento pubblico migliora la posizione del 56,6 per cento degli individui con redditi familiari di mercato nulli o molto bassi, appartenenti al quinto più povero della popolazione”. Questo significa che le principali politiche redistributive del periodo 2014-2016 – il bonus degli 80 euro, l’aumento della quattordicesima ai pensionati e il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) – hanno aumentato l’equità della distribuzione dei redditi nel 2016. Lo dice l’Istat, non Enrico Morando; l’indice di Gini è passato dal 30,4 al 30,1; il rischio povertà è stato ridotto dal 19,2 al 18,4. Vuol dire che abbiamo risolto il problema? Non sono mica pazzo, ma di certo non lo abbiamo aggravato. Penso dunque che da parte di Bersani ci sia un pregiudizio, non un giudizio”.
Poi, certo, aggiunge Morando, dai dati dell’Istat emerge che c’è un problema che riguarda i giovani: il sistema di tasse e benefici, associato a bassi livelli di reddito familiare, determina per le fasce più giovani della popolazione un aumento del rischio di povertà. “In questo caso si vede che le politiche pubbliche messe in atto non hanno inciso. Non siamo stati efficaci nel combattere la diseguaglianza delle giovani generazioni, e in particolare si segnala il tema dei giovani che faticano ad avere accesso al lavoro. Dunque dobbiamo proporre, come priorità, politiche per l’eguaglianza e il contrasto alla povertà, che passano dal sostegno alla crescita. La produttività del lavoro e dei fattori non cresce adeguatamente, da molto tempo. Anche perché abbiamo una pressione fiscale sul lavoro e sull’impresa più alta rispetto ai paesi nostri competitor nell’area euro. Noi siamo la seconda manifattura dietro alla Germania, ma il nostro total tax rate, cioè la pressione fiscale sui produttori, è più alta”. Per ridurre la diseguaglianza fra i giovani, dunque, “servono interventi strutturali, come la riduzione del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori giovani, creando un vantaggio competitivo per chi li assume. Si stanno creando le condizioni finanziarie per poter rendere strutturali interventi come questo. Ecco, Forza Italia, da questo punto di vista, che vuole fare? Per restare in tema di produttività, è aumentato il numero di contratti di secondo livello, grazie agli interventi che li favoriscono. Quindi stanno funzionando. Se vogliamo incrementare la produttività, questi accordi consentono di aumentarla. Vogliamo investire più risorse per farli aumentare ulteriormente? Le operazioni di rilancio della crescita economica e di riduzione della diseguaglianza mi sembrano cose di sinistra. Sarebbe interessante parlare di questo, anziché di coalizioni”.