Gad Continua

David Allegranti

Lerner è il Casaleggio di Pisapia, se l’ex sindaco di Milano non ha una strategia, lui ne ha pronta una

Ogni salotto politico ha bisogno del suo ideologo, metà consigliori e metà spin doctor, metà moderatore di eventi e metà intrattenitore di relazioni eccellenti. Anche Giuliano Pisapia ha il suo portavoce culturale e intellettuale, sponsor mediatico e scrittore di narrazioni, stratega e badante politico: Gad Lerner, che in vita sua è stato molte cose, redattore di Lotta Continua, inviato dell’Espresso, vicedirettore della Stampa con Ezio Mauro alla guida, direttore di telegiornale ribelle (Tg1, su nomina prodiana), conduttore televisivo di lunghissime e accigliate trasmissioni serali (come “L’Infedele”), spalla di Giuliano Ferrara su La7, collaboratore di Repubblica dell’amico Carlo De Benedetti e indossatore professionale di giacche di tweed. Per lui il giornalismo è sempre stata una collaterale prosecuzione della politica con altri mezzi, nel solco della migliore ideologia che Gad conosca: il lernerismo. Rutelli lo voleva come portavoce nel 2004, lui votò Margherita alle politiche del 2006, s’impegnò nel Pd fin dalla nascita del partito a vocazione maggioritaria, poi si disse “schifato” dalla vicenda di Luigi Lusi e consigliò “a Rutelli di tornare in vacanza alle Maldive e smetterla di fare politica, nell’attesa che Lusi chiarisca fino in fondo le sue responsabilità e che gli eventuali 20 milioni della Margherita trovino collocazione degna e condivisa”. Insomma, baci, abbracci e sputi.

 

Alle recenti primarie del Pd ha prodianamente sostenuto Andrea Orlando, ma anche Lerner, brandendo zaino e tenda del Professore, s’è accampato accanto al partito di Renzi, diventando “consigliori at large” di Pisapia, fornendo come principale strategia politica l’ormai rodato Tutti Tranne Renzi. È stato Lerner a incoraggiare Pisapia ad assumere un ruolo nazionale, evitando dunque di ricandidarsi sindaco a Milano, ed è stato lui a suggerirgli di non entrare in nessun modo nel Pd. Lerner, questa voglia di prodismo che s’è affacciata di nuovo nell’Italia anno domini 2017 l’aveva già intercettata a inizio anno, con il friccichio degli anni Novanta che ritornano, tra il ritorno dell’Ulivo, a rischio Xylella, Berlusconi che guida il centrodestra a colpi di interventi e interviste televisive e Microsoft che annuncia una nuova edizione di “Age of Empires”, il più bel gioco di strategia di sempre. Sicché a febbraio se ne uscì con un’intervista al Fatto per dire che Pisapia è il nuovo Prodi, nientemeno. “Non è solo questione di fisiognomica, c’è il profilo culturale, la caratura morale e anche la qualità politica che mi spingono a questo paragone. È il solo che può federare, allargare il campo del centrosinistra… Giuliano non è Mandrake che arriva e spacca tutto. Ma io so che con Renzi non è certo nemmeno che il Pd esista ancora da qui a qualche mese. Ha scelto di tenere il partito in ostaggio dopo che ha perso il referendum. Lo vedo disorientato, senza un orizzonte avanti a sé e un processo di atomizzazione delle istanze e dei profili. Correnti su correnti, minoranze che si distinguono e si sovrappongono”.

 

Insomma, se il Pd ha le magliette gialle, Pisapia e Lerner hanno i risotti gialli, quelli che mangiano al Casottel, il ristorante preferito dell’ex sindaco di Milano, dove vanno anche i giornalisti della redazione milanese di Repubblica, che è proprio lì vicino (a Rep. ha lavorato la moglie di Pisapia, Cinzia Sasso). La dinamica lerneriana, fra Orlando, Pisapia e prodismi variegati, è abbastanza semplice: Renzi ha fatto la sua storia, il nuovo che avanza è l’ex sindaco di Milano: “Oggi, essere innamorati della politica è difficile”, ha detto il giorno di San Valentino, sul palco di “Futuro prossimo”, l’assemblea che ha lanciato “Campo progressista”, insieme a Laura Boldrini e Massimiliano Smeriglio. “Un buon punto di partenza potrebbe essere Milano: europea, innovativa e del buon governo. Quella dell’esperienza della sobrietà e della legalità, avviata con la rivoluzione arancione nel 2011”. L’arancione, poi, si porta benissimo con il ceto medio riflessivo e le giacche di fustagno.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.