Voti populisti in calo, Cinque stelle "salviniani" obtorto collo
Se la Lega “fa il balzo” e i Cinque stelle calano, ma dalla pancia del web l’indicazione è che ad andare troppo a sinistra si perdono voti, tocca barcamenarsi
Roma. “Balzo della Lega”: il titolo sulle prime pagine dei giornali, accompagnato dal corollario “calano M5s e Pd”, dev’essere stato percepito nelle stanze della Casaleggio Associati non soltanto come fotografia della situazione post voto amministrativo, ma anche come presagio di sventura. Fatto sta che la fotografia-profezia è ben chiara a Luigi Di Maio, reduce dall’esperienza-dibattito a “Garda d’autore”, e dall’incontro non incontro con il vice Salvini Giancarlo Giorgetti (l’uomo che dice “su certi temi i grillini stanno venendo sulle nostre posizioni”). Se la Lega “fa il balzo” e i Cinque stelle calano, ma dalla pancia del web l’indicazione è che ad andare troppo a sinistra si perdono voti (vedi commenti degli attivisti grillini sullo ius soli), tocca barcamenarsi. Ed ecco che Di Maio, vicepresidente della Camera a Cinque stelle e candidato premier ufficioso del movimento, compare in videomessaggio, rivolgendosi direttamente al presidente francese Emmanuel Macron, per dire cose che finora nel M5s si potevano evitare di dire, e dalle quali traspare la linea obtorto collo a Cinque stelle: non si può infatti andare a sinistra, dove il campo extra Pd è fin troppo affollato, peraltro con futuro incerto (vedi manifestazione Pisapia-Articolo 1 di sabato scorso), ma non si può neanche lasciare alla Lega altri elettori cosiddetti populisti, tanto più che la Lega, a ogni dichiarazione, sottolinea il travaso di voti in suo favore (dal centrodestra e non solo). “Dopo la sua vittoria in Francia”, dice Di Maio a Macron, “tutti hanno parlato di vittoria dell’europeismo. Lei è definito un europeista, ma mi permetta di dirle che siamo tutti bravi a fare gli europeisti con le frontiere degli altri, e in particolare con le frontiere italiane. Lei ha detto che non aiuterà l’Italia per l’ottanta per cento di migranti che si trovano nel nostro Paese, ovvero i migranti economici… Noi non possiamo permetterci di essere così europeisti come lo è lei, noi abbiamo novemila chilometri di costa…”.
Il problema è non soltanto differenziarsi, ma anche divincolarsi dall’eventuale abbraccio mortale della Lega stessa (Giorgetti, sul Garda, ha lanciato la frase-esca: “Noi siamo disponibili ad accordi trasparenti, responsabili ed efficaci. I grillini, per ora, no”).
Ma come fare a essere competitivi con la Lega ma anche con gli elettori che dal Pd sono fuggiti? Non si può infatti, nel M5s stretto tra identità concorrenti (la base è la base, ma la base indignata è cangiante), fare i terzomondisti come l’Alessandro Di Battista vecchio stampo. D’altro canto non si può neppure, come faceva sempre Di Battista pochi giorni fa, prima dei ballottaggi, scartare a priori l’idea della futura intesa cordiale con la Lega: “Lo dico per la miliardesima volta”, scriveva infatti Di Battista su Facebook, “il M5s non apre alla Lega, ai fuori-usciti del Pd, non apre a nessun soggetto responsabile dei disastri in Italia. Il M5s non fa alleanza con nessuno, valuta i provvedimenti punto per punto e, se ritiene che siano utili all’interesse generale, li vota. A volte abbiamo votato provvedimenti insieme alla Lega, a volte insieme alla sinistra, a volte, persino, insieme al Pd…”. E Roberto Fico, nel giorno in cui il deputato a Cinque stelle Carlo Sibilia era sembrato possibilista sul dialogo con Salvini, pareva dello stesso avviso del “Dibba”: “Per me l’alleanza con la Lega semplicemente non esiste, non è sul piatto. E non c’è nemmeno una convergenza sui temi, basta guardare i nostri atti parlamentari”. Ma su alcuni temi, oggi, non ci si può distrarre (mentre la Lega avanza). E infatti ieri Di Maio appariva più che mai vicino agli elettorati no Ue, ma anche al Giorgetti non più così no Euro: “Non saremo noi a mettere in discussione l’euro o i trattati Ue”, diceva Di Maio, “ma l’Europa se non cambia si autodistruggerà”.